
(Foto di Bedolis)
Bergamo, tante saracinesche abbassate in viale Papa Giovanni. Ristoranti e bar pagano il conto più alto. Pesa soprattutto la mancanza di turisti. Su L’Eco in edicola il 26 agosto due pagine di approfondimento.
Se l’aeroporto è la porta d’ingresso per chi da tutta Europa arriva a Bergamo, viale Papa Giovanni è il corridoio che si distende dalla stazione verso i due volti della città. Il centro piacentiniano in basso, il borgo antico in alto. L’eredità del lockdown s’è abbattuta soprattutto qui, sul lungo sentiero che conduce a shopping e cultura. Che oggi resta disadorno, ben più che altre parti della città. La congiuntura pesa, e parecchio: turisti quasi zero, uffici vuoti, scuole chiuse, degrado che aumenta. Soffre in particolare un lato, scrutando le saracinesche abbassate: quello sinistro, dando le spalle alla stazione e guardando Città Alta. Panini Durini, catena milanese sbarcata a Bergamo nel 2019, non ha riaperto dopo il lockdown: sulla vetrina c’è ancora il cartello che indica che «il negozio resterà chiuso dal 9 al 15 marzo». Non è ripartito nemmeno Sapore Puro, e resta con le luci spente pure il Vox: fermo dal 9 marzo («Alle volte bisogna fare delle scelte, dolorose ma necessarie. In questo momento è così», si legge ancora sulla pagina Facebook), ricordo reso indelebile dall’adesivo «Bergamo mola mia» appiccicato all’ingresso. Non ha mai riaperto nemmeno Spontini, catena milanese della pizza al trancio presente a Bergamo dal 2017. Sempre operativa, tra le catene, è invece la gelateria Grom, punto di riferimento anche alla sera: chiude alle 23, tra le poche realtà del viale con un orario così esteso.
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