Lotta al cancro, 96 studi al «Papa Giovanni». «Ma ora l’ottava Torre»

RICERCA E INVESTIMENTI. Tondini: in Oncologia 1.400 nuovi pazienti l’anno. Rambaldi: nel 2023 120 diagnosi di mielomi e 300 di linfomi.

Basta qualche numero per capire il «peso» dell’attività del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Asst Papa Giovanni: ogni anno sono circa 1.400 i nuovi pazienti presi in carico dall’Oncologia, 10mila quelli seguiti attualmente in ambulatorio, circa 1.000 in fase di terapia; per l’Ematologia, e questi numeri riguardano esclusivamente i pazienti adulti, solo nel 2023 sono state effettuate 120 nuove diagnosi di mieloma (la media statistica per il territorio bergamasco ne prevederebbe una settantina, il numero più alto è spiegabile con l’attrattività del “Papa Giovanni”, con pazienti sia da fuori provincia sia da fuori regione), oltre 300 le diagnosi di linfomi, oltre 70 di leucemie acute; effettuati 70 trapianti di midollo, la maggior parte allogenici. «Tutto questo fa del “Papa Giovanni” uno dei centri di riferimento più importanti per l’Oncoematologia dell’intero Paese – rimarca Alessandro Rambaldi, professore di Ematologia dell’Università Statale di Milano e direttore del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo – . E la cura va di pari passo con la ricerca: oltre alla nostra attività sulle cellule Car-T, i contributi scientifici dati dal “Papa Giovanni” nel campo dell’Ematologia sono di grande peso: il protocollo per la leucemia acuta linfoblastica è nato a Bergamo, e gli studi vedono in campo il “Papa Giovanni” come “group leader” e non come mera partecipazione». Alla vigilia della Giornata mondiale contro il cancro, che si celebra domenica 4 febbraio, non si può non ribadire il ruolo cruciale della ricerca: significa dare la possibilità a molti malati di accedere a cure innovative, perché fare ricerca significa anche accedere all’innovazione tecnologica. E il «Papa Giovanni», rimarca Carlo Tondini, direttore dell’Oncologia dell’Asst Papa Giovanni «ha attualmente 96 studi attivi, dei quali 56 sono profit, ovvero hanno una copertura, da parte di privati, spesso case farmaceutiche, di una percentuale delle spese relative all’attività dei ricercatori e ai prodotti terapeutici, e 40 no profit, ovvero studi spontanei, senza sponsor, dove per i professionisti che vi partecipano l’attività di ricerca si aggiunge a quella clinica. Tra gli studi più avanzati in corso molti riguardano la componente genetica o la vaccinoterapia, le patologie con il numero maggiore di studi attivo sono il tumore del polmone (14), il melanoma (18) e la mammella (36)».

Risorse e investimenti

Ricerca significa anche risorse – in particolare, aggiunge Tondini, «risorse umane che, è inutile nascondersi, mancano o scarseggiano» – e quindi investimenti. «Grazie alla ricerca tutti i nostri pazienti sono candidabili all’accesso alle terapie più innovative: in soli dieci anni abbiamo visto raddoppiare i pazienti perché l’attrattività dell’ospedale e della nostra attività è cresciuta, abbiamo 17mila accessi terapeutici in regime diurno e circa 120 accessi giornalieri in Oncologia, di cui la metà per visite e terapie oncologiche e il resto per visite specialistiche ambulatoriali – continua Tondini –: tutto questo ci parla dell’importanza degli investimenti in ricerca. E investire in ricerca, per noi del “Papa Giovanni”, adesso più che mai significa investire anche in nuovi spazi: serve l’ottava Torre all’ospedale, pensato per le necessità cliniche e di ricerca di ormai oltre dieci anni fa e che oggi ha una realtà completamente diversa». Alessandro Rambaldi è ulteriormente chiaro: «Tutto il dipartimento, per la sua attività di cura e per l’offerta scientifica merita ulteriori investimenti – rimarca –. Basta venire un giorno in day hospital per rendersi conto che quanto è stato promesso dalla Regione ora va attuato: si rispetti l’impegno e si diano all’attività oncoematologica spazi più moderni e adeguati, ne hanno bisogno i pazienti, ne ha bisogno chi cura e fa ricerca». Una ricerca, quella dell’Asst Papa Giovanni, che ha il suo cuore proprio all’interno dell’ospedale: la From, Fondazione ricerca Ospedale Maggiore, ne è l’esempio concreto e ne è anche «motore».

«L’interesse scientifico per i tumori fa parte delle linee di ricerca della From, fin dall’inizio della sua attività nel 2008 – i llustra Tiziano Barbui, direttore scientifico della Fondazione – . Con il progetto Oro, Outcome research in Oncology, sono state coinvolte le specialità mediche e chirurgiche dell’ospedale, ha riguardato migliaia di pazienti in particolare con tumore della mammella e i melanomi. E i nostri esperti biostatistici hanno saputo mettere a frutto l’enorme quantità di dati a disposizione. Un lavoro multidisciplinare e di rete che ha permesso di arrivare a pubblicazioni sulla valutazione degli esiti delle cure chemioterapiche e radioterapiche. Con gli studi sui tumori del sangue, le malattie mieloproliferative croniche, ci siamo interrogati su come migliorare la quantità e la qualità di vita dei soggetti malati: il progetto Rico (Ricerca istituzionale collaborativa), l’ingresso nell’European Leukemianet, con la condivisione di migliaia e migliaia di dati, l’individuazione dei tre geni che devono essere colpiti per debellare queste patologie e il conseguente sviluppo di farmaci, ci hanno portato a trovare risposte a diversi interrogativi: abbiamo capito che queste malattie possono determinare trombosi, ictus, ma anche essere all’origine dello sviluppo di tumori solidi. In collaborazione con la nostra Ematologia, con Centri nazionali ed europei, da circa dieci anni sono in corso numerose iniziative che riguardano l’insorgenza di tumori solidi, attraverso un meccanismo di infiammazione cronica sistemica. E anche durante il Covid, From non si è fermata, sviluppando la ricerca di tumori in pazienti con malattie rare. E vorremmo approfondire l’associazione tra mielomi e infiammazione cronica sistemica in modo da suggerire nuovi bersagli della terapia sia nelle malattie cardiovascolari che nelle fasi precoci dei tumori. Non va dimenticato che molte nostre ricerche hanno contribuito alle linee guida internazionali». La scommessa è garantire oltre che più vita buona vita, aggiunge Francesco Biroli, responsabile dell’Area Neuroscienze della From: «La ricerca nella lotta ai tumori è centrale, così come il metodo virtuoso della ricerca, che è multidisciplinare: coinvolge più specialisti che si confrontano, verificano idee, opzioni terapeutiche per mettere a disposizione il miglior ventaglio terapeutico, dalla chirurgia alla chemioterapia, dalla radioterapia fino alle nuove frontiere dell’immunoterapia. Il fine ultimo è migliorare la qualità della vita delle persone, affinando terapie o sviluppandone di più efficaci, senza perdere mai di vista il benessere generale del pazienti

Gli studi di Humanitas Gavazzeni

Nella ricerca e nella lotta al cancro sono in campo anche Humanitas Gavazzeni e Humanitas Castelli di Bergamo: il 31% delle sperimentazioni cliniche svolte in questi due ospedali riguarda l’area oncologica. Ed è da poco partito un progetto, supportato da fondi del 5x1000 della Fondazione Humanitas per la Ricerca, guidato da Fabio Conforti, oncologo medico, responsabile della Senologia medica in Humanitas Gavazzeni di Bergamo, che intende valutare l’impatto di genere (maschile o femminile), sulla risposta e l’efficacia di nuove terapie antitumorali, in particolare dell’immunoterapia;

E sempre sul tumore ai polmoni, Humanitas è in campo per uno studio sul microcitoma polmonare, ovvero «tumore polmonare a piccole cellule», che ha la caratteristica di una crescita molto rapida e una forte tendenza a sviluppare metastasi a distanza. «Fortunatamente il microcitoma polmonare è molto sensibile alla chemioterapia, che oggi viene somministrata da sola o in associazione alla immunoterapia», afferma Tommaso Martino De Pas, responsabile della Oncologia di Humanitas Gavazzeni. Ma fino a poco tempo non era stato trovato alcun tipo di cura capace di benefici una volta che il tumore aveva sviluppato una resistenza al trattamento. Oggi, per la prima volta, alcuni farmaci innovativi hanno mostrato, per ora all’interno di studi clinici sperimentali, di poter ottenere importanti regressioni del microcitoma polmonare già trattato con chemioimmunoterapia. E tra i centri in Italia selezionati per queste sperimentazioni c’è l’Oncologia di Humanitas Gavazzeni che ha avviato uno studio che offre un trattamento con anticorpo bispecifico alle persone con questa neoplasia che abbiano già ricevuto una chemioterapia, associata o meno a immunoterapia.

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