Martina, isolata in un mondo senza suoni
Ha vinto con la sua forza combattiva

Martina Roncolato è un’universitaria di 24 anni che ha recuperato l’udito e anche una vita senza quella «disabilità invisibile».

Ci vogliono forza e coraggio, canta Alessandra Amoroso, «per chi aspetta il suo giorno di rivoluzione, per chi di notte attraversa il mare, per sbarcare in un giorno migliore, per qualunque vita tu scelga di fare». Nei versi di questa canzone Martina Roncolato di Trezzo d’ Adda, 24 anni, affetta fin da piccola da una rara malattia degenerativa dell’ orecchio, ha sempre letto un invito per se stessa e per il suo futuro, e si è sforzata di seguirlo con piccoli gesti di resistenza quotidiana. La felicità, però, è arrivata solo quando finalmente, grazie a un complesso intervento di ricostruzione che le ha restituito l’ udito, il suo sogno si è avverato e ha potuto mettersi le cuffie per ascoltare a tutto volume la musica che ama.

La soddisfazione della laurea È la prima di tante conquiste importanti: ha appena ottenuto la laurea triennale in Lingue all’ Università di Bergamo e si è iscritta al corso specialistico in Management del turismo. Negli ultimi mesi, segnati dall’ emergenza per la diffusione del coronavirus, come tutti ha dovuto ridimensionare attività e progetti e ha seguito le lezioni online, senza perdere colpi, sorretta anche dalle esperienze compiute in passato: «In futuro - racconta - mi piacerebbe organizzare eventi, aiutare le persone a incontrarsi, a viaggiare, a conoscere orizzonti nuovi», tutte cose che ci sono mancate moltissimo in questo periodo.

Ha attraversato per molti anni dolore, sofferenza, isolamento, ma non si è mai arresa: «La malattia mi ha insegnato ad affrontare le difficoltà con un atteggiamento positivo, a lottare per me stessa e per realizzare i miei sogni, anche nei momenti più difficili».

Quel dolore all’ orecchio Quando aveva tre anni i medici le hanno diagnosticato una perforazione timpanica: «C’ è voluto tempo, poi, e molte altre analisi, per capire quale fosse la malattia da cui ero affetta, che provocava una sorta di dermatite all’ interno dell’ orecchio e ne danneggiava le parti interne, fino a non permettermi più di sentire».

Martina soffriva di dolori lancinanti: «Mia madre se n’ è accorta perché mi piegavo sul tavolino tenendomi la testa fra le mani, come se volessi togliermela, e piangevo, ma quel male non passava mai. L’ udito, intanto, diminuiva, e continuavano a susseguirsi le infezioni». Martina, sempre affiancata e sostenuta dai genitori Luciana e Nino, ha seguito diverse terapie, nella speranza che i sintomi si alleviassero: «Abbiamo provato diversi trattamenti, dai lavaggi alle cure termali, senza lasciare niente di intentato. Alla fine è arrivata la diagnosi, ma non c’ erano soluzioni praticabili in quel momento, salvo tenere l’ orecchio più pulito possibile per evitare che la situazione peggiorasse ancora».

Le difficoltà sul cammino Nel frattempo Martina cresceva e continuava il suo percorso scolastico e di formazione: «La sordità - spiega - riguardava un solo orecchio, quindi potevo comunque seguire le lezioni e mantenermi al livello dei miei compagni, anche se a volte avevo bisogno di un aiuto in più rispetto agli altri ragazzi». Le pesava sentirsi «diversa» e capire che quella sua «disabilità invisibile» spesso non veniva tenuta in considerazione: «La maggior parte delle persone non riusciva a capire quale fosse il mio problema, a volte mi prendevano in giro se chiedevo di ripetere una frase che era stata appena pronunciata, non comprendevano perché avessi bisogno di stare davanti ai professori, in modo da poter seguire il discorso anche attraverso la lettura del labiale. Così spesso mi sentivo esclusa e un po’ demoralizzata».

C’ erano poi attività a cui le sue condizioni di salute non le permettevano di partecipare: «Mi sarebbe piaciuto, per esempio, poter andare come gli altri ai corsi di nuoto in piscina organizzati dalla scuola, ma il rischio di nuove infezioni all’ orecchio era troppo alto».

«Differenze di abitudini e linguaggi non contano - scrive J.K.

Rowling, l’ autrice di Harry Potter - se i nostri intenti sono identici e i nostri cuori aperti». Martina però ha sperimentato sulla sua pelle quanto sia difficile superare le barriere, i timori, i giudizi superficiali.

A scuola le difficoltà sono cresciute con l’ inizio delle superiori: «Il carico di lavoro era aumentato e così la complessità degli argomenti trattati. Mi è sempre piaciuto studiare, ma per restare al passo con il programma ho dovuto adattarmi e cercare nuove strategie».

Dieci anni fa Franco Parmigiani, direttore della struttura di Otorinolaringoiatria dell’ ospedale di Vimercate, specialista che la segue fin dall’ infanzia, ha deciso di sottoporla a un primo intervento di demolizione dell’ interno dell’ orecchio: «Ha dovuto rimuovere una massa che, come mi ha spiegato in seguito, avrebbe potuto svilupparsi in modo analogo a un tumore. Già allora, però aveva pensato di procedere con un secondo intervento a una ricostruzione. Nel frattempo, purtroppo, ho perso completamente l’ udito, e ho dovuto potenziare i miei metodi di compensazione. I terapisti, come la dottoressa Pia De Matteis, audiometrista e psicologa, e il dottor Michele Schipano, mi hanno insegnato alcuni piccoli trucchi, abbastanza semplici da mettere in atto, per esempio collocarmi dal lato giusto quando le persone parlavano in modo da poter sentire, imparare a decifrare ancora meglio il labiale, aumentare il livello di attenzione sia in classe sia nella vita di tutti i giorni». Martina in questo modo ha sviluppato e potenziato le sue capacità di analisi e la sua sensibilità nei confronti delle persone: «Osservare persone e situazioni in modo scrupoloso - spiega - col passare del tempo aiuta a notare particolari che a un primo sguardo possono sfuggire».

Nel tempo libero si è dedicata all’ equitazione e al teatro. «Andare a cavallo mi è sempre piaciuto: è uno sport appassionante e coinvolgente - prosegue Martina - che mi ha sempre dato molta energia.

Ho iniziato i corsi di teatro, invece, per superare la mia naturale timidezza e per imparare a aprirmi maggiormente alle persone.

Sicuramente entrambe queste attività mi hanno aiutato, offrendomi tante soddisfazioni e bilanciando i problemi e le difficoltà che dovevo affrontare. Purtroppo da quando ho iniziato l’ università ho concentrato negli studi il mio tempo e la mia attenzione e ho lasciato perdere il resto. Non sempre si riesce a fare tutto ciò che si vorrebbe».

Dopo un lungo periodo di osservazione, il dottor Parmigiani ha proposto a Martina l’ intervento ricostruttivo: «Mi ha spiegato che la soluzione che avevano trovato era il frutto di un lavoro di équipe dei medici di otorinolaringoiatria dell’ ospedale di Vimercate. Non mi aveva promesso risultati eclatanti, probabilmente non voleva che mi facessi troppe aspettative. Avevo molti timori, non mi piaceva l’ idea di affrontare un altro intervento e all’ inizio ero titubante. Per me era come un salto nel vuoto. Fortunatamente i miei genitori e mio fratello Andrea, che ha tre anni più di me, mi hanno accompagnato e incoraggiato molto. Mi hanno spinto ad affrontare le mie paure, a concentrare l’ attenzione sui miglioramenti che avrei potuto ottenere. Così alla fine ho capito che era il momento giusto e ho accettato di procedere». Il dottor Parmigiani e la sua équipe, spiega Martina, «hanno ricreato una membrana timpanica grazie a una protesi in titanio innestata nell’ orecchio. Un apparecchio che mi ha permesso di recuperare l’ udito in un modo straordinario.

Non osavo sperarlo, ma da quel momento la mia vita è completamente cambiata».

L’ intervento riuscito L’ intervento è durato circa un’ ora ed è stato eseguito in endoscopia: «Per fortuna il mio orecchio era completamente a posto, non c’ erano più infezioni o tessuti rovinati, quindi impiantare l’ apparecchio è stato meno complicato del previsto». Quando Martina si è svegliata ha avuto subito la sensazione che qualcosa fosse cambiato: «Gli infermieri e i medici mi chiedevano come stessi e io riuscivo a sentirli perfettamente e a capire le loro parole anche se ero ancora intontita. Ho provato un’ emozione fortissima, e perfino il mio medico era sorpreso e quasi non poteva credere di aver ottenuto un esito così positivo».

Due settimane dopo l’ intervento si è sottoposta al controllo audiometrico che ha confermato le impressioni iniziali: «È risultato un recupero dell’ udito del novanta per cento. Quando me l’ hanno detto ho provato una soddisfazione enorme, è stato uno dei momenti più belli della mia vita. È stato un cambiamento significativo che ha coinvolto tutti gli aspetti della mia quotidianità, dagli studi alle relazioni sociali, ma anche un motivo d’ orgoglio. Al momento dell’ iscrizione all’ università avevo dovuto chiedere delle compensazioni a causa del mio disturbo all’ udito: ero stata dispensata per esempio dalle prove di ascolto e di comprensione delle lingue. È stato fantastico, quindi, quando ho indossato per la prima volta le cuffie e mi sono accorta di sentire distintamente da entrambe le parti e di poter quindi seguire senza più problemi lezioni e dialoghi, come tutti gli altri».

L’ atteggiamento positivo La storia di Martina ha avuto un lieto fine, ma le difficoltà affrontate le hanno insegnato molto: «Non ho mai smesso di avere un atteggiamento positivo verso la vita, ho sempre cercato di andare avanti, in qualunque caso, di non lasciarmi andare. L’ intervento mi ha dato una bella iniezione di entusiasmo e di energia, e mi ha dimostrato quanto sia importante imparare a fidarsi delle persone che si hanno accanto. Se qualcuno dieci anni fa mi avesse detto che un giorno avrei potuto recuperare l’ udito non gli avrei creduto. Ora invece ho imparato a superare la barriera che la malattia aveva contribuito a costruire tra me e il mondo, a credere in me stessa e a non rinunciare mai a sognare, anche quando un traguardo sembra irraggiungibile».

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