Mortalità, nel 2023 si è tornati al pre Covid: «È la conferma che la pandemia è finita»

IN BERGAMASCA. Secondo l’Istat nei primi 3 mesi del ’23 i decessi sono stati 2.883 contro i 2.900 del periodo 2015-19. Il professor Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano: «Emergenza passata. Non c’è più un’epidemia di polmoniti. I sintomi sono solo nelle alte vie respiratorie».

Come nel pre-Covid. Anche uno degli indicatori più importanti – l’eccesso di mortalità, cioè l’andamento dei decessi – è tornato ad allinearsi con la «normalità» che si viveva prima dello scoppio della pandemia. Nei primi tre mesi del 2023 in Bergamasca sono stati registrati 2.883 decessi, sommando tutte le cause di morte: un dato sostanzialmente sovrapponibile alla media di 2.900 morti che si osservava nello stesso trimestre in tempi pre-pandemici (cioè facendo la media dal 2015 al 2019). «È un altro elemento che porta a dire che la pandemia sta finendo, anche se il virus continuerà a circolare», sintetizza il professor Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano e attento osservatore dell’emergenza nel corso di questi anni.

Report Istat

L’Istat ha infatti pubblicato nei giorni scorsi la nuova «fotografia» sull’andamento della mortalità, un indicatore che va oltre l’annoso dibattito tra «morti per Covid» e «morti con Covid». In quel dato infatti c’è l’intera somma dei decessi, per ogni causa: e se quel totale è al di sopra della media del pre-Covid, si può scorgere l’impatto effettivo della pandemia. Era stato naturalmente così nella prima ondata, quando solo una minima parte dei decessi venne ufficialmente ricondotta al Covid, e dunque fu proprio l’«eccesso di mortalità» a permettere di quantificare più precisamente il perimetro della tragedia. Nel 2021 l’eccesso di mortalità si era quasi azzerato, nel 2022 aveva invece avuto un nuovo rimbalzo: lo scorso anno in Bergamasca i decessi erano appunto cresciuti del 14,46%, oltre 1.400 in più della media pre-pandemica, e in quell’«eccesso» c’era il nuovo volto del Sars-CoV-2 (diventato meno aggressivo, ma endemico e comunque potenzialmente pericoloso per i più fragili), oltre a un picco di mortalità legato al caldo anomalo e a un’influenza particolarmente intensa.

«Emergenza finita»

Ora, i valori di mortalità paiono essersi riallineati alla «normalità». «È corretto dire che l’emergenza sia passata – ragiona Carlo La Vecchia –, non c’è più un’epidemia di polmoniti. È rimasto il virus, sempre particolarmente contagioso: è stata appena identificata una nuova variante, la 2.3.2 (la variante Acrux è stata sequenziata a Milano in settimana, ndr). Queste sottovarianti di Omicron possono dare luogo a piccoli picchi epidemici fuori stagione, anche in primavera-estate, ma sono tutti virus che tendono a dare sintomi concentrati solo nelle alte vie respiratorie».

La transizione da pandemia a endemia si è dunque compiuta. «Gli ultimi dati sulla mortalità – prosegue l’epidemiologo – danno valori inferiori all’atteso (cioè alla media, ndr). Erano stati invece superiori all’atteso a novembre e a dicembre, anche perché l’influenza era arrivata in anticipo: solitamente il picco, anche quello di mortalità, è invece a gennaio e febbraio. Quest’anno non è stato così, anche questo spiega i valori di mortalità più bassi. Ma lo sguardo d’insieme porta a dire che la pandemia sta finendo, anche se il virus resterà: diventerà uno dei tanti virus respiratori con cui conviviamo».

I dati nazionali

La riduzione della mortalità nel primo trimestre 2023 rispetto alla media del pre-Covid è confermata praticamente nell’intero Paese: la Lombardia segnala un -2,98% (27.344 decessi a gennaio-marzo 2023, contro i 28.184 di media negli stessi mesi del 2015-2019), solo tre regioni evidenziano un aumento della mortalità (+0,89% la Campania, +4,62% la Puglia, +8,43% la Sardegna), mentre la media nazionale è del -2,67%.

L’analisi dei valori di mortalità porta anche a comprendere gli effetti indiretti della pandemia, le eventuali anomalie legate a ciò che è finito in secondo piano nel corso di tre anni di emergenza. «L’impatto sui tumori al momento non si è ancora visto – ragiona La Vecchia –: va detto che anche nella fase più acuta della pandemia le cure oncologiche sono state garantite, con delle vere difficoltà solo a marzo-aprile 2020. Vero è che in generale è stato un periodo molto pesante per il sistema sanitario, come anche nella seconda e terza ondata tra novembre 2020 e aprile 2021. Si sono osservati eccessi di mortalità legati a malattie cardiache, con un legame col Covid: il Covid dà infatti uno stato pro-trombotico, e sia nella malattia sia nei 70 giorni successivi alla guarigione è stato notato un eccesso di mortalità per infarti o patologie analoghe. Alcuni valori in eccesso si sono registrati anche per le malattie neurologiche in anziani fragili».

I segnali positivi

E ora, che ne sarà del Sars-CoV-2? «L’evento che potrebbe far riprendere la pandemia è la comparsa di una variante non solo più contagiosa, ma anche clinicamente più aggressiva: è quello che si dice da quasi un anno, ma che non si è però verificato – conclude La Vecchia –. E un altro fatto che non si è verificato, perciò incoraggiante, è il tema del picco invernale: ci si aspettava un picco lo scorso inverno, invece così non c’è stato».

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