Poetessa, traduttrice e docente: il ricordo di Rina Sara Virgillito

LA CELEBRAZIONE. Al cimitero di Bergamo, in occasione della traslazione delle ceneri dell’indimenticata professoressa del Sarpi, si è svolta cerimonia densa di emozioni.

Bergamo

A Rina Sara Virgillito, classicista e docente al «Sarpi», poetessa e traduttrice d’eccezione, nata a Milano nel 1916 e morta a Bergamo nel 1996, la città aveva già intitolato la sala civica in via della Rocca e l’Università aveva dedicato un convegno nel 2016 per il centenario. Sabato mattina è stato il momento di un altro ricordo. La traslazione delle ceneri all’interno dello stesso cimitero monumentale, dalla tomba dov’era inumata al colombario, è stata accompagnata da una cerimonia raccolta ma densa di interventi, officiata dagli allievi e dagli amici a tutt’oggi devoti a questa figura di estrema concentrazione e riservatezza, che in vita fu molto apprezzata da Eugenio Montale, Mario Luzi, Carlo Bo, Vittorio Sereni.

La cerimonia

Al Tempio di Ognissanti (sotto il patrocinio del Comune: era presente l’assessora Marcella Messina) si è tenuto, come ha detto Sonia Giorgi, erede universale nonché ex allieva al «Sarpi» di Virgillito, «un ricordo laico», cui si sono aggiunte le aggraziate movenze di una danzatrice, Federica Madeddu, il canto del mezzosoprano Marta Fumagalli e le note all’organo di Marco Cortinovis, ma anche la funzione di fra Marco. In omaggio alla passione per l’Oriente di questa poetessa mistica, autrice di versi dalla potenza arcana ma anche traduttrice prestigiosa di Rilke, Emily Dickinson o Shakespeare, l’urna cineraria è stata riposta in un bauletto tibetano dell’Ottocento, decorato con immagini di Tara, l’equivalente femminile del Buddha, mentre tutt’attorno fluivano parole e musica.

I ricordi

C’era una rappresentanza dell’Università. La professoressa emerita Angela Locatelli ha ricordato «l’armonia delle sue traduzioni, capaci di offrire un senso pieno, mai piattamente letterale». Il ricercatore Thomas Persico «la sintassi musicale della sua lingua». Greta Perletti «la passione profonda per l’Oriente e l’India, non luogo geografico ma spazio simbolico, archetipo e motore di trasformazione interiore». Valentina Fiume, dell’Università di Firenze, «l’atto medianico delle sue traduzioni, il linguaggio fuori dal tempo».

È stata letta una testimonianza di Sergio Romanelli, studioso e artista in Brasile, che ha tradotto Virgillito in portoghese. Il mezzosoprano Fumagalli cantava poesie della Dickinson tradotte da Virgillito e messe in musica dallo stesso Cortinovis, che è anche compositore ed è stato organista titolare in Duomo. Ha detto di aver conosciuto Virgillito per il suo Rilke pubblicato da Garzanti. E per l’occasione ha composto una nuova lirica, su «Notturno indiano» (El Bagatt, Bergamo, 1994): «La luce del tuo sangue/la morte nell’oro che/cresciamo/al pallore del giorno/nel battibecco dei gioielli/sulle membre/madide/nel lume che/vacilla/si spegne».

Chi era Sara Virgillito

Sara Virgillito si laureò in Lettere classiche a Milano nel 1937, nel 1946 ebbe la cattedra a Lovere e poi venne a Bergamo, dove si stabilì e insegnò fino al 1979. Non aveva nessuno: né parenti, né figli. Non si sposò mai. Moretti & Vitali, nel 1991, le pubblicò «Incarnazioni del fuoco». Sonia Giorgi, psicanalista e psicoterapeuta, la ricorda così: «La ricordo al Ginnasio del Sarpi. Era di una severità terribile, fu anche contestata. Ma quando spiegava, a tutti noi si apriva un mondo».

Chi era, nel profondo? «Viveva in Città Alta in affitto, suonava anche il pianoforte e aveva una passione per Chopin. Era riservatissima. Poco prima di morire, diede disposizione perché fossero bruciate tutte le sue carte strettamente personali. Ne feci io stessa un bel falò. Era una umanista». I libri e le carte di Virgillito ora sono all’Archivio di Stato di Firenze.

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