Processo Ubi, il pm impugna la sentenza: «Ci fu ostacolo alla vigilanza»

L’appello della Procura riguarda 11 imputati assolti in primo grado . Assemblea del 2013, ricorso di Massiah: vuole l’assoluzione piena nel merito.

Lo scorso ottobre il processo in primo grado si era concluso con l’assoluzione di trenta imputati su trentuno. Per undici di loro, però, ora il sostituto procuratore Paolo Mandurino ha presentato ricorso in appello, chiedendo un secondo giudizio. È il nuovo atto del processo Ubi, destinato quindi ad approdare in Corte d’Appello a Brescia nei prossimi mesi. Il ricorso del pubblico ministero – 151 pagine di argomentazioni – riguarda undici posizioni (su un totale di 16) per cui il Tribunale di Bergamo ha pronunciato sentenza di assoluzione con formula piena («perché il fatto non sussiste») dalle accuse, a vario titolo, di ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza, Consob e Banca d’Italia.

Battaglia sull’«ostacolo»

Due in particolare i capi di imputazione per cui la procura chiede una riforma della sentenza, entrambi relativi al presunto ostacolo alla vigilanza. La richiesta riguarda ex esponenti di spicco della governance della banca: Giovanni Bazoli, Emilio Zanetti, Giuseppe Calvi, Andrea Moltrasio, Franco Polotti, Victor Massiah, Armando Santus, Italo Lucchini, Pierpaolo Camadini, Enrico Minelli, Mario Mazzoleni.

Secondo la pubblica accusa gli imputati avevano influito sulla governance e sulle nomine in Ubi Banca attraverso due associazioni di soci – una per la derivazione bergamasca (Amici di Ubi), l’altra per quella bresciana (Ablp, Associazione banca lombarda e piemontese), ritenuti soggetti esterni alla banca e dunque impossibilitati a interferire sulla gestione – e attraverso un presunto patto parasociale, che non sarebbe stato comunicato a Consob e Banca d’Italia e sarebbe stato quindi, di fatto, «occulto» per le autorità di vigilanza e per il mercato. «Le evidenze probatorie raccolte nel corso del dibattimento – è però un passaggio della sentenza con cui il collegio presieduto dal giudice Stefano Storto, (a latere Andrea Guadagnino e Beatrice Parati) ha bocciato l’impostazione accusatoria – dimostrano positivamente come Banca d’Italia fosse avvertita della struttura di governo di Ubi, ancorata, anche dopo l’intervento statutario del 2009, sul sistema di derivazione in equilibrio paritetico».

Per i giudici di primo grado manca totalmente l’elemento oggettivo del presunto reato, perché «il patrimonio informativo della Consob – si legge in sentenza – non fu affatto menomato». Il pm invece ritiene contraddittorie le motivazioni con cui gli imputati sono stati assolti sul punto, tanto da chiedere una riforma della sentenza: «Il percorso argomentativo della sentenza – si legge nell’atto di impugnazione depositato l’altroieri – è fortemente contraddittorio, poiché si riconosce, sì, l’esistenza di un significativo sviamento informativo circa l’assetto di governance della banca (...) ma si afferma al contempo che ciò non si tradurrebbe in un ostacolo alle funzioni di vigilanza della Consob».

L’assemblea del 2013

La sentenza invece non è stata impugnata dalla procura riguardo al secondo filone d’inchiesta, la presunta illecita influenza sull’assemblea dei soci del 2013, attraverso deleghe in bianco che avrebbero consentito alla lista istituzionale capitanata da Andrea Moltrasio di prevalere sulle altre due compagini. Il presunto reato infatti è già prescritto. I giudici di primo grado sono entrati comunque nel merito, ritenendo non provato il reato consumato, ma sussistente il tentativo di influenzare l’assemblea. Così, mentre dieci imputati sono stati assolti «per non aver commesso il fatto» perché ritenuti all’oscuro, per altri otto il mancato raggiungimento della prova del reato non ha comunque condotto «a una pronuncia di assoluzione», hanno scritto i giudici, che li hanno prosciolti per prescrizione. Tra loro, però, c’è chi ha presentato a sua volta ricorso contro la sentenza di primo grado: è il caso dell’ex amministratore delegato di Ubi, Victor Massiah, che con i suoi legali punta ad ottenere ora un’assoluzione piena nel merito, anche su questo punto.

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