Pronto soccorso, una centrale per «televisite» ai pazienti meno gravi

NOVITÀ. Sperimentazione in corso a Milano. Previsto l’allargamento anche a Bergamo e al resto della Lombardia. Possibile l’invio di équipe a domicilio.

A Milano sta funzionando, il progetto è di estenderla anche a Bergamo, e quindi al resto della Lombardia: la «ricetta» che dovrebbe contribuire a tagliare le lunghe attese in pronto soccorso ha un ingrediente fondamentale, si chiama «centrale medica integrata». La sperimentazione, su progetto dell’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso e di Alberto Zoli, direttore generale di Areu (Agenzia regionale per l’emergenza urgenza) che puntano a «replicare» l’iniziativa su tutto il territorio lombardo, vede in campo una squadra di medici, compreso uno specialista d’emergenza, che entra in azione su alcune chiamate degli utenti che richiedono un intervento in ambulanza: i casi più lievi, codici bianchi o verdi, vengono dirottati dalla centrale medica integrata, e attraverso una «televisita» si può capire se quei codici bianchi o verdi che arriverebbero al pronto soccorso in ambulanza possano essere esaminati a distanza e se necessario ricevere anche un intervento a domicilio.

8mila accessi in meno

A Milano, secondo primi risultati, nel 2022 i pronto soccorso sono stati così alleggeriti di almeno 8mila accessi. «È senza dubbio un aiuto contro gli affollamenti nella sala d’attesa del pronto soccorso – spiega Roberto Cosentini, direttore del Centro Eas, Emergenza di alta specializzazione dell’Asst Papa Giovanni e componente della commissione regionale per la riorganizzazione dei pronto soccorso –. E l’obiettivo è di estendere questa sperimentazione anche a Bergamo e a tutta la Lombardia. Anche se, per esempio, solo nel nostro pronto soccorso il numero delle ambulanze con questo tipo di pazienti che attualmente riceviamo supera quota 10mila. È evidente, quindi, che i benefici ci saranno ma non incideranno in modo decisivo nel “taglio” alle attese nei pronto soccorso. Comunque la cosiddetta “televisita” e se necessario l’invio di un team direttamente a casa dell’utente che ha chiamato per avere un intervento di soccorso in ambulanza, sono strumenti importanti per dare risposte ai cittadini in questo momento cruciale di carenza di medici, in particolare proprio nelle aree dell’emergenza-urgenza. Noi non abbiamo fornito medici per questa centrale in fase sperimentale, anche se ci era stato proposto, perché non possiamo permetterci di sguarnire i nostri turni. Ma è un problema comune a tutti, e ben presente nella sperimentazione, tanto che nell’estensione del progetto a tutta la Lombardia si pensa di utilizzare medici specializzandi o anche del pronto soccorso, ma che dovrebbero prestare la loro opera fuori dell’orario di servizio».

In attesa che, come sostengono i ben informati, Bertolaso faccia approdare in Giunta regionale entro fine mese l’«estensione» del modello della centrale integrata al resto della Lombardia, per il pronto soccorso di Bergamo, come spiega Cosentini, sono già in atto iniziative di «riorganizzazione», sempre con l’obiettivo di ottimizzare i tempi d’attesa in pronto soccorso.

Nuovi codici colore per la gravità

«I codici di accesso e di accettazione sono modificati, ora, su base regionale, anche se noi li avevamo già messi in atto: non più quattro colori, a seconda della gravità delle condizioni dell’utente (rosso, il più critico, giallo, verde, e bianco), ma cinque (rosso: il più critico; arancio: funzioni vitali a rischio; azzurro: urgenza differibile; verde: urgenza minore; bianco: problema non urgente).

Complessità clinico-organizzativa

Inoltre nella nuova attribuzione del codice colore nel corso del triage, viene valutato non solo il livello di criticità di chi arriva in pronto soccorso, ma anche la complessità clinico-organizzativa e l’impegno assistenziale necessari per attivare il percorso di presa in carico – spiega Roberto Cosentini –. Questa valutazione della complessità deve quindi prevedere sia un nuovo modello organizzativo degli spazi, sia soprattutto dal punto di vista delle modalità di intervento dei team medici e infermieristici. Per questo motivo, per esempio, al “Papa Giovanni” di Bergamo si sta procedendo con una riorganizzazione per un triage rapido effettuato inizialmente da un infermiere formato, che vede e raccoglie le prime informazioni del paziente, che poi attende la visita del medico. Alle spalle del triage, poi, dovrà avvenire una rimodulazione sia degli spazi sia della presa in carico. Mi spiego: prima c’era un accesso, come dire, in “fila indiana”di un paziente alla volta, ora si punta a visite in “parallelo” a seconda della gravità, per diversi pazienti. Una riorganizzazione non semplicissima, per l’ormai noto problema degli organici. Il progetto della centrale medica integrata e delle televisite potrà incidere sulle attese, ma per un pronto soccorso meno ingolfato è necessario agire sul sistema, per velocizzare e rendere più semplici i ricoveri, e trovare spazi adeguati, sul territorio, per pazienti che non avrebbero bisogno di un ospedale ma di altre strutture assistenziali. Diversamente l’imbuto che si crea al pronto soccorso al momento dei ricoveri non sarà mai eliminato. E le attese resteranno».

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