Superbonus, è una corsa contro il tempo. «Serve una proroga di 6 mesi per finire i lavori»

EDILIZIA. A fine anno scade il termine per usufruire in toto del 110% per le ristrutturazioni: molti i cantieri in ritardo. Rischio di salasso a quattro zeri per le famiglie. L’Ance: «Soluzioni per evitare fallimenti, contenziosi e disagi».

Il rischio di dover mettere mano al portafoglio è concreto: mancano solo 5 mesi alla fine dell’anno, termine ultimo concesso dal Governo per chiudere i cantieri delle ristrutturazioni edili per usufruire interamente del superbonus al 110%, ma è una corsa contro il tempo infarcita di ostacoli quella che condomini e aziende hanno iniziato già in autunno per il deposito delle pratiche che garantiva la possibilità di accedere al beneficio. Nel frattempo il cosiddetto Decreto Cessioni del 16 febbraio scorso ha chiuso i rubinetti del credito e ora trovare i soldi per fare iniziare (o finire) i lavori è diventato un problema. Senza contare che, nel caso non si riuscisse a smontare i ponteggi entro il 31 dicembre, si abbatterebbe la scure della riduzione della percentuale, dal 110 al 70%, con la prospettiva di salassi a quattro zeri per le famiglie.

Al Comune 553 richieste nel 2022

È una matassa intricata quella con la quale si stanno misurando i condomini che hanno un cantiere aperto o in procinto di partire. Le autorizzazioni richieste al Comune nel 2022 per usufruire del superbonus (le Cilas) sono state 553, contro le 117 dell’anno prima. Impossibile, ad oggi, sapere quanti cantieri sono già stati chiusi e quanti devono ancora iniziare. Quel che è certo è che decine di questi non apriranno. Troppa incertezza e soprattutto il rischio che i continui cambiamenti di rotta possano pesare sulle tasche dei contribuenti, già alleggerite dal rialzo dei tassi d’interesse, hanno convinto – secondo alcune stime – circa un terzo dei condomini a lasciar perdere. La stretta sul credito imposta dalle banche, l’impossibilità dei condomini di cedere il credito d’imposta alle aziende, e i problemi di liquidità delle stesse imprese - che a loro volta non riescono ad aprire nuovi finanziamenti - hanno rallentato i lavori al punto che non è raro trovare situazioni d’impasse per le quali il Governo sta ora cercando delle soluzioni. La richiesta dell’Ance, l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili, è quella di offrire una proroga di sei mesi per il completamento dei cantieri in corso: «Visti i ritardi che si sono accumulati su tantissimi lavori, dovuti alle difficoltà collegate al continuo cambio di regole in corso d’opera e soprattutto ai problemi, tuttora non risolti, della cessione del credito è impensabile che lavori iniziati grazie al 110% - e che non sarà possibile terminare entro il 31 dicembre - non rientrino più in questa misura fiscale - dice Vanessa Pesenti, presidente di Ance Bergamo -. Non stiamo chiedendo concessioni al settore, ma soluzioni per evitare una marea di fallimenti, contenziosi e disagi per i cittadini. E a proposito di crediti incagliati bisogna trovare subito soluzioni efficaci, perché le iniziative, finora messe in campo, in realtà non sono neppure partite».

Il rischio contenziosi

l tema dei possibili contenziosi non è marginale: «Oggi le aziende chiedono un contributo ai condomini, che però non tutti sono disposti a dare, un po’ per questioni di principio e un po’ perché ci sono famiglie che davvero non ce la fanno», spiega Sara De Palma, amministratore di condominio e segretario di Anaci Bergamo. Se i lavori non sono ancora partiti, si fa sempre a tempo a rinunciare, come hanno fatto in tanti, ma se il cantiere è già in stato avanzato, la faccenda si complica. «Sul superbonus il legislatore si è già pronunciato 59 volte, affossandolo definitivamente con il Decreto Cessioni – lamenta Laura Capelli, amministratore di condominio e presidente di Unai Bergamo –. Ora, o le famiglie hanno una capacità economica importante per sostenere le spese, e un cassetto fiscale sufficientemente ampio per recuperare la detrazione, oppure si rischia di fermarsi».

Chi non è sicuro di finire in tempo i lavori, oggi preferisce non iniziare neanche, mandando all’aria un’opportunità che forse non si ripeterà: «Il superbonus è stato una misura straordinaria, nata per rilanciare l’economia e, quindi, l’occupazione in un periodo di gravissima crisi – aggiunge Vanessa Pesenti –. Facciamo perciò tesoro di questa esperienza per recuperare gli elementi che hanno funzionato davvero e ripartire da un nuovo modello di incentivi fiscali efficaci e sostenibili con un orizzonte di lungo periodo. Gli incentivi devono essere stabilizzati così da premiare chi investe nell’efficientamento e nella sicurezza della propria abitazione. Negli ultimi mesi sono stati introdotti significativi principi come i controlli rafforzati, la qualificazione delle imprese, l’obbligo di applicazione del contratto dell’edilizia, i prezzari di riferimento. Inseriamoli in un contesto normativo stabile e finanziariamente virtuoso e riformuliamo la cessione del credito e della copertura totale dei costi per le fasce meno abbienti che, proprio grazie al superbonus, pur non potendo fruire della detrazione fiscale, hanno potuto utilizzare lo sconto in fattura e la cessione dei crediti».

In ballo c’è anche un discorso di prospettiva: nel 2030, ricordano gli amministratori di condominio, dovrebbe entrare in vigore la norma europea per cui la classe energetica minima degli immobili dovrà essere la D. «Il patrimonio immobiliare italiano è vetusto e il legislatore dovrà mettere mano alla questione», sostiene Laura Capelli. A oggi la prospettiva è quella di tornare alla situazione pre-Covid: «Senza un aiuto da parte delle banche o l’introduzione di nuovi meccanismi – conclude Sara De Palma –, i condomini che potranno permettersi di avviare nuovi progetti di riqualificazione saranno quelli in grado di contribuire con un apporto economico maggiore, oppure quelli che costituiranno con largo anticipo un fondo da destinare ai lavori».

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