Trasporti, sui bus 50 mila studenti
«Ma il 30% rischia di restare a piedi»

Scuola, secondo Grassi (Agenzia del tpl) è questo il flusso che dovrà essere gestito su due turni tra le 8 e le 10 nel bacino di Bergamo. Gibelli (Asstra) lancia l’allarme: «I mezzi sono finiti».

I temi da studiare non mancano, i compiti delle vacanze sono stati all’insegna di calcoli e proiezioni su orari, tempi, modalità. Il tempo scorre e l’esame s’avvicina, con una data ineludibile: il 14 settembre, la riapertura delle scuole. Il banco di prova, appunto, è anche per il trasporto pubblico locale, i bus ancor di più dei treni, alle prese con la rivoluzione-Covid che si vivrà tra ingressi diluiti, distanze da mantenere, incognite da risolvere. «Siamo al lavoro da inizio maggio, insieme alle scuole e ai rappresentanti delle istituzioni», premette Emilio Grassi, direttore dell’Agenzia per il trasporto pubblico locale (tpl) di Bergamo.

Il piano d’azione principale è già noto: un ingresso degli istituti superiori scaglionato principalmente su due orari, alle 8 e alle 10, e di conseguenza con una programmazione delle corse da cucire su misura, e un numero molto ridotto di scuole che opteranno per un ingresso anche alle 12 (da gestire con gli orari normali dei bus). Per le uscite, complice il monte ore ben variegato tra i diversi indirizzi formativi, sarà uno stillicidio che partirà dalle 12 e si concluderà nel tardo pomeriggio. «Nei giorni scorsi abbiamo avuto un nuovo incontro con le aziende per definire gli orari interurbani, che entro la fine della settimana dovrebbero essere pubblicati, anche perché poi entrerà nel vivo la campagna di vendita degli abbonamenti», ragiona Grassi. I numeri sono considerevoli e importanti per l’analisi: «Gli studenti superiori del bacino di Bergamo sono circa 55 mila, di cui 45 mila negli istituti pubblici, 3-4 mila nei paritari, circa 7 mila nella formazione professionale; di questi, si stima che l’80-90% frequenterà giornalmente (la restante parte utilizzerà ancora in parte lezioni da remoto, ndr). Come saranno divisi i due turni? La divisione dovrebbe essere sostanzialmente equa, abbiamo dato questa indicazione per evitare uno squilibrio che sarebbe stato altrimenti insostenibile (c’era una maggiore richiesta sul primo turno, ndr): circa 20 mila studenti o poco più sul turno delle 8, altrettanti su quello delle 10», è la stima del direttore dell’Agenzia per il tpl. Addentrandosi nei dettagli, c’è un caleidoscopio di aspetti che non possono essere trascurati: «Per esempio la questione del sabato, su cui non c’è un modello organizzativo unico – rileva Grassi -. Per questa prima fase, abbiamo condiviso che il sabato faremo l’orario degli altri giorni della settimana, con l’intenzione di vedere se è possibile o necessario fare degli accorgimenti dopo le prime settimane di avvio. In ogni caso, ci saranno diverse settimane in cui verificare se tutto funziona e dove eventualmente non funziona, e per ragionare su come mettere a posto le cose». Per i correttivi, ci si deve ovviamente confrontare con le risorse che ci sono (risorse che non sono infinite, anzi sono sostanzialmente diminuite): se spesso era difficile far quadrare i numeri in tempi pre-Covid, con la pandemia pare ancora più complesso. Il settore, in Bergamasca, ha patito un colpo di circa dieci milioni di euro per i mancati ricavi, col mix delle spese maggiori sostenute per tutti gli accorgimenti introdotti dalle normative anti-contagio. «Probabilmente non riusciremo a soddisfare tutte le esigenze – ammette Grassi -. Ci saranno giorni un po’ più carichi e linee un po’ più cariche. Se dobbiamo spostare bus da una linea all’altra per equilibrare l’offerta, si può fare; se bisogna aggiungere mezzi, sarà invece difficile per mancanza di risorse. Quando poi le scuole andranno a regime, passando dall’orario provvisorio al definitivo, toccherà fare un riesame anche di tutto l’orario del trasporto: le aziende hanno lavorato ex-novo con gli orari, in maniera assolutamente più complessa». Con realismo, Grassi non nasconde le difficoltà. Dall’altro lato, occorrerà collaborazione da parte di tutti. «Tutti gli anni ci sono segnalazioni o reclami quando si avvia il servizio. Quest’anno, inevitabilmente, ce ne aspettiamo di più. Tutte le segnalazioni aiutano a migliorarci, sia chiaro – precisa il direttore -. Ci vorrà però un po’ di pazienza da parte di tutti. Noi, le aziende e gli istituti ce la metteremo tutta per farcela».

Che l’orizzonte sia una matassa ancora completamente da sbrogliare lo ha ribadito proprio ieri Andrea Gibelli, presidente nazionale di Asstra – l’associazione che raggruppa le aziende dei trasporti – oltre che presidente del gruppo Fnm, la società della mobilità controllata da Regione Lombardia (con tutto ciò che ne discende in fatto di treni in primis), tratteggiando uno scenario allarmante: «Se la domanda di trasporto pubblico cresce all’85% nell’ora di punta rispetto al pre-Covid e la capienza massima dei mezzi è del 50-60%, potrebbe rimanere a piedi il 25-35% per cento degli studenti.

E ovviamente non sono gli unici che restano a piedi». Sul tema capienza, nel braccio di ferro tra Regioni e governo, le prime spingono per la possibilità di un maggior numero di posti a sedere, con le dovute precauzioni. Anche perché il numero di mezzi a disposizione, che siano bus o treni, non potrà certo essere aumentato a breve: «I mezzi sono finiti – rimarca ancora Andrea Gibelli -, e anche se arrivassero ingenti finanziamenti in questo momento ci vorrebbero ventidue mesi per realizzare un vagone ferroviario e 3-5 mesi per mettere un nuovo bus in strada. Le aziende di trasporto pubblico comunque faranno la loro parte e si adatteranno alle domanda».

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