«Un mattino il mondo diventò opaco
Da quel giorno lotto e non mi arrendo»

Paola Mazzoleni convive con la sclerosi multipla da quando aveva solo 11 anni: «Ho accettato i miei limiti».

Non esiste la voce «arrendersi» nel vocabolario di Paola Mazzoleni, 34 anni, di Bergamo, malata di sclerosi multipla da quando ne aveva 11. Ha adottato la filosofia di vita della scrittrice Pia Pera, che ha affrontato la sclerosi laterale amiotrofica con dignità e coraggio, lottando fino alla fine: «Ci sono talmente tante cose belle al mondo che se mi concentro, continuerò a trovarne sempre di più, un’infinità, e non ci sarà più tempo di sentirsi cupi».

È così anche per lei, che crea bijoux, adora cucinare, e cerca di vivere intensamente ogni giornata, nonostante gli attacchi di vertigini, il dolore, la fatica nei movimenti. Trascorre gran parte del tempo nell’appartamento che condivide con il suo compagno Davide Zacco, con la sua cagnolina Luna. I suoi genitori Francesca e Dino sono i vicini della porta accanto.

La sua vita è cambiata all’improvviso, in una mattina come tante altre, quando si è alzata per andare a scuola e ha scoperto con sgomento di aver perso parzialmente la vista. «Ero ancora piccola – spiega Paola –, frequentavo la prima media. L’ho detto subito ai miei genitori ma loro quel giorno hanno pensato che fosse soltanto una scusa per evitare le lezioni. Neanche i medici all’inizio mi avevano preso sul serio. Poi con il ricovero in ospedale e dopo tutti gli accertamenti è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla. Allora non mi avevano prescritto alcun farmaco, secondo gli specialisti la neurite che aveva colpito un occhio avrebbe dovuto risolversi da sola. Purtroppo non è stato così, non ho più recuperato la vista. Sono passati tanti anni, forse non c’erano ancora l’attenzione e le terapie di oggi».

Paola e i suoi genitori in quel momento hanno preferito evitare di parlare ad altri della sua malattia: «Nessuno era informato di quello che mi stava accadendo; la mia vita a scuola da allora non è stata semplice; tra le amiche ero quella più malaticcia, dovevo fare i conti a periodi alterni con sintomi di ogni genere, spesso soffrivo di tremendi mal di testa. Ero io a sentirmi diversa, difficilmente potevo partecipare in modo spensierato alle attività o ai giochi chiassosi degli altri». Dopo le medie ha frequentato un istituto tecnico: «Ho ottenuto un diploma di segretaria d’azienda e ho lavorato finché ho potuto, fino a cinque anni fa».

Nel 2013, infatti, Paola ha avuto una pesantissima crisi: «La sclerosi ha intaccato il cervelletto e ha compromesso soprattutto l’equilibrio. Sono stata malissimo, mi hanno portato di corsa all’ospedale in ambulanza. La risonanza magnetica ha evidenziato subito un danno molto esteso e i medici che mi seguivano mi hanno detto che non sarei più riuscita a camminare». Anche in quell’occasione, nel momento più difficile, Paola però non si è data per vinta. Come scrive Tolkien «senza fede è colui che dice addio quando la strada si fa buia»: «Mi sono detta che dovevo farcela, che volevo rimettermi in piedi e ricominciare la mia vita. Non è stato facile. Ho avuto accanto il mio compagno, i miei genitori, tanti amici. Il loro affetto mi ha dato la forza di reagire. La ripresa è stata lunga, ma sono tenace e ce l’ho messa tutta, mi sono sforzata al massimo, finché ho potuto di nuovo alzarmi in piedi».

Ce l’ha fatta un passo alla volta, sostenendosi all’inizio alle pareti della stanza d’ospedale, con una grinta da leonessa che ha sorpreso tutti e ha ribaltato i pronostici. Porta ancora addosso le tracce di quell’ultimo, terribile attacco: «Ci sono giorni buoni e altri in cui si fanno sentire sintomi nuovi e diversi. Non riesco più a sdraiarmi supina per dormire, perché subito mi assalgono le vertigini, devo usare un cuscino speciale e dovendo restare sempre coricata nella stessa posizione, su un fianco, ai lati dell’orecchio, a volte si formano piaghe da decubito. Di giorno, poi, mi sento continuamente come se avessi il mal di mare, con un sottofondo leggero di nausea che non si quieta mai».

Quell’episodio ha convinto Paola a cercare l’amicizia e il sostegno di altri malati come lei, così ha preso contatto con l’associazione Aism di Bergamo (info su www.aism.it): «Credevo che parlare della mia malattia avrebbe pregiudicato il mio futuro, la qualità della mia vita e delle mie relazioni. Non è stato così: parlarne, al contrario, mi ha aiutato, è stato liberatorio. I miei amici sono rimasti molto stupiti quando gliel’ho detto, non hanno capito come mai glielo avessi tenuto nascosto per tanto tempo. Ora mi sento più tranquilla, perché sono fatta così, anche la malattia è una parte di me, ed è importante che le persone possano accettarmi come sono. Mantenere il segreto mi costava fatica e dolore. I medici all’inizio mi avevano terrorizzato, prospettandomi scenari terribili, ma sono passati molti anni e sono ancora qui. Quando posso condivido la mia esperienza e cerco di aiutare altri malati che hanno appena ricevuto la diagnosi a vincere le preoccupazioni. Ho incontrato tante persone frequentando l’Aism e mi hanno offerto un sostegno prezioso. Altri li ho conosciuti attraverso i social network, è fantastico poter essere in contatto con tanti gruppi in Italia e nel mondo. Purtroppo mi crea problemi stare al computer, non riesco a resistere a lungo».

Paola ha trovato un passatempo che la appassiona, la tiene occupata e le permette di esprimersi: «Realizzo bijou, orecchini, collane, braccialetti. Ho creato una pagina Facebook per mostrarli e per raccontarli, si chiama Bijoux di Paolina. Anni fa lavoravo come segretaria in un centro estetico, e ho incontrato una signora che confezionava bijoux: mi aveva mostrato i suoi lavori, dandomi qualche consiglio sui metodi per realizzarli. Così ho pensato di cimentarmi anch’io, ho incominciato a cercare materiali nelle mercerie e a confezionare piccoli oggetti, a partire dai più semplici. Non ci vedo molto bene e questo mi limita. Anche la mano destra lavora male, forse vuole lasciarmi, da un po’ mi sembra di non riuscire ad articolare così bene i movimenti più fini, però cerco di resistere, non rinuncio. Accetto la mia malattia e mi sforzo di superarla e di andare avanti lo stesso».

Non esce spesso, ma cerca comunque di fare ginnastica anche in casa: «Seguo le indicazioni che mi hanno dato a Mozzo durante i ricoveri per la riabilitazione. Uso alcuni attrezzi ed esercizi in modo mirato per mantenere i muscoli in movimento, per scioglierli e contrastare i dolori. Ho sempre faticato a convivere con la malattia, prima del 2013 però riuscivo a fare quasi tutto, andavo anche a ballare, poi è diventato più difficile. Il danno causato dall’ultimo attacco è stato molto esteso. So che può capitare ancora, la mia condizione è molto fragile e precaria. Mi sento spesso stanca, non resisto a lungo svolgendo un’attività che comporti un impegno fisico, anche se lieve. Nonostante tutto cerco di andare avanti, e tutti mi riconoscono una certa forza di carattere. Mi piace occuparmi delle faccende domestiche, nell’appartamento accanto vivono i miei genitori, e mi piace preparare da mangiare per tutti. Conosco tante ricette, ma la specialità più richiesta dalla mia famiglia sono le lasagne bomba, con un ripieno ricco che cambia ogni volta, perché mi piace sperimentare». Il suo compagno a volte si stupisce che riesca a occuparsi di così tante cose: «Stiamo insieme da quando io avevo 16 anni e lui 19, ha condiviso con me tutte le crisi e le terapie, da tempo conviviamo e siamo felici, anche se non possiamo fare piani a lungo termine».

È un legame importante e prezioso, che l’aiuta a conservare lo slancio giusto: «Riesco a superare le difficoltà grazie all’entusiasmo e alla voglia di vivere. Ho un grande desiderio di combattere, di resistere, di esserci, cerco di vedere il lato positivo di ogni situazione. Apprezzo qualunque dettaglio come se fosse grandissimo e bellissimo, perché ne ho passate tante, anche se sono ancora giovane». Da 5 anni Paola segue terapie impegnative, con farmaci che le causano molti effetti collaterali: «Ho spesso la febbre, in cambio, però forse i medici stanno riuscendo a rallentare il decorso della malattia, perciò continuerò queste terapie finché riesco a resistere, facendo i conti con il mal di testa e i dolori muscolari. Mi sono abituata a questo genere di sofferenze, e non mi spaventano più. Non è una passeggiata ma stringo i denti, le affronto e le sopporto».

Paola è fiera di essere riuscita a seguire la sua strada nonostante gli scenari infausti che i medici le avevano presentato quando era una ragazzina: «All’inizio mi avevano spaventato, sembrava che dovessi morire da un momento all’altro, che dovessi abbandonare qualunque speranza. Dopo ogni batosta però mi sono sforzata di rialzarmi. Ho accettato i limiti del mio corpo, mi sono sforzata di conviverci e di guardare oltre, pensando alle possibilità che ho, senza troppi rimpianti per quelle che mi sono precluse. Ci sono malati che si lasciano paralizzare dalla paura. Io cerco di accogliere il futuro come viene, restando con i piedi per terra. So che non posso guarire, è inutile ostinarsi, devo cercare di prendere il meglio possibile dalla vita. In tanti anni di malattia sono riuscita a elaborare una strategia personale per essere felice e positiva nonostante tutto, e sono orgogliosa di esserci riuscita. Cerco di godermi ogni momento, intanto la ricerca va avanti e chissà, può anche darsi che in futuro vada meglio. Non posso fare programmi a lungo termine, ma mi sta bene così».

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