
Cultura e Spettacoli
Sabato 24 Maggio 2025
Addio a Salgado: nelle sue fotografie l’anima dellaTerra
IL LUTTO. L’artista si è spento a 81 anni per una leucemia. Nato in Brasile, è divenuto celebre per i suoi scatti intensi dedicati agli ultimi e alla natura ferita dall’uomo
Addio a Sebastião Salgado, il fotografo dell’anima della Terra, morto all’età di 81 anni a Parigi. «Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, si è battuto senza tregua per un mondo più giusto, più umano e più ecologico», sottolinea la famiglia. «Fotografo senza sosta in giro per il mondo», Salgado ha «contratto una forma particolare di malaria nel 2010, in Indonesia, nell’ambito del suo progetto Genesis. Quindici anni più tardi, le complicazioni di questa malattia si sono trasformate in una severa leucemia, che ha avuto la meglio su di lui». «È morto uno dei più grandi fotografi al mondo, se non il più grande», ha commentato il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, che gli ha subito dedicato un minuto di silenzio, ricordando come «Salgado non usasse solo gli occhi e la macchina fotografica per ritrarre le persone» ma «anche la pienezza del suo cuore».
Sabato scorso l’artista avrebbe dovuto partecipare all’inaugurazione delle vetrate disegnate dal figlio Rodrigo per una chiesa della città di Reims, ma già il giorno prima aveva annullato la sua partecipazione a un incontro con i giornalisti, per problemi di salute. Aveva dato forfait anche all’inaugurazione, al Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento, della mostra «Ghiacciai», con 54 scatti quasi tutti inediti, che resterà aperta fino al 21 settembre.
In fuga dalla dittatura
Nato nel 1944 nella cittadina di Aimorés, nell’interno di Minas Gerais, Salgado aveva studiato economia, campo in cui ottenne un master all’Università di San Paolo. Attivista di sinistra, si era trasferito in Francia nel 1969, in fuga dalla dittatura. La notizia della sua morte è stata commentata anche dall’Istituto Terra, che l’intellettuale aveva fondato assieme alla moglie Lélia Wanick: «Sebastião ha seminato speranza dove c’era devastazione, ed ha fatto fiorire l’idea che il ripristino ambientale sia anche un profondo gesto d’amore per l’umanità».
Nel corso della sua carriera, iniziata nel 1973, il fotografo ha visitato più di 100 Paesi, tra cui l’Italia, per sviluppare i suoi progetti fotografici basati sulla cura della vita umana, della natura e del lavoro. Nel 1993, Salgado ha iniziato un viaggio fotografico, fisico ed esistenziale attraverso la galassia delle migrazioni e in sei anni, viaggiando in quattro continenti e producendo opere sfociate nella mostra «Exodus - Umanità in movimento», 180 scatti per diverse sezioni geopolitiche, che raccontano la realtà dei campi profughi.
Vita con gli indigeni
In Amazzonia Salgado ha vissuto con 12 gruppi indigeni e ha trasformato le sue foto in un messaggio globale per mostrare la potenza della natura, ma anche la sua fragilità, e per mettere in guardia l’umanità sui pericoli della distruzione dell’ecosistema. Il suo lavoro ha portato anche alla splendida mostra «Amazônia», che immortala la ricchezza e la varietà della foresta pluviale e lo stile di vita delle popolazioni locali.
Nel 2014, il documentario «Il sale della terra», co-diretto dal regista tedesco Wim Wenders e da Juliano Ribeiro Salgado, figlio di Sebastião, ha vinto un premio al Festival di Cannes ed è stato candidato all’Oscar.
In un’intervista rilasciata di recente alla stampa internazionale a Londra, l’artista aveva dichiarato che l’unica cosa che gli restava da fare era morire, dopo aver annunciato il suo ritiro dal lavoro sul campo nel 2024. «Ora devo solo morire. Ho avuto una carriera di 50 anni e ho 80 anni. Sono più vicino alla morte che a qualsiasi altra cosa. Una persona vive al massimo 90 anni. Quindi non sono lontano».
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