
Cultura e Spettacoli / Val Calepio e Sebino
Giovedì 19 Giugno 2025
Doppia tappa bergamasca per la «famiglia» dei Nomadi
CONCERTI. Lo storico gruppo della canzone italiana sarà a Villongo il 21 giugno e il 2 agosto a Morengo. Fermate di un tour infinito che raduna ad ogni live un pubblico multigenerazionale di fedelissimi.
Sempre «on the road» i Nomadi non pongono mai fine al loro tour. Un vero e proprio «never ending tour», alla Dylan, che il gruppo di Beppe Carletti alimenta man mano di nuove canzoni. Ora, archiviati i festeggiamenti del 60o di carriera, il gruppo va avanti e torna in Bergamasca per due date: il 21 giugno a Villongo, nel Parco Villa Fiorita (inizio ore 21; ingresso 27 euro), il 2 agosto al Campo sportivo dell’Oratorio di Morengo.
Il tour infinito
Tra il 2023 e il 2024 più di 80 concerti, con tre date dalle nostre parti, al «Donizetti» e allo Spirito del Pianeta. Segno del grande affetto che i nostri «nomadiani» hanno nei confronti di Beppe e compagni. Pensate che anni fa i Nomadi fecero in un’estate ben 11 concerti in provincia raggranellando sotto i palchi la bellezza di 35mila fan.
L’anniversario
Per Carletti la vita è così sin da quando c’era Augusto Daolio, lo spirito guida della band. L’esordio avviene nel 1963, nel 1966 inizia la collaborazione con Francesco Guccini, nel 1972 esce «Io vagabondo», canzone simbolo, sorta di inno multigenerazionale. Per festeggiare i 60 anni di percorso artistico i Nomadi non si son fatti mancare niente: un nuovo album, «Cartoline da qui», con la collaborazione di Guccini e Ligabue, un documentario Rai, «Nomade che non sono altro», un cofanetto antologico. E poi i concerti.
«Un buon momento»
Quando se n’è andato Augusto, se aveste chiesto a Carletti un pensiero sul futuro, non vi avrebbe risposto senza veder nuvole all’orizzonte. Ma le cose si sono messe bene da subito. Il popolo dei Nomadi ha chiesto che tutto procedesse nel nome di Augusto e così è andata. Beppe nell’ultima intervista pubblicata disse in proposito: «Non avrei mai creduto di arrivare fin qui, con tanti riconoscimenti. A luglio ci ha ricevuto il presidente Mattarella, il cardinale Zuppi mi ha voluto conoscere. Tra l’altro mi ha chiesto il significato di una canzone degli anni Sessanta che neppure ricordavo. La musica mi ha portato a conoscere personalità che non avrei mai pensato d’incontrare. E poi c’è la soddisfazione di vedere tanta gente che ci viene ad ascoltare, anche se le radio non ci trasmettono. La Rai ci ha chiesto di fare un documentario ed è stato bello. Stiamo vivendo un buon momento, spero che duri il più a lungo possibile».
«Io vagabondo», un inno
La durata del gruppo è presto spiegata. I Nomadi non sono né in tv, né in radio, ma la gente arriva ai concerti, se esce un disco la «famiglia» è avvertita e corre a comprarlo, ma soprattutto a sentirlo dal vivo. Dagli anni Sessanta in poi il gruppo è entrato nel tessuto connettivo della musica italiana e nell’immaginario collettivo del Paese. Carletti dice che «Io vagabondo» è una sorta di inno italiano e in fondo ha ragione. È una canzone che dice tante cose: è di tutti senza distinzioni di schieramento. Vedere al concerto tante generazioni che la cantano è cosa naturale.
Un’epica popolare
A dispetto dei generi musicali che si sono fatti strada man mano dagli anni Sessanta ad oggi, i Nomadi hanno mantenuto dritta la direzione, incuranti delle mode, consapevoli dei cambi di stagione, dei mutamenti sociali, politici. Negli anni Ottanta hanno attraversato una piccola crisi, sono andati avanti per un po’ orfani della casa discografica, eppure non hanno mollato, continuando a legare le loro canzoni a quell’epica popolare che le ha sempre contraddistinte.
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