La verità nell’era del Covid: sono i legami
tra le persone a reggere l’assetto sociale

Giovedì sera (11 giugno) don Giuliano Zanchi, direttore scientifico della Fondazione Bernareggi e del BergamoFestival «Fare la Pace», dialogherà in diretta streaming con Luigina Mortari (ore 21).

Giovedì sera (11 giugno) don Giuliano Zanchi, direttore scientifico della Fondazione Bernareggi e del BergamoFestival «Fare la Pace», dialogherà in diretta streaming con Luigina Mortari (ore 21): l’incontro rientrerà fra le anteprime della prossima edizione del festival, in programma dal 10 al 12 luglio con il titolo generale «Quel che resta del bene. Ridisegnare insieme il nostro futuro».Secondo don Zanchi «ancora pochi mesi fa, prima dell’arrivo della pandemia, i valori della cura, della misericordia, della sollecitudine verso gli altri erano considerati nella mentalità prevalente una sorta di lenitivo, rispetto alle dinamiche truci di un mondo che di per sé assomiglierebbe a una giungla. L’ideologia dell’ultraliberismo riduce gli esseri umani a individui, costretti ogni mattina a mettersi a correre più velocemente dei loro simili, se non vogliono soccombere; entro questa visione antagonistica della società si concede, semmai, che qualche persona di buon cuore intervenga a fasciare le ferite di chi nella contesa ha avuto la peggio». «Di recente – prosegue don Zanchi –, mentre venivamo travolti dall’ondata dei contagi, il nostro modo di pensare è un po’ cambiato: abbiamo avuto la percezione che la trama delle nostre vite non consista necessariamente di rivalità o di alleanze solo strumentali, funzionali all’egoismo dei singoli. Ci è parso di intravedere un’altra verità, di capire che l’individualismo competitivo non costituisca un tratto ineluttabile dei rapporti sociali. Al contrario, ci è balenato davanti agli occhi che sono i legami tra le persone a reggere l’intero assetto della società. Se questo è vero, la misericordia non dovrebbe costituire un’eccezione, ma la regola fondamentale dei nostri rapporti quando hanno una natura veramente umana».

Per quanto tempo si manterrà questa consapevolezza? Dalla pandemia «usciremo migliori» - come afferma uno slogan ripetuto molte volte – o torneremo a comportarci esattamente come prima? «Purtroppo, alcuni segnali depongono a favore della seconda ipotesi – risponde don Zanchi -: già in questi giorni, dopo l’interruzione del lockdown, sembra essersi diffusa la voglia di tornare alle “cattive ovvietà” di un recente passato. La preoccupazione più condivisa mi pare sia quella di sapere quando potremo ricominciare a fare, nel medesimo modo, le stesse cose che un tempo eravamo abituati a fare». Anche volendolo, riusciremmo tuttavia a tornare semplicemente a uno stile di vita pre-Covid? L’Istat prevede che in Italia, alla fine di quest’anno, ci saranno 2,2 milioni di posti di lavoro in meno. «L’eventualità che alla catastrofe biologica provocata dal coronavirus possano seguirne altre di ordine economico non è irrealistica. Non si può sventare questo pericolo ricorrendo a vaghi appelli all’ottimismo. Nemmeno credo che una nuova stagione di esasperati conflitti sociali potrebbe servire a riparare gli squilibri presenti: il rischio, semmai, è che qualcuno sia tentato di dare sfogo alla propria rabbia con azioni violente».

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