Lo scomparso Frosi e l’albanese Anri Sala in mostra in Gamec

Due esposizioni L’autore milanese ha lasciato da anni il mondo dell’arte, ora è operatore socio-sanitario. In Sala delle Capriate l’installazione «Time no Longer».

La Gamec di Bergamo accende i festeggiamenti per i suoi 30 anni con due mostre aperte da venerdì . La prima, dal titolo «La stanza vuota», è interamente dedicata al lavoro di Christian Frosi, a dieci anni dal suo ritiro dal mondo dell’arte. Il percorso espositivo, curato da Nicola Ricciardi e visitabile fino al 25 settembre nella sede di via San Tomaso, presenta per la prima volta oltre 30 opere realizzate dall’artista milanese in poco più di dieci anni di attività, dai suoi lavori più conosciuti, come la nuvola di schiuma prodotta per la prima personale a Milano nel 2003, a quelli più particolari ed enigmatici. Un racconto a 360 gradi del suo pensiero artistico caratterizzato da alcuni elementi chiave: dalla transitorietà alla precarietà, dalla fuggevolezza all’evanescenza.

«La scelta di occuparsi di Frosi, oggi operatore socio-sanitario, nasce innanzitutto dalla necessità di ricordare, proteggere, conservare il suo lavoro in modo che si possa continuare a osservare, contestualizzare e, magari in futuro, capire sempre meglio» spiega il curatore Nicola Ricciardi. «Frosi ha scelto di sottrarsi alla storia dell’arte, ma i suoi lavori hanno dominato per dieci anni la scena italiana, raggiungendo successi importanti anche a livello interazionale. Bergamo e Gamec sono le perfette cornici per scoprire questo artista che nel 2009, in occasione di una collaborazione con Diego Perrone, ha realizzato nel giardino dell’Edonè una particolare installazione sui temi universali della cultura».

Una pubblicazione inquadra il lavoro di Frosi in relazione alle vicende di altri celebri «fuoriusciti» degli ultimi cinquant’anni: da Marcel Duchamp ad Agnes Martin, da Lee Lozano a Charlotte Posenenske.

La mostra di Anri Sala

La seconda mostra, visitabile fino al 16 ottobre, si inserisce invece nel meraviglioso contesto di Città Alta, dove l’artista albanese Anri Sala, partendo dalla sua più recente installazione audio-visiva «Time no Longer», attiva un intenso dialogo con la suggestiva Sala delle Capriate del Palazzo della Ragione. Proiettato su uno schermo flottante lungo 16 metri, «Time no Longer» si concentra sull’immagine di un giradischi galleggiante in una stazione spaziale che riproduce un nuovo arrangiamento per clarinetto e sassofono di «Quartet for the End of Time», composizione del musicista francese Olivier Messiaen, la più celebre opera musicale composta in prigionia in un campo tedesco. Il clarinetto richiama l’unico movimento solista del quartetto, «The Abyss of the Birds», suonato dal commilitone e musicista algerino Henri Akoka.

Alla dimensione di solitudine e costrizione di questo strumento fa eco la suggestiva storia di Ronald McNair, sassofonista professionista e uno dei primi astronauti neri ad aver raggiunto lo spazio, desideroso di registrare nel 1986 un assolo a bordo dello Space Shuttle Challenger: sarebbe stato il primo brano musicale originale registrato nello spazio se il veicolo non si fosse disintegrato pochi secondi dopo il decollo, uccidendo tutti gli astronauti a bordo. La composizione costituisce così una sorta di «colonna sonora della fragilità» e della solitudine. Commenta il direttore della Gamec Lorenzo Giusti: «Questa mostra è un intreccio vivo con il contesto e con i valori del luogo, a partire dai meravigliosi affreschi della Sala delle Capriate».

Alla presentazione delle due mostre erano presenti il presidente di Gamec Alberto Barcella, il direttore Lorenzo Giusti, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti e l’artista Anri Sala.

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