Nuove cure, su Rai 3 la storia di Mattia e del progetto di ricerca di papà Davide - Video

Giornata mondiale della Salute «L’importanza di iniziare da uno» andrà in onda il 7 aprile, prodotto dalla bergamasca Officina della Comunicazione in collaborazione con Rai Documentari e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. La storia del piccolo Mattia e il progetto di ricerca di papà Davide con l’ospedale: un algoritmo, al servizio dei medici, per salvare la vita del figlio e di tutti i bambini affetti da cardiopatia genetica.

L’amore incondizionato di un padre verso il proprio figlio in lotta contro il tempo per trasformare una condizione di dolore in un’opportunità per la vita: è questo il motore alla base del progetto di ricerca, realizzato da Davide Passaro e dall’equipe medica del Bambino Gesù di Roma, sui pazienti pediatrici della terapia intensiva cardiologica dell’Ospedale. Lo racconta «L’importanza di iniziare da uno», una produzione della bergamasca Officina della Comunicazione in collaborazione con Rai Documentari e con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per la regia di Alice Tomassini in onda il 7 aprile in seconda serata su Rai Tre in occasione della Giornata Mondiale della Salute. È la storia di Mattia, 5 anni, e del suo papà Davide, insegnante e dottorando in Statistica metodologica presso l’Università La Sapienza, che lavora ad un algoritmo di intelligenza artificiale, al servizio della medicina, per salvare la vita di suo figlio e di tutti i bambini affetti da cardiopatia genetica.

Mattia lotta con il suo cuore malato da prima di nascere. Al quarto mese di gravidanza, Davide e sua moglie Stefania scoprono che il loro secondo figlio ha una grave cardiopatia congenita. La storia di Mattia si incrocia con il Bambino Gesù fin da appena nato, quando viene ricoverato in terapia intensiva per la prima operazione che gli consente di crescere in attesa di quella correttiva. Il rischio più grande di questa seconda operazione è come reagirà il suo corpo subito dopo. I genitori e i medici del Bambino Gesù temono che Mattia possa contrarre l’AKI, un’infezione renale acuta che ogni anno colpisce i bambini affetti da cardiopatia. E se infezioni così aggressive e violente si potessero prevedere? Una possibilità esiste, è l’Intelligenza Artificiale, che potrebbe cambiare tutto.

In terapia intensiva i bambini sono attaccati 24 su 24 ad un macchinario che monitora continuamente pressione, temperatura, analisi del sangue. Tutti dati che potrebbero migliorare la resa diagnostica ma ancora inutilizzati. Da padre impotente davanti la malattia del figlio, Davide decide di mettere in gioco le sue competenze di sviluppatore e inizia una lunga serie di incontri con i professionisti dell’Ospedale Bambino Gesù per perfezionare il suo progetto di ricerca e applicare l’Intelligenza Artificiale alla miriade di dati dei piccoli pazienti. La digitalizzazione dei dati di monitoraggio permette ai medici di acquisire e dare un significato a tutti i numeri raccolti e capire quanti bambini con problemi cardiaci possono andare incontro ad una complicanza, consentendogli così di ridurre la mortalità post-chirurgica.Il comitato etico dell’Ospedale approva il progetto di sperimentazione. Si può iniziare. Una cura migliore attraverso l’intelligenza artificiale è fattibile, una possibilità per cambiare il corso delle cose, per salvare la vita di suo figlio e anche solo dare una speranza ad altri genitori di bambini in terapia intensiva, che vivono con la costante e quotidiana paura che sia tardi per intervenire.

«Questa storia dona speranza con l’esempio virtuoso dimostrando come ciascuno di noi attraverso le proprie capacità e competenze possa essere al servizio degli altri»

«Per l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù le frontiere della medicina necessariamente passano attraverso lo sviluppo della ricerca e della tecnologia scientifica - afferma Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale - Non esiste cura senza ricerca e non c’è futuro senza ricerca». Si riuscirà a sviluppare l’algoritmo prima della prossima operazione di Mattia? E, soprattutto, funzionerà? Una storia che è un pugno allo stomaco e un atto indubbio di coraggio, che ci dà speranza in tempi in cui la tecnologia può contribuire a rendere possibile un futuro migliore. «Questa storia dona speranza con l’esempio virtuoso dimostrando come ciascuno di noi attraverso le proprie capacità e competenze possa essere al servizio degli altri» dichiara Fabrizio Zappi, direttore di Rai Documentari. «Spero che possa incontrare il gradimento degli spettatori del servizio pubblico, come televisione valoriale in linea con la missione di Rai Documentari».

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