Patrick Zaki: lo scopo della mia vita è lavorare per la libertà di parola

«Molte fedi». Lo studente, attivista egiziano, in collegamento con la rassegna. L’invito ai giovani ad essere resilienti.

Un invito ai giovani ad essere più resilienti e prendere in mano il proprio futuro: arriva da Patrick Zaki, studente, attivista egiziano, cristiano-copto e ricercatore sui diritti umani a Bologna, ospite della rassegna «Molte Fedi sotto lo stesso cielo». Lo scorso anno quest’ultima era stata dedicata proprio a lui: sarebbe dovuto intervenire in presenza, ma con l’ennesimo rinvio dell’udienza (dal 27 settembre al 29 novembre, ndr) presso il Tribunale del Cairo, non può viaggiare. Libertà, l’arresto, il rapporto con giustizia, istituzioni e società civile, ma soprattutto la speranza i temi affrontati.

Partendo dal momento dell’arresto, il 7 febbraio 2020, con accuse inverosimili: «È stato un viaggio difficile sin dall’inizio, l’aereo aveva avuto due ore di ritardo. Al Cairo al controllo passaporti ho notato dei poliziotti che mi aspettavano. Ho subito chiamato la mia famiglia, e ho fatto bene: sono stato poi chiuso in una stanza, senza contatti esterni. Una situazione preoccupante, ma che avevo previsto perché accaduta anche ad altri ricercatori». Nonostante questo vissuto, Zaki ha sottolineato come l’atteggiamento nei confronti delle istituzioni non sia cambiato: «Più che altro sono questi continui rinvii che mi rendono la vita difficile e mi lasciano addosso una sensazione negativa, il non sapere cosa mi riserva il futuro, anche se cerco di essere ottimista. Voglio riconquistare la mia piena libertà, voglio riprendere la mia vita normale, mi sento totalmente congelato: non riesco a studiare o a lavorare». Per quanto riguarda il supporto della società civile e mediatico, il ricercatore ha ringraziato per il sostegno, che continua anche dopo la sua scarcerazione: «Quest’appoggio è stato un grande vantaggio. Sapere che a livello internazionale c’erano persone che si occupavano del mio caso, mi confortava. Ho ricevuto anche tante lettere: mi motiva e dà speranza. Devo ringraziare anche la professoressa Rita Monticelli, che è stata di grandissima ispirazione ed ha fatto moltissimo per divulgare il mio caso in Italia. Che la notizia del mio arresto sia diventata virale ha fatto la differenza: si sono considerati i miei punti di vista. La mia situazione è decisamente migliorata, ma non solo: sono stati rilasciati anche altri attivisti. I media possono fare tantissima differenza».

Zaki ha lanciato anche un appello ai giovani: «L’attivismo è molto importante, il fatto che i giovani prendano la barra del comando. Devono credere di poter riuscire a cambiare la realtà, perché è così. Anche se si deve lottare, per me è una palestra per esercitare la forza di volontà, in modo tale che attraverso la lotta i giovani riescano a fare dei passi avanti e a distaccarsi dalle situazioni negative. Li invito ad essere più resilienti: il futuro è nostro e siamo noi che dobbiamo forgiarlo».

E sulla possibilità di perdonare chi lo ha arrestato : «Dire che perdono tutto in questo momento mi è difficile, non so se ne ho la forza. Ciò che mi sta insegnando questa esperienza è riuscire a costruire qualcosa di meglio su ciò che ho passato e usare ciò che ho dovuto vivere affinché non ci passi più nessun altro. Vorrei che non ci fossero più problemi a livello di diritti umani. Faccio di questo lo scopo della mia vita : vorrei lavorare per la libertà di parola. Perdonare per me rimane ancora una parola da affrontare in pieno. Costruire sì: è quello che vorrei fare sulla base di ciò che ho vissuto».

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