Signori, c’è Edoardo: la prima star degli stadi

L’APPUNTAMENTO. Inossidabile corsaro, Bennato sa mescolare ironia e melodia. È sempre stato un battitore libero e un precursore: serata in piazzale Alpini venerdì 28 luglio alle 21.

Saranno solo canzonette, ma quelle di Edoardo Bennato hanno lasciato indelebile solco nella memoria del Belpaese. Inossidabile corsaro, arriva a Bergamo venerdì sera 28 luglio in piazzale Alpini, sotto le insegne di Nxt station, e porta naturalmente in dote un’abbondante riserva di riff e melodie che sono inscritte nel firmamento della canzone popolare nostrana, oltre a una quota generosa di nuovi titoli che illustrano la sua mai sopita vena creativa che ha trovato spazio anche negli inediti del suo ultimo album, «Non c’è», del 2020.

Spigoloso, sarcastico e ironico ha sulle spalle una stagione, quella tra anni ’70 e primi anni ’80, che gli è valsa la prima fila tra i protagonisti assoluti della musica italiana. Utile ricordare che è stato il primo artista italiano a portare a San Siro oltre 60 mila persone (ma le fonti si sbizzarriscono tra le 50 e le 80 migliaia) e a realizzare in quello stesso anno un tour che ha varato anche per il made in Italy gli stadi quali platee elettive del nuovo pop.

Quanto a stili musicali, lui che a dodici anni calcava già i palchi dei locali partenopei a fianco dei fratelli Eugenio e Giorgio con il Trio Bennato, è cresciuto imbracciando armonica e chitarra sulla scia della musica americana sbarcata in Italia nel dopoguerra, istruendosi tanto alla scuola del blues e del rock and roll quanto sui modelli dei vocalist napoletani, da Renato Carosone a Peppino di Capri. E con una spiccata propensione per la teatralità dell’opera buffa, sua passione da musicofilo.

Armonicista, appunto, quando lo strumento era assai poco praticato fuori dai confini della musica popolare, e istrionico one man band con chitarra, kazoo, tamburo a pedale, è anche stato tra i primi ad adottare il videoclip musicale. Se l’apice del rapporto con il pubblico lo ha toccato in anni passati, pure Bennato non ha mancato di dare nuova veste alla sua graffiante irrisione per l’autorità, per l’ordine costituito, per la prevaricazione del colto sull’inclita, dell’accademia sulla matrice popolare e folk.

Venti gli album in studio seguiti a «Non farti cadere le braccia», del 1973. Titolo quasi profetico visto che in casa Ricordi qualcuno sentenziò che con la sua voce sgraziata era meglio dedicarsi all’architettura abbandonando le velleità musicali. Tra i dischi in studio, ai quali si affiancano dieci dischi dal vivo, anche quei visionari «concept» costruiti attorno a spunti narrativi favolistici («Burattino senza fili» 1977, «Sono solo canzonette» 1980, «È arrivato un bastimento» 1983) di grande successo. e che in fase calante della stagione «impegnata» della canzone e del rock italiani gli valse anche qualche pregiudizio da parte della critica musicale.

Troppi gli episodi, anche tragici, della sua biografia, ma da ricordare anche la canzone dei Campionati Mondiali di Calcio del 1990, «Un’estate italiana», cantata con Gianna Nannini e il successo del musical «Peter Pan». E ancora le collaborazioni nel 2010 con esponenti di punta del nuovo rock italiano, da Morgan a Roy Paci, da Giuliano Palma & The Bluebeaters ai Finley. «Pronti a salpare» del 2015 ha regalato quattordici brani inediti e si è guadagnato il premio Amnesty International, segno di una mai sopita anima eterodossa e anticonformista.

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