Van De Sfroos cercatore di leggende:
dal 13 maggio il viaggio in onda su Rai 2

Al suo debutto come conduttore, giovedì 13 maggio su Rai 2 (ore 23.05), racconta le imprese del «Mythonauta» percorrendo l’Italia a caccia di storie nascoste e misteri di luoghi o personaggi. Itinerari alla portata di tutti.

Cantautore, ricercatore di storie e leggende, antropologo popolare, Davide Bernasconi, in arte Van De Sfroos, mette le canzoni in sottofondo e racconta le imprese del «Mythonauta», in onda su Rai2, in seconda serata (alle 23.05), per quattro puntate, a partire da giovedì 13 maggio. Il viaggio stavolta è all’ombra dei miti, delle leggende d’Italia, dal Lago di Como, che il conduttore conosce come le sue tasche, all’Alto Sannio, dalla Romagna al Trentino Alto Adige. Davide diventa una sorta di «stalker», un accompagnatore privilegiato che guida lo spettatore alla ricerca di storie e personaggi misteriosi, di antropologie e credenze locali. L’idea è quella di ricostruire quel tessuto mitologico, tra fantasia e storia, che attraversa l’Italia tutta, sia essa urbana e rurale, sacra e profana, nobile e popolare. Nel viaggio si mescolano tradizioni religiose, retaggi pagani, cultura e superstizione. «Il Mythonauta al momento sono io – spiega Davide Van De Sfroos – ma è come se fossi l’esempio messo lì per far capire a chi guarda che tutti possono diventare dei mythonauti. Traccerò degli itinerari, farò vedere che in quella villa si racconta ancora la tal cosa. Il Mythonauta non viaggia per screditare, per indagare sulla veridicità del mito, arriva lì per innaffiare questa pianta mitologica e farla fiorire ancora. Se c’è un mito va rispettato, è una cosa che si racconta da tanti anni, magari da millenni. Ci sono miti giganteschi come la leggenda di Maya sulla Maiella, in Molise; o piccoli miti come quello di Gregory Peck che sull’isola Comacina prende a pugni il paparazzo che lo spia dall’albero. Hitchcock che sulla stessa isola fa un misterioso giro».

Si tratta di un vero e proprio itinerario nell’immaginario mitologico?
«Il Mythonauta si è professato tale ancora prima di diventarlo e solo dopo si è reso conto della potenza del viaggio. Ho incontrato interlocutori privilegiati, studiosi, guide, professori che da una vita si occupano di antropologia, di miti, leggende. Abbiamo attraversato l’Italia per un poker di quattro puntate, partendo ovviamente dal lago di Como, una zona circoscritta. Poi siamo andati in Abruzzo e Molise, nella Romagna dell’entroterra, a Rocca di San Leo, dal fantasma di Azzurrina, dal Mazzapegul il folletto, sino alle creature fatate della realtà contadina. L’ultimo itinerario l’abbiamo affrontato attraverso le Dolomiti, nel regno dei Fanes, o al cospetto della leggenda del Re Laurino. Insomma, ci siamo fatti un viaggio nel mistero, tra santi, demoni, figure fantastiche che possono emozionare nel momento in cui l’escursionista, dopo la clausura pandemica, riprende i passi e le ferie. Se uno si trova sulla riviera adriatica, e ha visto la puntata, può andare a vedersi qualcosa, non solo a San Marino come quando piove».

A monte della trasmissione c’è l’esperienza di «Terra & acqua»?
«Quello era un viaggio attraverso i territori dove trovavi chiese, coltivazioni, modi di lavorare. Era una specie di “linea verde”, qui il focus è il mito. Anche il gioco del montaggio è molto diverso. Il racconto è alla portata di tutti, il linguaggio è quello dei “raccontatori”. Davide si dividerà in due figure: il Mythonauta vero e proprio che è quello che cammina, con il suo zaino in spalla, alla ricerca di un percorso e di tante testimonianze; non parla in camera, non fa il conduttore, parla con chi incontra, e lascia spazio alla narrazione. E poi c’è la voce fuoricampo, il mio io narrante. E c’è un altro Davide che si veste con la cappa nera e il cappello da brigante: è il bardo. Lui canterà delle micro canzoni di un minuto, due o tre volte per puntata. Sono delle ballate che riferiscono al tema della trasmissione. Sono sigle di chiusura dei capitoli. Ogni volta mi diverto a cantare qualcosa che riguarda il tal personaggio o il tal luogo».

Quindi il viaggio ha valso anche una raccolta di schegge folk con radici musicali ben precise?
«Il folk comanda sul racconto, e sugli incontri musicali. La canzone del Passator Cortese si canterà nella sigla finale quando si è in Emilia, mentre l’arpista sulle Dolomiti garantisce l’incontro con un’altra musica. I suonatori di zampogne, giù in Molise, sono parte di un altro linguaggio folklorico. Il folk è dominante. Del resto la musica fa parte dei miti perché li ha sempre cantati. Non siamo andati a cercarli per farli levitare. Lo spettatore avrà l’idea di fare questo viaggio insieme a noi».

Da cantautore, ma anche da scrittore, che cosa si è portato a casa da questa avventura nel mondo delle leggende, della mitologia popolare?
«Come viene dimostrato dal bardo che canta quelle piccole canzoni, ogni episodio potrebbe diventare una canzone. Ti rendi conto che ogni cosa è cantabile. La cosa più sorprendente che mi è capitata però è questa: aver fatto tanti anni sulla costa adriatica e non essere mai andato in certi posti, mi ha colpito».

Come, Yanez non era mai andato alla Rocca di San Leo?
«Mai, e dopo venticinque anni che vado sulle Dolomiti due volte l’anno, sempre nello stesso posto, mi sono reso conto che non sapevo niente. Nessuno mi aveva raccontato niente. Stavolta in soli quattro giorni mi hanno imbottito di storie e leggende, lunghe come “Il signore degli anelli”. Andavo in vacanza nel territorio del mito e non lo sapevo. Ecco cosa mi sono portato a casa: la consapevolezza che camminiamo nella storia e non lo sappiamo».

Il «Mythonauta» un giorno potrebbe diventare un disco?
«Non lo so cosa potrebbe diventare. Per adesso è una trasmissione che tutti sperano possa avere un seguito. Poi se le canzoni diventano tante, seppur brevi, potremmo compilare l’antologia folk del Mythonauta. Mettere insieme dei brani che parlano delle varie regioni potrebbe essere divertente, interessante. Qualcuno ha già ventilato l’ipotesi».

E il nuovo disco di Davide Van De Sfroos?
«È alle porte ormai. Speriamo che tra settembre e ottobre si riesca a tirarlo fuori».

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