De Silva narra senso e valore di un amore al capolinea

IL LIBRO. Forse è un paradosso, forse neanche tanto. Diego De Silva, facendo scorrere con profondità, partecipazione, intensità, ironia, persino acribia, «I titoli di coda di una vita insieme» (Einaudi, pp. 240, euro 19), tesse, in fondo, un encomium Amoris, visto dalla fine.

Fine che esalta il valore, e consente altro tipo di comprensione, di quanto c’è stato prima. Napoletano, autore della serie dell’avvocato Malinconico, da cui la serie televisiva su Rai1, De Silva è uno dei «big names», scrittori di respiro nazionale, che hanno arricchito il programma di quest’ultima edizione della Fiera dei Librai, ove ha presentato questo suo ultimo libro. Alice e Fosco hanno scritto «a quattro mani» venticinque anni di vita insieme. Nel libro si alternano, continuamente, i due punti di vista, voci, caratteri: in un capitolo parla Fosco, in quello successivo Alice. Il che arricchisce potentemente la comprensione di quello che i due hanno dovuto combinare e tenere insieme («l’amore non è una storia, ma due»); il lavoro, anche, le fatiche, in nome di qualcosa di superiore.

Ora, pur diversamente, in entrambi, ha preso luogo il sentimento di fine corsa. In queste atmosfere di dubbio e incertezza (cosa succede ora? posso reggere la rottura?) i due, a modo loro, riscoprono che amore è saper sorvolare per vent’anni sul tubetto del dentifricio spremuto al centro, anche se il tubetto spremuto a quel modo ti ha sempre mandato in bestia: il prezzo da pagare per «salvaguardare le intese veramente importanti» (lei). Che amore è fatto di «concessioni reciproche», «compensazioni», di «Fa niente», perché quello è il solo modo di «tenerci accanto chi non vogliamo perdere» (lui).

Mentre scorrono i titoli di coda prendono luogo, prepotenti, la forza e la bellezza del film che si è scritto e recitato insieme; carico, anche, di un simbolismo (in senso proprio, storico-culturale) del quotidiano: i mille oggetti, la casa di campagna, diventano testimoni della nostra vita, restituiscono il nostro sentire, il tempo che si è consumato con loro, la vita che in loro si è reificata: le tende scelte insieme (cui tocca «l’incombenza scenografica del sipario»), il cassetto sbilenco del comodino che ancora rimanda i mille rimproveri di Alice per la resistenza di Fosco a chiamare il falegname. Pezzi di vita recuperati al loro senso e al loro valore. Il valore delle cose, del resto, si capisce appieno solo quando le perdiamo, o rischiamo di perderle.

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