
Il piacere di leggere / Bergamo Città
Lunedì 18 Agosto 2025
Le promesse mancate del nostro «remoto» futuro
DA LEGGERE. «Il mondo che verrà. Gli italiani e il futuro 1851-1945» (Laterza) prova un po’ a tirare le somme di una situazione che appare non solo complicata, ma anche immutabile nella sua stagnazione.
«The future is not what it used to be», il futuro non è più quello di una volta scrive Mark Strand nella raccolta di poesie «Darker» del 1970. Il verso è frutto di un’ossessione poetica dell’autore americano canadese, ma coglie perfettamente una sensibilità che è tanto più evidente nel vecchio continente, là dove la modernità sembra aver illuso, prima con l’esplosione delle due guerre mondiali e poi con un lungo dopoguerra segnato sì da un boom economico straordinario e in parte imprevedibile, ma anche da una disillusione figlia di una perdita di centralità nel mondo e successivamente da un inevitabile riannodarsi di complicazioni e tensioni sociali ed economiche, che fecero e fanno sempre più percepire il futuro più con ansia che con speranza. In questo contesto il caso italiano si pone probabilmente come il più rilevante per disincanto e paura, la società italiana esce dai principali studi statistici come la più depressa e in crisi.
Prova a leggere le origini di questo disagio, riuscendoci benissimo, un bellissimo libro, colto e appassionante, dello storico Lorenzo Benadusi, professore all’Università di Roma Tre, che con «Il mondo che verrà. Gli italiani e il futuro 1851-1945» (Laterza) prova un po’ a tirare le somme di una situazione che appare non solo complicata, ma anche immutabile nella sua stagnazione. Benadusi spiega come sia stato possibile che il progresso e la tecnica, considerate da metà Ottocento in poi un motivo di arricchimento e una possibilità reale e concreta di crescita sociale, si siano trasformate in una forma di paura e angoscia. La letteratura - con in testa tra gli altri Emilio Salgari - offrì ai suoi innumerevoli lettori un forte immaginario che intrecciava il valore sociale a quello tecnologico, dando corpo a futuri fantascientifici, ma fortemente felici.
Il futuro è visto anche come una forma di controllo sulla natura, che grazie alla tecnologia diviene sempre più ridotta a mero elemento al sevizio dell’umanità
Successivamente lo stesso regime fascista orienterà la sua propaganda sia sul passato - totalmente artefatto - dell’imperialismo romano sia su un futuro moderno e tecnologico, ovvero sulla metropoli quale evoluzione della città e nuovo centro d’irradiazione di progresso, potenza e ricchezza diffusa. Il futuro è visto anche come una forma di controllo sulla natura, che grazie alla tecnologia diviene sempre più ridotta a mero elemento al sevizio dell’umanità. I vincoli naturali divengono superabili grazie alla tecnica che permette all’uomo di avvicinare le distanze. Le guerre, le crisi climatiche e le pandemie segneranno la fine definitiva di quest’idea, ritrovare il senso del futuro è così oggi una prima necessità.
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