Sulle orme di una storia di famiglia senza confini

Esiste sempre un punto preciso in cui la grande storia fatta di eventi memorabili finisce per coincidere con la storia minima e famigliare di ognuno. Punti esatti in cui poter scovare nel proprio passato, e in quello della propria famiglia, quegli elementi nodali che ne hanno radicalmente mutato la prospettiva e insieme a loro determinato un cambiamento storico eccezionale.

Parte dal volo degli storni d’uccelli il saggio sotto forma d’indagine della giornalista e scrittrice mauriziana di origine indiana Nathacha Appanah, che con «La memoria fragile» (Einaudi, nella bellissima traduzione di Cinzia Poli) prova - riuscendoci straordinariamente - a recuperare i fili di una memoria famigliare che attraversa i secoli e gli oceani dall’India fino alle isole Mauritius. «La memoria fragile» è un libro sui movimenti migratori e sulle forme che determinano nella vita delle persone e delle loro famiglie, un movimento che Appanah affianca a quello coordinato e sorprendente di storni che disegnano nel cielo forme inedite, suggestive ed elegantissime.

Il 1° agosto del 1872 gli antenati dell’autrice sbarcano a Port Louis, la capitale delle Mauritius, una data di arrivo per loro e di partenza per Appanah. Un lavoro che Appanah alterna tra ricerche di archivio ed elaborazione della storia famigliare, ricercando proprio negli album di famiglia quei riferimenti emotivi che s’intrecciano con i dati e gli elementi duri di una storia densa di speranza, ma non priva di tragedia. «La memoria fragile» si sorregge passo dopo passo di riferimenti fotografici che tengono la narrazione su tre livelli, quello intimo, quello storico e quello immaginativo.

Un percorso dunque che offre la possibilità ai lettori di cogliere anche nella differenza di una storia lontana nel tempo e geograficamente una comunanza con un migrare che è comune all’uomo, seppure in condizioni materiali diverse in tutto il globo. Una ricerca di felicità che non si persegue solo per se stessi, ma per un futuro che dovrà appartenere a eredi di un secolo successivo, come nel caso di Nathacha Appanah. Un movimento estremamente naturale che l’umanità compie da sempre in cerca di una salvezza che non è egoisticamente per sé, ma per un mondo futuro di cui non si conosceranno i destini, ma di cui si tracceranno le fondamenta. «La memoria fragile» ricorda così il senso di un’umanità solidale capace d’inseguire e abbattere confini in nome di una felicità comune e di un senso di responsabilità per il prossimo. Perché il prossimo siamo sempre noi.

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