Riccardo Zanotti è anche scrittore
Primo libro per il cantante dei «Pinguini»

È arrivato in libreria «Ahia!», il primo romanzo di Riccardo Zanotti, frontman dei Pinguini Tattici Nucleari.

La differenza tra Riccardo Zanotti e i Pinguini Tattici Nucleari non esiste. La dimostrazione sta nel fatto che a distanza di poco escono il nuovo Ep del gruppo (4 dicembre) e il primo romanzo di lui. Entrambi s’intitolano «Ahia!», anche se in qualche misura distanziano uno dall’altro. Le canzoni sono una cosa, un libro è ben altro. «Ahia!» (Mondadori, pagine 144, euro 17) è un bel romanzo, scritto bene, con arguzia, con senso dell’ironia e del dramma che la vita ci porta a considerare sempre.

«“Ahia” è una parola affascinante. Nessuno te la insegna», spiega l’autore. «Non è che un giorno, quando sei bambino, tua mamma arriva e ti dice: è qualcosa che devi esclamare quando ti fai male. Non te ne parla il maestro a scuola, non te la svelano gli amici al campetto. Tutti veniamo al mondo con un determinato numero di “ahia” dentro: sono innati nel codice genetico. Ognuno di essi corrisponde a una volta in cui permettiamo al mondo di farci del male». E continua: «“Ahia” prima che essere parola, è una reazione, ancora meglio una smorfia, quasi un gioco. Non ha etimologia, perché non ha storia; è semplicemente qualcosa che esiste e che diamo per scontato, come il cielo sopra la testa e la terra sotto ai piedi. Nella sua semplicità, “ahia” descrive un’infinità di emozioni e sentimenti, ed è per questo che ho voluto chiamare così sia il libro che l’ultimo nostro lavoro discografico. Entrambi servono a ricordarci che siamo bambini che non devono avere paura di cadere e sbucciarsi le ginocchia».

Ma le ginocchia il protagonista del primo romanzo di Riccardo se le sbuccia eccome. Anche perché il racconto mette al centro un ragazzo, il giovane ingegner Giovanni Cerioni, che si trova nella situazione esistenziale di far crescere i propri genitori. Lui è figlio di Camilla, Milly, e Fabrizio Santi, un cantautore famoso, ormai invecchiato, fuori giro. Mamma era una groupie, una di quelle ragazze che seguono i propri idoli sino alle estreme conseguenze. I due hanno una storia, ma il protagonista ne viene al corrente quando ormai la mamma è vicina al commiato.

La donna, prossima alla fine, chiede al figlio di invitare al suo funerale il padre, a lui ignoto. Da lì si sviluppa il romanzo su un meccanismo intrigante, ben congegnato. Intriso di musica, com’era da aspettarsi, il romanzo si sviluppa sul filo di una narrazione avvincente, in un mélange di ironia e dramma.

Riccardo non perde mai il filo del discorso e, anzi, aggiunge colpi di teatro a ogni piè sospinto. Papà Fabrizio Santi è un cantautore che ha conosciuto momenti di fulgore, mamma Milly una donna che ha seguito il proprio destino sino alla fine, Giovanni è la figura centrale di un gioco favorito dove i rapporti tra genitori e figli finiscono per trovare un’adeguata canalizzazione, non senza problemi, senza ferite.

Far crescere i propri genitori non è facile, e questo lo sanno in tanti. Riccardo Zanotti però focalizza questa realtà con umanità e puntiglio, mettendo intorno al gioco delle parti personaggi ben descritti: Rachele, che fa l’imbalsamatrice, dona nuova vita agli animali morti, e diverrà la sua compagnia, Teie, il gatto certosino che avverte l’eterico delle anime che girano attorno, Michele lo spacciatore di Concerta, le pastiglie di meltifenidato che regalano equilibrio a papà Fabrizio.

C’è anche un prete, amico del bestemmiatore Santi, don Paolo, parroco che serba un segreto da svelare. Sullo sfondo Soterio, il paese che, per tutto lo sviluppo della vicenda, resta avvolto da un’atmosfera misteriosa, luogo dove «ci si aspettava che i figli si sobbarcassero le colpe dei padri» e dove «la nemesi era naturale».

Nell’arco della vicenda la musica intride la narrazione, la punteggia: che dia titolo a qualche capitolo o entri nel racconto. Da Sting ai Pink Floyd, a Jimmie Rodgers, a «Good Vibrations» dei Beach Boys, con quel theremin che rende memorabile il ritornello. Diversamente da quanto sarebbe stato lecito aspettarsi, la musica, le canzoni, il loro apporto alla storia, rimangono sul fondale di un narrato che non finisce mai di coinvolgere il lettore sino alla fine. Zanotti nella scelta delle parole, nel tratteggiare scenari e storie seleziona immagini nette come se stesse componendo il testo di una canzone.

Al centro dell’excursus narrativo permane sempre il difficile rapporto tra generazioni, mondi diversi che trovano qualche legame nella musica, anche se i protagonisti coltivano un vivere fatto di sensi di colpa e mezze verità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA