Fantini: «Oggi la tivù mi interessa più del cinema»

IL PERSONAGGIO. Il comico: «Che le rivali Bergamo e Brescia siano unite già ci dice cosa significa cultura». Sul giornale di Brescia l’intervista allo specchio con Leonardo Manera.

Tra un paio di mesi taglierà il traguardo dei 25 anni di carriera. Una vita passata in palcoscenico, nei teatri, in televisione e da qualche tempo anche in radio. La sua missione? Fare ridere, sempre e ovunque. Una forma d’arte, quella della risata, che Omar Fantini esercita con successo ormai da un quarto di secolo. Impegnato su più fronti, un mese fa ha debuttato con la nuova stagione di «Ridi ‘n Garage», il laboratorio comico che porta avanti in città da oltre 15 anni; in radio è alla guida di «Belli svegli», la striscia mattutina di «Discoradio» che conduce insieme a Fabrizio Sironi, mentre in tv si fa vedere su «Canale 8» nel game show «100% Italia» dell’amico Nicola Savino.

Allora Omar, è già tempo di bilanci?

«No. Sono molto più curioso di vedere cosa succederà in futuro più che di capire dove sono arrivato. Diciamo che con l’età sono cambiate un po’ le modalità con cui aspetto le cose. In questa fase della vita sono più tranquillo rispetto al passato. Aspetto, valuto, vado avanti e non mi faccio troppe domande».

Cosa sta aspettando?

«Il programma che faccio in radio mi piace e mi diverte. Ho trovato quella stabilità che in televisione non avevo. La radio ti dà tranquillità e ti permette di sperimentare. Poi ho sempre in testa l’idea di una serie televisiva ispirata ad “Amici miei”. Ho un gruppo di amici con i quali siamo tornati tredicenni. Ci sentiamo gli stessi di 15-20 anni fa, ma nel frattempo siamo cresciuti. I nostri figli sono diventati grandi e siamo ancora sul palco a raccontare stupidaggini».

Sono gli stessi amici di «Ridi’n Garage»?

«Sì, il gruppo è quello. Ho sempre adorato i cast fissi. Quando si lavora divertendosi questo clima riesce ad arrivare anche agli spettatori».

«Amici miei» è un cult del cinema italiano. Vuole portare quel tipo di comicità in televisione?

«Oggi si mischia un po’ tutto: o ci sono grandi produzioni – e allora si può pensare di fare un primo passaggio al cinema –, altrimenti la dimensione della serie tv è più interessante. Da una parte scrivere per la televisione è più divertente, perché si ha più tempo per sviluppare i personaggi, dall’altra c’è un business più importante: le piattaforme investono tanto perché c’è parecchia richiesta».

È più facile far ridere su un palcoscenico, in radio o in tv?

«In realtà non è difficile fare ridere. Oggi il problema più grosso è non offendere alcune persone per farne ridere altre. Non si sa più dove andare, quali sono i limiti: da sempre la comicità si fonda sulle metafore, sulle iperboli e sull’assurdo; si prende la realtà e la si tratta da un altro punto di vista. Adesso però c’è sempre qualcuno che non capisce o che se la prende. E guarda caso non sono quasi mai i diretti interessati».

E allora come si riesce a far ridere in un’epoca in cui il «politicamente corretto» sembra aver zittito la satira?

«Ci sono due strade: quella della rottura e quella della neutralità. Chi decide di “rompere” lo fa senza rispettare i limiti che vengono imposti. È un po’ il lavoro che sta facendo la “stand up comedy” italiana, che prende ispirazione dal modello americano e inglese dove, oltre a utilizzare un linguaggio colorito, si trattano temi vissuti in prima persona. Ma si può anche scegliere una via più neutra, adatta a tutti, inoffensiva. Il nostro è un problema culturale: per gli anglosassoni la comicità è sempre destabilizzante: loro esorcizzano, noi cerchiamo una soluzione rassicurante per tutto. Sono due modi molto diversi di concepire la comicità».

Tra qualche settimana consegneremo agli annali la Capitale della Cultura. Bergamo, secondo lei è stata all’altezza?

«In questi anni la città è cresciuta molto ed è bello che venga scoperta. L’unione di due città, Bergamo e Brescia, che hanno una rivalità storica importante, è già di per sé la dimostrazione di cosa significa fare cultura. E in un periodo come questo, in cui tanti conflitti sembrano non finire mai, è senz’altro un ottimo messaggio».

Le sarebbe piaciuto contribuire di più all’anno della Capitale?

«Mi sarebbe piaciuto, per esempio, che venisse riconosciuto il progetto “Ridi ‘n Garage”, da 15 anni una costante comica in città. Ma siamo noi a non esserci proposti, non è colpa delle istituzioni. In fondo anche la comicità è cultura, perché dietro ad ogni battuta c’è un’analisi della società».

Leggi anche l’intervista a Stefano CIpani su «L’Eco di Bergamo» in edizione cartacea e cartacea online o sul sito de «Il Giornale di Brescia».

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