Ucraina, il pullman della «Vittoria» di Brembate porta in salvo una bimba malata

Il viaggio Il mezzo dell’azienda che produce pneumatici per biciclette ha consegnato a Leopoli 25 tonnellate di aiuti e portato in Italia due famiglie ucraine.

Non passava inosservato quel pullman speciale tra i 66 automezzi (pulmini e camper) nella fila lunga un chilometro della carovana della pace «Stop the war» (fermate la guerra), promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Partita da Gorizia venerdì sera scorsa, ha raggiunto Leopoli dove ha portato 30 tonnellate di aiuti, facendo rientro in Italia con oltre 200 ucraini a bordo, soprattutto mamme e bambini in situazione di particolare fragilità fisica. Tra le 142 organizzazioni rappresentate nella carovana , anche «Vittoria», l’azienda di Brembate che dal 1956 produce pneumatici per biciclette, appunto con il suo pullman speciale utilizzato nel servizio corse per il centinaio di eventi ciclistici ai quali partecipa ogni anno in Europa.

Un grande equipaggio

L’idea di un’iniziativa a sostegno del popolo ucraino vittima dell’invasione russa è nata da Stijn Vriends, presidente e amministratore delegato del gruppo. La macchina organizzativa del complesso viaggio è stata Diega Tosatto, che cura il marketing aziendale. Ha fatto parte dell’equipaggio partito da Brembate e diretto a Leopoli, tutte persone con un’umanità speciale ma anche dotate di prudenza e serietà, qualità necessarie per entrare in territorio di guerra: l’autista Daniele Callegarin del servizio corse di Vittoria, l’autista Francesco Villa, che in passato ha lavorato con l’azienda e poi con corridori del calibro di Gianni Bugno e di Paolo Bettini, Marina Tsyganok, ucraina sposata con un italiano e residente nel Milanese, e Andrea Caschetto, ambasciatore del sorriso che porta momenti di allegria nei tristi orfanotrofi del mondo povero.

Sul pullman 339 scatoloni di aiuti umanitari, per un totale di 25 tonnellate tra cibo a lunga conservazione per adulti e bambini, medicinali, pannolini e prodotti per l’igiene intima

Il bus era carico di 339 scatoloni di aiuti umanitari, per un totale di 25 tonnellate tra cibo a lunga conservazione per adulti e bambini, medicinali, pannolini e prodotti per l’igiene intima. La parte più consistente è stata messa a disposizione dal consolato ucraino a Milano. Trenta scatole di farmaci sono stati invece donati da Elena Novikova, ciclista ucraina che ha mietuto tanti successi nella sua carriera, tra i quali il record mondiale indoor di distanza percorsa in 24 ore, nel 2017, e l’anno dopo la Ironbike, considerata la gara a tappe di mountain bike più dura del mondo. Altre scatole sono state invece donate da famiglie di Montebelluna che ospitano una famiglia ucraina e fanno parte di quell’Italia che non è rimasta a guardare o a discutere di fronte al conflitto ma ha aperto le porte di casa ai profughi. Clienti di «Vittoria» hanno invece fatto donazioni in denaro e l’azienda destinerà il 20% del ricavato di ogni prodotto venduto on-line agli aiuti per l’Ucraina.

Durante i 1.600 chilometri di viaggio percorso a tappe, compresa Montebelluna, sono le parole di Marina Tsyganok a introdurci nelle preoccupazioni e nel dolore che vivono anche gli ucraini residenti in Italia: lei ha i genitori residenti nella periferia bombardata di Kiev ed è in costante contatto per assicurarsi che stiano bene. La guerra è una somma di sofferenze che cambiano drammaticamente la vita delle vittime. All’arrivo a Leopoli vengono scaricati gli aiuti umanitari, una parte in un magazzino. Sono destinati alla città che accoglie 200mila sfollati. Il resto direttamente su un camion in partenza per Kiev. Ma al rientro in Italia il pullman si riempirà di due famiglie. La prima accolta in stazione, punto di approdo di migliaia di mamme con bambini: qui volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII e di altre organizzazioni incontrano le famiglie in arrivo e organizzano il viaggio in Italia, verso chi ha dato disponibilità ad accogliere profughi. È proprio in stazione che avviene un fatto straziante: una famiglia ucraina numerosa e ancora senza destinazione sale sul pullman della Vittoria sperando di poter raggiungere il nostro Paese. I volontari dopo un’ora d’attesa convincono i fuggiaschi a scendere: non è quella la famiglia attesa, che invece arriva subito dopo. È composta dalla mamma Tatiyana, da due figli di 6 e 2 anni e dalla nonna Alexandra. Scappano da un sobborgo di Leopoli perché gira voce che l’esercito russo voglia estendere l’offensiva. Sono stati ospitati da parenti a Cassano d’Adda. Dall’ospedale invece viene accolta la neonata Hrystyna, di 8 mesi, con la mamma Maryna, di 31 anni. Arrivano dalla regione di Kiev. La piccola è stata partorita prematura alla 26ª settimana, pesava 900 grammi, il gemellino era morto. Lei è affetta da idrocefalite ostruttiva.

Priorità ai feriti di guerra

«È stata operata nell’ospedale pediatrico Okhmadyt (significa madre del bambino, ndr) della capitale - racconta la madre - e da gennaio dopo il subentro di un’infezione siamo state ricoverate per tre mesi. Hrystyna ha quindi subito un secondo intervento il 26 febbraio, due giorni dopo l’esplosione della guerra. Abbiamo trascorso 12 giorni nel bunker, dormendo sui materassi. Per lavarmi dovevo uscire e attraversare la strada, mentre i russi bombardavano. Abbiamo dovuto lasciare l’ospedale perché l’attività è stata destinata ai soli interventi urgenti per il conflitto. Con grande dolore ho salutato mio marito e i miei parenti e abbiamo raggiunto Leopoli in treno. Ma anche qui la priorità va ai feriti di guerra. Hrystyna deve essere sottoposta a fisioterapia: la decisione di espatriare mi spezza il cuore ma è necessaria. Restituiremo l’aiuto ricevuto». La mamma e la neonata sono state ospitate da una famiglia di Cittadella, le cure proseguiranno negli ospedali di Padova o di Treviso. Questa è una Vittoria.

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