A 36 anni la diagnosi: sclerosi multipla. «Le cure migliori? Sport e volontariato»

LA STORIA. Antonio Murelli: «I primi formicolii, poi la conferma della malattia. Aiutare Aism è fonte d’ispirazione».

«Lo sport e il volontariato mi hanno colorato la vita, sono la mia cura migliore». Antonio Murelli, 36 anni, ha avuto la diagnosi di sclerosi multipla (sm) nel 2019: «In un primo tempo mi ha tolto molte cose, come l’autostima, il controllo del mio tempo, alcune relazioni. Poi, però ho, trovato un nuovo senso e una prospettiva diversa». Oggi è consigliere dell’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla) di Bergamo ed è impegnato nella sensibilizzazione nelle scuole: «Ho incontrato 6 mila studenti degli istituti superiori negli ultimi due anni».

Sempre nel 2019, poco prima di scoprire la malattia, ha iniziato ad appassionarsi agli allenamenti di «Chalistenics», una disciplina popolare tra i giovani, «l’arte di usare il proprio peso corporeo come resistenza per allenarsi e sviluppare il fisico». Il termine unisce bellezza (dalla parola greca kàllos) e forza (sthénos), che si traducono nell’armonia degli esercizi eseguiti a corpo libero, alla sbarra e alle parallele, e negli effetti benefici su corpo e salute. «L’esercizio - sottolinea Antonio - contribuisce a migliorare l’equilibrio e le mie condizioni fisiche. Mi permette di controllare meglio la fatica fisica e mentale, uno dei sintomi invisibili della sclerosi multipla, e di compensare l’imprevedibilità che questa malattia porta nella vita».

Grazie all’iniziativa di Antonio il Chalistenics è diventato anche un veicolo di sensibilizzazione e di raccolta fondi per la ricerca contro la sm attraverso l’incontro con l’influencer bergamasco Cristiano Belotti, atleta e trainer: «Lo seguivo da tempo - racconta Antonio - e ho provato a contattarlo per chiedergli aiuto per l’Aism». Il risultato ha superato le aspettative: «Nello scorso ottobre abbiamo fatto un superset insieme, diffondendolo attraverso i social. Negli esercizi alla sbarra abbiamo usato le mele dell’Aism come zavorre, e Cristiano ha postato il filmato nel suo account Instagram, che ha quasi 26 mila follower».

L’esempio vincente

Altri atleti hanno seguito l’esempio: «L’appello a sostenere l’Aism si è diffuso - sottolinea Antonio - e ci ha aiutato a raggiungere tanti giovani». Anche Antonio a volte partecipa alle gare di Chalistenics: «Nelle competizioni indosso la maglietta dell’Aism - spiega - e così porto in campo una malattia normalmente associata alla disabilità, per mostrare che sclerosi multipla non significa sedia a rotelle, ma voglia di normalità. Siamo circa 140 mila in Italia, non vogliamo essere migliori degli altri, ma essere trattati allo stesso modo, senza discriminazioni. La ricerca ci permette oggi una vita migliore rispetto al passato. Le persone con disabilità gravi causate dalla sm sono diminuite. Purtroppo però c’è ancora chi ritiene che si tratti di una patologia contagiosa, oppure che si possa trasmettere geneticamente».

Antonio non ha riconosciuto subito i segni della malattia: «A volte soffrivo di formicolii, bruciori o di intorpidimento agli arti, ma dopo pochi giorni mi passava, perciò non ci facevo troppo caso. Non credevo che potesse trattarsi di qualcosa di grave».

A settembre 2019 la situazione è peggiorata: «Erano ripresi i soliti formicolii, e come sempre non gli avevo dato peso. Poi una sera, mentre stavo guidando, ho iniziato a vederci doppio: una sensazione stranissima. Ero vicinissimo a casa e sono riuscito ad arrivarci comunque. Mi sono preoccupato, ma poi mi sono convinto che bastasse una bella dormita per risolvere tutto. Nei giorni precedenti, infatti, avevo affrontato una situazione difficile, perdendo parecchie ore di sonno, e comunque l’idea di rivolgermi al Pronto Soccorso mi intimoriva. Al risveglio però, mentre ero al telefono con un amico e gli stavo spiegando la situazione mi sono accorto di non riuscire più neppure ad articolare bene le parole».

A quel punto ha deciso di prenotare una visita neurologica: «Mi hanno dato appuntamento un paio di giorni dopo. Prima di andare, ovviamente, ho fatto una ricerca su internet, e mi sono imbattuto nel sito dell’Aism. Ho letto la pagina in cui vengono illustrate le caratteristiche della malattia e mi sono spaventato scoprendo che corrispondevano alla mia situazione. Ancor di più quando la neurologa visitandomi ha confermato i miei sospetti, prescrivendomi una risonanza magnetica d’urgenza».

Quando l’esito dell’esame ha confermato la presenza di questa «patologia infiammatoria del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla perdita di mielina, la definizione che avevo trovato su internet», Antonio si è rivolto al Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: «A quel punto erano trascorsi dieci giorni dalla “crisi” e stavo meglio, questo mi aveva tranquillizzato. Quando poi la neurologa mi ha visitato mi ha fatto una lavata di capo che non dimenticherò mai: mi ha detto che le sembrava impossibile che riuscissi a stare in piedi con quelle lesioni. Gli esami, infatti, mostravano che la malattia era presente da parecchio, e trascurando i sintomi avevo perso tempo prezioso per le terapie. Così è iniziato il mio percorso con la sm».

Ci sono stati altri esami e poi un percorso terapeutico: «Grazie alla ricerca oggi ci sono diversi farmaci. Ne ho assunto uno per 16 mesi, poi purtroppo si è presentata una controindicazione che rendeva pericoloso proseguire. Nel frattempo era scoppiata la pandemia, era quindi altrettanto rischioso cambiare proprio in quel periodo, scegliendo una strada che avrebbe comportato un abbassamento delle difese immunitarie».

Così Antonio ha attraversato un momento difficile: «Non riuscivo a gestire l’attesa, la paura del futuro, l’imprevedibilità che la sm pone sulle spalle di chi ne soffre e delle persone che ha vicino. All’ospedale continuavano a dirmi che sarei riuscito ad avere una vita normale, ma io non ne ero convinto. Ho iniziato a leggere le storie dei giovani dell’associazione Aism: sono diventati per me una grandissima fonte di ispirazione». Non era il periodo ideale per mettersi in contatto con la sezione Aism di Bergamo, che aveva ridotto al minimo gli incontri in presenza per salvaguardare la salute dei soci, poi però, man mano che il covid allentava la morsa, le attività sono riprese: «Sono andato a visitare un banchetto dell’associazione in città, ottenendo alcune preziose indicazioni. Ho deciso poi di andare al convegno nazionale dei “Giovani oltre la sclerosi multipla” e con grande emozione ho incontrato dal vivo le persone di cui avevo letto le storie sul web. Ad accogliermi nell’associazione è stato il presidente nazionale Francesco Vacca, che mi ha invitato a pranzare accanto a lui e a raccontare la mia storia. Mi sono sentito parte di una famiglia allargata. Anche per questo penso sia davvero essenziale per chiunque riceva la diagnosi mettersi subito in contatto con l’Aism».

Antonio ha deciso così di condividere l’impegno per migliorare la conoscenza della sm, smantellare i pregiudizi, sostenere la ricerca: «Ho sentito il desiderio di dedicarmi ad azioni di divulgazione rivolte alle generazioni più vicine a questa malattia, gli studenti delle scuole superiori. Se io ho ritardato la diagnosi di 10 anni, non voglio che questo accada ad altri. Per questo ho seguito un corso di formazione e nel 2022 ho avviato le attività con le classi, con altri volontari Aism. Ogni anno incontro in media tremila studenti, e ho capito che toccando i tasti giusti è possibile sollecitare la loro sensibilità e indurli a cambiare punto di vista. Alcuni in seguito sono andati dal medico e hanno riconosciuto i sintomi della sm proprio grazie alle informazioni che gli sono state fornite, ma non è l’unico obiettivo: parliamo anche di disabilità, pregiudizi, luoghi comuni, e di come queste cose possano creare ferite e disuguaglianze nella società. Lavorare per l’inclusione vuol dire aiutare la gente a capire che le persone con fragilità possono essere una risorsa, anziché un peso, e come questo migliora la vita di tutti».

Antonio ha contribuito all’elaborazione di alcuni importanti strumenti di sensibilizzazione come la «carta dei diritti delle persone con sclerosi multipla e patologie correlate, loro familiari e caregiver», alla quale hanno collaborato molte persone con sm in tutta Italia: «Contiene obiettivi come salute, inclusione, lavoro, informazione, partecipazione attiva. Sono cose difficili da raggiungere per una persona con disabilità, ma una volta realizzati sono disponibili per tutti. Ho imparato strada facendo che il modo migliore per difendere un diritto è proteggere quelli altrui, perché così si innesca un circolo virtuoso». La carta è pubblicata nel sito di Aism (www.aism.it) e si può firmare per aderire e sostenerla.

Ogni giornata è diversa

La vita con sm non è sempre in discesa: «Ogni giornata è diversa, ed è difficile prevedere come andrà. A volte è come se avessimo in dote batterie usurate che si consumano troppo velocemente e non si ricaricano mai del tutto. Ho imparato a convivere con questa condizione, a gestire i miei tempi. Lo sport per me oltre che una passione è anche una cartina di tornasole: finché miglioro e mi sento bene la sm resta nell’angolo».

L’Aism per Antonio è come un’ancora: «Nell’Associazione ho incontrato persone con disabilità disarmanti che nonostante tutto riescono a godersi la vita, hanno trovato un senso al loro percorso. Hanno elaborato strategie per andare avanti, senza soffrire di una condizione di disagio e svantaggio sociale, perché sono circondati da persone capaci di eliminare le barriere che hanno intorno, sia fisiche sia mentali. Grazie a loro ho ottenuto più di ciò che ho perso con la sm. Fanno parte della mia cura, perché non mi lasciano mai solo, e insieme possiamo donare speranza anche ad altri».

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