Alice alla radio, la voce della gentilezza: «Guardare il mondo con occhi nuovi»

LA STORIA. La 37enne di Ghisalba parla dalle frequenze di Aidel 22, emittente dedicata a una sindrome genetica.

C’è anche la voce «rara» di Alice Colombo, 37 anni, di Ghisalba sulle frequenze di radio «Aidel 22», gestita da una squadra affiatata di giovani dell’associazione nazionale che riunisce persone con la «microdelezione del cromosoma 22».

È una voce che vibra d’emozione, dolce, lieve ma determinata, come un sussurro che si fa strada nel cuore di chi sa ascoltare, per parlare di coraggio e tenacia, esprimere gioia e voglia di vivere. Alice è una donna dal sorriso luminoso, e nei suoi occhi si legge l’esperienza del dolore e la speranza per il futuro.

Convive da sempre con una malattia genetica rara: la microdelezione del cromosoma 22, che in Italia colpisce in media una persona ogni quattromila (info su https://aidel22.it). Un nome che suona «tecnico» e difficile, ma dietro il quale si cela una storia di forza e amore per la vita.

Dare un nome

Non è stato facile, all’inizio, dare un nome a ciò che la rendeva diversa. Quando era bambina, nessuno sapeva che cosa avesse. C’era una serie di sintomi non specifici, sì, ma nessuna diagnosi. Aveva una voce un po’ nasale, dolori diffusi, una bocca più piccola, un corpo, insomma, che sembrava non volerle mai davvero bene. Solo più tardi, da adulta, dopo qualche momento di smarrimento e lunghi percorsi clinici, è finalmente riuscita ad avere una risposta: c’era, nel suo codice genetico, una microdelezione, cioè un piccolo pezzo mancante, nel cromosoma 22. Una mancanza che ha costretto Alice a iniziare la sua vita in salita, ma ha fatto anche nascere in lei qualcosa di molto più grande.

All’inizio non è stato facile per lei sentirsi sempre, in qualche modo, «diversa»: «Mi inseguiva un senso di inadeguatezza – racconta con onestà –. Mi sentivo inferiore, inadatta, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me». Crescere senza sapere esattamente perché si è diversi può scavare nel cuore solchi profondi.

A scuola

Nel periodo della scuola primaria e secondaria di primo grado aveva difficoltà a scuola, soprattutto a causa dei suoi problemi di salute, ma non le è stato assegnato alcun insegnante di sostegno. A volte le sembrava che la sua fatica fosse mal interpretata: «Non sempre mi sentivo ascoltata, e questo mi ha ferita. Poi però sono riuscita comunque a trovare un metodo di studio e superare gli ostacoli, perché se mi metto in testa che posso fare qualcosa, nessuno può dirmi il contrario». Una frase che esprime quanta forza Alice abbia dentro di sé, come una luce che non si esaurisce mai.

Nonostante le fatiche, Alice ha concluso un percorso di formazione professionale, specializzandosi nella computer-grafica. «Affrontare i cambiamenti era molto impegnativo, ogni volta che passavo al ciclo scolastico successivo dovevo ambientarmi con istituti insegnanti, materie, compagni nuovi, e non era semplice ogni volta ricominciare da capo, sottopormi agli sguardi e ai giudizi di persone che non conoscevo. Ma è stato un allenamento utile per la vita».

Il lutto e la ripartenza

Un momento che l’ha segnata profondamente è stata la perdita della nonna Assunta, un punto di riferimento importantissimo per lei, una persona che la sosteneva senza condizioni con il suo affetto, alla quale poteva rivolgersi per ascolto e consigli in qualsiasi situazione: «Per me era come una seconda madre. Quando è mancata mi sono sentita così sola e smarrita che ho perso la voglia di vivere». Quel lutto ha aperto in lei una voragine, il dolore era talmente profondo che ha rischiato di inghiottirla. Ha dovuto seguire un lungo percorso di cura, e affrontare un periodo di ricovero in un ospedale psichiatrico a Parma, lontana dalla sua famiglia, dai suoi amici, da tutto ciò che le era familiare: «È stato un momento durissimo, ho dovuto mettermi completamente in discussione e ritrovarmi, a partire dal profondo dell’anima. Ma grazie a questo processo, molto positivo, pian piano, sono rinata».

Un dialogo con sé stessa

Nel silenzio della stanza d’ospedale, distante dai suoi affetti, Alice ha avviato un dialogo nuovo con sé stessa. Lì ha trovato la forza di guardarsi con più dolcezza, ha imparato a conoscersi, a riconoscersi allo specchio e ad accettarsi così com’era. Ha iniziato ad accogliere non solo la sua malattia, ma anche limiti e fragilità. Ha scoperto che qualcuno dei suoi «difetti» poteva anche trasformarsi in punto di forza: «Oggi non dico di amarmi al cento per cento, ma la situazione è molto migliorata. Ho raggiunto tanti traguardi, non è poco. Sono fiera di questo cammino».

L’arte è stata uno dei suoi punti fermi: le ha offerto ispirazione e prospettive nuove sulla realtà. Il pianoforte, il disegno, la scrittura le hanno dato slancio, sostegno e strade creative per esprimersi. «Quando suono, mi sento leggera, come se diventassi un’altra persona. Riesco a dire attraverso la musica cose che non so spiegare a parole».

L’impegno alla radio

E poi è arrivata Radio Aidel 22, un progetto nato in collaborazione con altri ragazzi dell’associazione Aidel22 (Associazione italiana delezione cromosoma 22). Una radio online, che offre il punto di vista di persone che convivono con una malattia rara, per dare voce a chi spesso non viene ascoltato. «Parlare al microfono – racconta Alice – all’inizio era una sfida. Mi sentivo un po’ a disagio, ho dovuto farmi molto coraggio per riuscire a superare le mie riserve. Ho frequentato tanti corsi, e ogni volta che l’associazione propone momenti formativi ne approfitto, perché penso di avere ancora tanto da imparare. Sono molto felice di essere riuscita a partecipare, perché è diventata per me un’opportunità per raccontare storie che mi stanno a cuore e per esserci. Anche se non mi si vede, la mia voce arriva. E questa voce col tempo ha imparato a non tremare».

«Non mi sono più sentita sola e diversa, ho trovato tante persone uniche e speciali con cui scambiare esperienze»

Radio Aidel 22 è un’esperienza unica, un laboratorio di sogni per i giovani che partecipano e per chi l’ascolta. Alice grazie a questo progetto dell’associazione ha iniziato a partecipare a eventi, festival, a viaggiare in giro per l’Italia. Ha avuto l’opportunità di raccontare la sua storia a platee più ampie dei suoi familiari e amici, durante convegni e assemblee. «All’inizio mi sentivo a disagio, non ci volevo andare, non mi sembrava di avere niente di speciale da dire. Ma mi hanno scelta, e allora ho capito di avere qualcosa di importante da dire, che avrebbe potuto aiutare altre persone sofferenti di malattie rare come me: è stato bellissimo». A volte, comunque, anche i sogni devono fare i conti con la realtà quotidiana, con tutti i suoi problemi: «Non è facile, per esempio, trovare un’occupazione stabile per chi ha una malattia rara. Bisogna affrontare molti pregiudizi. Ho avuto diverse esperienze negli anni, alcune sono state molto positive, altre meno». Alice parla spesso al plurale: dice «noi», intendendo le persone con malattie rare, come se si sentisse parte di una comunità invisibile, ma concreta, che lotta ogni giorno per essere riconosciuta: «L’incontro con l’associazione Aidel è stato importantissimo, mi ha cambiato la vita. Non mi sono più sentita sola e diversa, ho trovato tante persone uniche e speciali con cui scambiare esperienze, ho stretto nuove amicizie, e questo mi ha spinto a guardare il presente e il futuro con occhi nuovi. È stato un passo fondamentale verso la mia rinascita».

In questa lotta, Alice ha trovato un obiettivo, una missione: essere un ponte, una voce, un punto di riferimento capace di offrire consigli ed esperienze utili anche per gli altri. «Vorrei che la mia storia aiutasse a capire che ogni persona ha un valore, che ogni vita merita rispetto. Noi che conviviamo con una malattia rara siamo unici. Ognuno di noi ha la sua particolarità. E nessuno dovrebbe mai essere giudicato solo in base all’apparenza».

La famiglia e gli amici

La sua famiglia è stata fondamentale per trovare forza e serenità ogni volta che ne ha avuto bisogno. «Mia mamma Marilena è la mia roccia – spiega –. So che posso contare anche su mio papà Aristide e sui miei fratelli Ileana e Daniele, anche se a volte, come in ogni famiglia, capita di vedere le cose in modo diverso. Ho stretto amicizie vere e importanti con persone sparse un po’ ovunque, che sento comunque sempre vicine. Sono sempre presenti soprattutto i miei amici più cari: Antonella, Gio, Lara, Lucia, Elena e Mina». Anche se non guida e ha difficoltà a spostarsi da sola, Alice non rinuncia a partecipare agli incontri che le interessano, da quelli dell’associazione fino alle attività sportive, così importanti per mantenere una buona condizione fisica.

C’è un messaggio che le sta particolarmente a cuore: l’apertura alla diversità, l’inclusione, il rispetto profondo per ogni storia individuale: «Nella società di oggi tutti credono di avere la verità in tasca, basta leggere ogni tanto i commenti sui social network. Mi sembra importante, invece, avere un atteggiamento accogliente verso gli altri, privo di pregiudizi. Non sappiamo che cosa c’è dietro un gesto, un volto, una scelta. Una malattia, una ferita, un passato difficile, possono condizionare molto il comportamento di una persona. Bisognerebbe imparare a osservare il prossimo con occhi nuovi, sensibili, curiosi».

Oggi, Alice guarda avanti e custodisce nel cuore tanti progetti. Vorrebbe che la sua testimonianza arrivasse a più persone possibili, soprattutto ai giovani, a chi si sente escluso o incompreso. E sogna un mondo in cui la gentilezza non sia un’eccezione, ma una regola: «Anche chi è fragile può insegnare molto. E a volte, siamo proprio noi, quelli che la società definisce “deboli”, a possedere una marcia in più».

C’è una frase che Alice ripete spesso, come un mantra: «Siamo unici. E abbiamo un grande cuore». La sua voce non è solo «rara», ma contiene una nota speciale, che invita ad amare la vita, a custodire tenacia e coraggio: «Sono gli ingredienti che ci servono, nel nostro piccolo, per cambiare le cose, sperando in un mondo e in un futuro migliore, anche per le persone “rare” come noi».

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