«Così affronto la sclerosi multipla con uno sguardo sereno sulla vita»

La storia. I primi segnali per Egidio De Nunzio sono a 26 anni. «È una malattia invisibile e insidiosa, ma si può convivere».

La diagnosi di una patologia come la sclerosi multipla (sm) è spesso accompagnata da paura e smarrimento: «Anch’io - racconta Egidio De Nunzio, 53 anni, di Ciserano - prima di scoprire di esserne affetto non ne avevo mai sentito parlare». Una notizia del genere scoppia come una bomba nella vita di una persona, crea sempre una frattura tra «prima» e «dopo». La reazione, però, è molto personale ed Egidio - per carattere - ha scelto la spensieratezza. Lo ha fatto in modo non banale, ma consapevole, come scrive Italo Calvino: «Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore».

Ha lasciato cadere un velo di silenzio sulla sua condizione, e l’ha mantenuto per tanti anni perché non voleva affrontare i pregiudizi e gli sguardi di compatimento di amici e conoscenti: «Non voglio - spiega - che gli altri vedano in me soltanto la malattia». Una condizione invisibile, ancora poco conosciuta, spesso travisata. Ora, però, a 27 anni dalla prima «crisi» che gli ha fatto scoprire la sm, ha sentito il desiderio di parlarne, di raccontare, per dare speranza e conforto ad altre persone: «Con la sclerosi multipla si può convivere - osserva - e avere una vita quasi normale».

Le avvisaglie

La sm è una patologia infiammatoria del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla perdita di mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose della sostanza bianca) in più aree (da cui il nome «multipla»). Può presentarsi in forme più o meno aggressive. I primi sintomi si sono manifestati nel 1994, quando Egidio aveva 26 anni: «Avevo giramenti di testa e nausea - racconta - ma per combinazione quei sintomi erano simili a quelli dell’influenza diffusa in quel periodo, e il dottore mi ha curato per questi. Solo ripensandoci, a distanza di tempo, mi sono reso conto che si era trattato di un primo avviso». Dopo quindici giorni, infatti, aveva avuto una ricaduta, con sintomi ancora più violenti: «Sono tornato dal medico, che mi ha curato con farmaci antiemetici. Era dicembre, a gennaio mi sono ritrovato ancora con gli stessi sintomi, perciò mi sono rivolto al pronto soccorso dell’ospedale San Marco di Zingonia, dove gli accurati controlli allo stomaco, all’addome, al torace e le analisi del sangue non hanno dato alcun esito. Mi hanno somministrato un calmante, sono tornato a casa e ho dormito per due giorni».

Le ricadute sono proseguite e i sintomi si sono aggravati: «Alla fine di gennaio oltre a giramenti di testa e nausea avevo anche problemi di equilibrio. A dire la verità non me ne accorgevo, me lo dicevano le persone vicine. Così sono tornato al pronto soccorso, questa volta a Treviglio». Egidio aveva ancora sulle braccia i segni degli ultimi prelievi: «I medici vedendoli hanno pensato che avessi assunto stupefacenti, ma non era così. Ho chiarito che si trattava dei residui lasciati dalle analisi. Alla fine hanno deciso di ricoverarmi. Hanno escluso che potesse trattarsi di labirintite, un’infiammazione dell’orecchio che provoca problemi di equilibrio. Hanno sottoposto quindi il mio caso a un neurologo che lavorava anche all’istituto Besta di Milano. Dopo avermi visitato con attenzione mi ha suggerito di rivolgermi proprio a quella struttura per altri accertamenti».

La diagnosi

Egidio quindi si è trasferito al Besta di Milano, dove è tuttora in cura, ed è stato ricoverato per un mese: «È arrivata la diagnosi, ma i medici non ne hanno parlato con me direttamente. Ne erano al corrente la mia fidanzata Patrizia e il resto della famiglia, ma io in quel momento no, anche se temevo che potesse trattarsi di qualcosa di grave. Mentre ero lì ho avuto dei problemi di mobilità. Una mattina, facendo colazione, mi sono accorto di non riuscire a controllare con precisione i movimenti di un braccio: nel tentativo di portare la tazza alla bocca mi sono rovesciato il latte addosso. È stata la prima crisi seria provocata dalla malattia».

«Una mattina, facendo colazione, mi sono accorto di non riuscire a controllare con precisione i movimenti di un braccio: nel tentativo di portare la tazza alla bocca mi sono rovesciato il latte addosso. È stata la prima crisi seria provocata dalla malattia».

Lui però lo ha saputo soltanto in seguito: «Patrizia me lo ha detto con calma dopo le dimissioni dall’ospedale, mentre ci trovavamo in vacanza. Non sapevo neanche di che cosa stesse parlando, non ero contento, ovviamente, ma ho deciso fin dall’inizio di non dare un peso eccessivo alla malattia: non volevo che si portasse via una parte troppo grossa della mia vita. Sapevo che potevo andare incontro a problemi anche gravi, ho cercato informazioni, ho letto diversi articoli sull’argomento, ma ho preferito andare avanti comunque come sempre, ho pensato che fosse meglio rimandare le preoccupazioni più in là, per non farmi bloccare dalla paura». Come dice un proverbio cinese «che gli uccelli dell’ansia e della preoccupazione volino sulla tua testa non puoi impedirlo; ma puoi evitare che vi costruiscano un nido».

«Se mi sentirò di nuovo male - commenta Egidio -, se arriverà un’altra crisi cercherò di affrontarla nel modo migliore possibile. Sono stato fortunato: grazie alle terapie, i disturbi che si sono presentati sono sempre regrediti».

«Se mi sentirò di nuovo male - commenta Egidio -, se arriverà un’altra crisi cercherò di affrontarla nel modo migliore possibile. Sono stato fortunato: grazie alle terapie, i disturbi che si sono presentati sono sempre regrediti». All’inizio ha seguito una terapia immunosoppressiva: «Poi, per alcuni anni non ho assunto farmaci. Nel frattempo mi sono sposato con Patrizia e ho avuto una figlia, Giada, che oggi ha 26 anni. Ho proseguito i controlli al Besta: ogni sei mesi la visita neurologica, ogni anno la risonanza magnetica. In base all’esito i medici capiscono se la malattia è stabile oppure progredisce, se ci sono nuove lesioni, e quindi rimodulano la terapia. Fortunatamente pur cambiando diversi farmaci non ho mai avuto particolari effetti collaterali».

La strategia del silenzio ha permesso a Egidio di coltivare un po’ di serenità senza troppe interferenze: «Ci sono stati, comunque, periodi difficili. A un certo punto, purtroppo, ho litigato con mia moglie e me ne sono andato di casa. In quel momento ho incontrato l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla, www.aism.it) un luogo dove c’è la possibilità di confrontarsi con altre persone con la stessa malattia. Mi avevano suggerito di rivolgermi a loro per ottenere sostegno psicologico, alla fine non ne ho avuto bisogno ma ho comunque trovato un punto di riferimento prezioso. L’Aism svolge un’attività fondamentale per sostenere le persone con sm, ed è sempre presente accanto a loro in caso di necessità. Mi mantengo in contatto e offro sostegno anche se non riesco a partecipare spesso alle attività a causa dei miei impegni di lavoro».

Il lavoro

Quando Egidio si è ammalato lavorava come magazziniere, e dopo tanto tempo continua a svolgere la stessa mansione: «Ho informato i responsabili della ditta - spiega - ma non ho detto nulla ai miei colleghi. Anche in questo caso non volevo trovarmi in difficoltà, che qualcuno pensasse che non fossi in grado di svolgere i miei compiti. La ditta dove lavoro è a una decina di chilometri da casa mia, un tragitto di pochi minuti in auto. Inizio al mattino alle 6 e finisco la sera alle 19. In tutto questo tempo sono sempre riuscito a mantenere i miei ritmi abituali. Anche nei due anni della pandemia sono sempre stato al lavoro. Mi piace molto l’attività che svolgo, mi tiene impegnato. Ho il pallino dell’ordine, non vado a casa se non è tutto a posto. C osì il lavoro mi dà moltissima soddisfazione personale, mi occupa i pensieri, evitandomi di precipitare in una spirale negativa di ansia e angoscia».

A offrirgli coraggio, slancio e sempre nuovi motivi di resistenza sono stati gli affetti familiari: «Patrizia ha continuato a sostenermi anche dopo che ci siamo lasciati e in caso di necessità c’è sempre. Anche mia figlia mi ha sempre accompagnato con una presenza costante. Nessuno mi ha mai abbandonato. Ogni tanto ci penso, la malattia è ferma lì e purtroppo non se ne va. Dal ’95 però sono trascorsi tanti anni, ho potuto viaggiare e crescere mia figlia, coltivare i miei interessi». Nei giorni liberi fa lunghi giri in bicicletta: «Mi piace stare all’aria aperta, pedalare, sentire l’aria sul viso e ho alcuni amici che condividono questa passione».

Sua figlia Giada sta facendo il praticantato come avvocato e abita per conto suo, a pochi minuti di macchina dal padre: «Ho saputo di questa malattia quasi per caso quando avevo già 12 anni - racconta -. Stavamo guardando la televisione, hanno trasmesso un servizio che ne parlava. Stavo chiacchierando, ma i miei genitori mi hanno zittito perché volevano ascoltare. Questo mi ha incuriosito, mi sono chiesta perché, e ho fatto un po’ di domande per capire meglio. Vedendo che mio padre sta bene non mi sono mai preoccupata troppo. Ho deciso di dare retta a lui, evitando di fasciarmi la testa dato che per il momento non ce n’è motivo. Nel frattempo, quando mi è possibile, lo accompagno alle visite, per fargli un po’ di compagnia e dargli sostegno morale».

L’ingrediente vincente, in famiglia, è sempre stato il pensiero positivo: «Ho preferito - sottolinea Egidio - evitare di farmi condizionare da internet, di consultare in modo ossessivo le esperienze degli altri, perché ogni storia è a sé. La sclerosi multipla, malattia invisibile e insidiosa, colpisce ogni paziente in modo diverso»

L’ingrediente vincente, in famiglia, è sempre stato il pensiero positivo: «Ho preferito - sottolinea Egidio - evitare di farmi condizionare da internet, di consultare in modo ossessivo le esperienze degli altri, perché ogni storia è a sé. La sclerosi multipla, malattia invisibile e insidiosa, colpisce ogni paziente in modo diverso. Preferisco mantenere uno sguardo sereno sulla vita, un orizzonte aperto. Non voglio piangermi addosso e neppure lamentarmi di qualunque dolore o piccolo sintomo. Ho fatto di tutto per alleviare il carico di tensione per me e per le persone che ho vicino».

La presenza scomoda della sm ha cambiato la sua prospettiva sul mondo: «Ho imparato ad apprezzare il presente, a non correre troppo con la fantasia: meglio restare focalizzati sulla realtà. Vivo con pienezza, cercando di cogliere tutto il bene che ogni momento può offrirmi. Penso che un’esperienza come la mia possa dare coraggio ad altre persone: non è detto che una diagnosi infausta rappresenti una condanna e costringa a rinunciare ai propri obiettivi».

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