Dalle difficoltà nell’apprendimento agli studi in Psicologia, con tanta fiducia

Maria Schisano. I risultati non erano proporzionati all’impegno: il sostegno della famiglia, la diagnosi di dislessia.

«Guardate le stelle e non i vostri piedi» diceva Stephen Hawking: sollevare lo sguardo per guardare oltre i propri limiti e credere nei sogni aiuta a realizzarli. Maria Schisano, 22 anni, di Costa di Mezzate, da piccola era un «brutto anatroccolo», uno di quei bambini «con disturbi di apprendimento» nei confronti dei quali si scatenano ancora tanti pregiudizi. Lei però è riuscita a ribaltare questo svantaggio e a «diventare un cigno» trasformando le debolezze in punti di forza e spendendo la sua energia a servizio degli altri. Sta per ottenere la laurea triennale in Psicologia, poi intraprenderà un corso magistrale. Nel frattempo è entrata nel gruppo giovani dell’Associazione italiana dislessia (Aid) di Bergamo per mettere la sua esperienza a servizio di altri ragazzi con le sue stesse difficoltà e ha assunto compiti di rappresentanza nel mondo studentesco.

La diagnosi a vent’anni

Nel caso di Maria la diagnosi di dislessia è arrivata a vent’anni, dopo tante incertezze e una buona dose di sofferenza. «Mia madre se n’era accorta subito, già dalla scuola primaria, ma a quel tempo avevo anche altre difficoltà che “mascheravano” il vero disturbo». Maria era una ragazzina timida e si esprimeva con fatica: «In prima media sono stata sottoposta ai test in un centro specialistico e ho avuto una diagnosi di disturbo aspecifico dell’apprendimento e di afasia dello sviluppo. Gli specialisti però ci hanno avvisato che avrei dovuto ripetere le analisi a distanza di tempo per riuscire a capire come si stesse evolvendo la situazione e quali fossero effettivamente le mie difficoltà. Negli anni sono stata in totale in quattro diversi studi».

Nel frattempo è toccato alla sua famiglia e in particolare alla madre offrirle il sostegno di cui aveva bisogno, affiancandola nei compiti e incoraggiandola, perché non perdesse fiducia in se stessa. Le è stato comunque possibile ottenere un piano didattico personalizzato e proseguire gli studi in modo «abbastanza sereno». Dopo la scuola secondaria di primo grado si è iscritta all’istituto Mamoli di Bergamo scegliendo l’indirizzo socio-sanitario: «È stata un’esperienza positiva e ricca. Mi sono messa in gioco frequentando attività facoltative pomeridiane e i professori lo hanno apprezzato».

Negli anni delle scuole secondarie di secondo grado Maria ha quindi scoperto il piacere di studiare ma anche la sfida di impegnarsi in incarichi di rappresentanza studentesca. Mentre lo racconta le si accende lo sguardo: «Mi impegnavo molto nello studio e ottenevo ottimi risultati. Così ho incominciato a credere in me stessa e a superare la timidezza. Sono riuscita anche a seguire con continuità dei corsi di danza. Era una passione che coltivavo fin da piccola, ma avevo dovuto sospendere le lezioni in terza elementare, perché non riuscivo a conciliarle con i compiti. Nonostante le consegne fossero semplici, infatti, impiegavo diverse ore per svolgerle. Questo mi faceva sentire diversa dai miei compagni, che erano più veloci di me, anche se non riuscivo a capire il motivo. Mia madre mi stava sempre accanto, ma io non riuscivo a concentrarmi e neppure a stare ferma, e spesso dovevamo proseguire anche dopo cena».

La danza, la maturità, l’Università

La danza per Maria ha avuto un ruolo importante, quasi terapeutico: «Ho imparato a salire sul palco e a esibirmi con naturalezza davanti al pubblico. L’allenamento e la disciplina mi hanno aiutato a migliorare la coordinazione dei movimenti. Ho seguito corsi di danza classica, moderna e stretch flow. Mi sono impegnata anche come insegnante seguendo gruppi di bambine, in quarta superiore ho partecipato ad alcune gare e dimostrazioni. Seguire tutte queste attività mi richiedeva un impegno di sei o sette ore alla settimana, ma nonostante questo riuscivo a gestire bene lo studio e i compiti, e questo ha migliorato molto la mia autostima».

Così una volta superato con successo l’esame di maturità, Maria ha deciso di proseguire gli studi scegliendo una facoltà universitaria, anche se era incerta sull’indirizzo da seguire: «Mi interessavano Scienze dell’educazione, Scienze della formazione e Psicologia. Ho partecipato a tutti e tre i test d’ammissione e all’inizio mi hanno preso soltanto a Scienze dell’educazione. Ero comunque soddisfatta, ma poi, a novembre, sono stata “ripescata” anche a Psicologia, perciò ho dovuto prendere velocemente una decisione: cambiare oppure proseguire nella strada che avevo intrapreso. Mi sono concessa una notte di tempo per pensarci. Ero consapevole che cambiando indirizzo avrei faticato di più, prima di tutto per recuperare i due mesi di svantaggio. Conoscevo i miei limiti e sospettavo di dover affrontare molti ostacoli. Nonostante questo ho deciso di buttarmi. Ho considerato il ripescaggio come un segno del destino, un treno che passava e che a quel punto non potevo perdere».

Ha iniziato il nuovo percorso con entusiasmo, anche se la strada era tutta in salita, non solo dal punto di vista didattico ma anche umano: «In quei primi due mesi, frequentando Scienze dell’educazione, avevo stretto nuove amicizie, ero entrata a far parte di un gruppo affiatato dal quale mi dispiaceva molto separarmi. Qualche mese dopo, però, sono riuscita ad ambientarmi anche nella nuova facoltà». Le prime prove, però, hanno segnato una brusca battuta d’arresto: «Nella sessione invernale, a gennaio 2020, non sono riuscita a passare gli esami. Ci sono rimasta male, perché mi ero impegnata molto, nonostante avessi iniziato con due mesi di ritardo. Subito dopo è scoppiata la pandemia, anche mio padre si è ammalato di Covid, e la sessione successiva, a marzo 2020, è stata molto complicata. Tutt’intorno a Bergamo in quel momento stava succedendo il finimondo. In condizioni molto difficili ho provato comunque a sostenere un esame ma anche questa volta l’esito è stato negativo. Ho continuato a studiare augurandomi un miglioramento nella sessione estiva, ma purtroppo ho riportato un nuovo insuccesso».

«Anche all’università gli studenti dislessici possono ottenere misure compensative e dispensative, come negli altri cicli scolastici. Esempi di misure compensative sono l’utilizzo della calcolatrice durante gli esami scritti, oppure la possibilità di convertire gli esami scritti in orali e viceversa»

Maria si è sentita depressa e demoralizzata, a un passo dal mollare tutto: «Volevo preparare un altro esame e darlo a settembre ma ho avuto un crollo emotivo. Mia madre, nel frattempo, vedendo cosa stava succedendo, ha chiamato un altro centro specializzato nella diagnosi della dislessia in età adulta. Avevamo entrambe la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava, perché i risultati che ottenevo non erano proporzionati all’impegno profuso, dato che ce la mettevo tutta».

Il piano personalizzato

Ad agosto del 2020 Maria ha iniziato un nuovo iter di test, che alla fine ha portato alla diagnosi di dislessia: «È stato molto importante per me, mi ha permesso di recuperare fiducia e di ottenere anche all’università un piano educativo personalizzato adatto alle mie esigenze. Grazie alla disponibilità dell’ateneo sono riuscita ad averlo in tempo per gli esami parziali di ottobre-novembre. A questo punto sono riuscita finalmente a passarli: un bel segnale, che mi ha restituito slancio e coraggio. Anche all’università gli studenti dislessici possono ottenere misure compensative e dispensative, come negli altri cicli scolastici. Esempi di misure compensative sono l’utilizzo della calcolatrice durante gli esami scritti, oppure la possibilità di convertire gli esami scritti in orali e viceversa, un’opportunità di cui approfitto spesso e che trovo molto utile. Viene poi offerta la possibilità di usare mappe concettuali negli esami scritti e orali, e di suddividere le prove in più parti, sempre rispettando il pdp. Nel caso fosse necessario si può ottenere del tempo in più (nel mio caso viene aumentato del 30 per cento) e l’uso del computer fornito dall’università per rispondere alle domande aperte».

«Nonostante il pdp ho dovuto lavorare duramente e riorganizzarmi. Ogni docente, inoltre ha le sue regole per applicare le misure compensative e questo richiede una particolare attenzione. Ora che sono passati due anni, però, il bilancio è positivo»

Non si tratta di una semplificazione, ma di strumenti che permettono agli studenti con disturbi di apprendimento di trovarsi nelle stesse condizioni di partenza degli altri: «Nonostante il pdp ho dovuto lavorare duramente e riorganizzarmi. Ogni docente, inoltre ha le sue regole per applicare le misure compensative e questo richiede una particolare attenzione. Ora che sono passati due anni, però, il bilancio è positivo».

Un esempio per gli altri

Nel frattempo ha iniziato nuovi percorsi: «Grazie a un’amica ho scoperto il gruppo giovani dell’Associazione italiana dislessia (Aid) di Bergamo. Mi hanno accolto con molta disponibilità e gentilezza e mi ha fatto molto piacere unirmi a loro. Abbiamo portato avanti due progetti: uno per spiegare ai ragazzi cosa significa essere dsa all’università, offrendo consigli pratici a chi deve intraprendere il percorso, e il progetto “My story” per offrire la nostra testimonianza a genitori, docenti, coetanei, nelle scuole superiori (info www.bergamo.aiditalia.org, [email protected]). È un’attività che può rendere la vita più semplice a molti studenti e ci tengo a proseguirla anche dopo la laurea, per aiutare altre persone. Dopo la laurea triennale, poi, vorrei iscrivermi al corso magistrale in Psicologia clinica, magari in un’altra città».

«Sono rappresentante del mio corso di Scienze psicologiche. È un lavoro impegnativo ma mi dà soddisfazione, e penso che qualifichi il mio percorso accademico. Mi spinge il desiderio di ottenere condizioni migliori per tutti gli studenti»

Maria ha conquistato una nuova consapevolezza della sua «diversità», ha imparato ad accettarla, e questo ha alimentato in lei il desiderio di assumere un ruolo più attivo nella comunità universitaria: «Sono rappresentante del mio corso di Scienze psicologiche. È un lavoro impegnativo ma mi dà soddisfazione, e penso che qualifichi il mio percorso accademico. Mi spinge il desiderio di ottenere condizioni migliori per tutti gli studenti. Purtroppo non ho la bacchetta magica, non sempre è facile trovare soluzioni concrete, ma sono felice e orgogliosa del mio compito. Faccio parte anche del gruppo cittadino dei Giovani democratici e della lista di rappresentanza in cui mi sono candidata, con cui organizzo eventi culturali in università. Mi piace cimentarmi in esperienze che mi aiutino a crescere, e quando guardo indietro sono orgogliosa del mio percorso».

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