Inseguire le lucciole e vedere le balene, oltre la malattia con la lista dei desideri

LA STORIA. Luisa Bruzzolo: bellezza e meraviglia, un filo cui aggrapparsi per affrontare e superare la sfida del cancro.

«Vorrei andare in campagna e inseguire le lucciole come quando ero piccola, portare mio figlio a vedere l’Himalaya, le giraffe e le balene, bere una birra con tutte le persone che ho amato per dire loro quanto siano importanti per me». Quando ha scoperto di avere un tumore al seno, nel 2017, Luisa Bruzzolo ha scritto la lista delle «venti cose da fare prima di morire». Esprimere desideri per lei è stato un modo per esorcizzare la paura e far affiorare ricordi ed emozioni in un momento difficile. Quella lista piena di bellezza e di meraviglia era come un filo a cui aggrapparsi, le ha dato la spinta per resistere, l’ha aiutata a capire che «il tesoro più prezioso che abbiamo è il tempo», perché in quel momento temeva di non averne più.

Luisa ha vissuto per tanti anni fra Bergamo e Treviglio, lavorando per la Fondazione Cesvi, organizzazione umanitaria italiana laica e indipendente, fondata in città nel 1985, e fa ancora parte del consiglio d’amministrazione. Dall’anno scorso è diventata direttrice generale di Lilt (Lega Italiana per la lotta contro i tumori) Milano Monza Brianza, qualche mese fa è stata premiata come «fundraiser» dell’anno, nella sua carriera ha raccolto oltre cento milioni: «Sono orgogliosa – spiega – di dirigere un’organizzazione la cui missione è la prevenzione oncologica, proprio ciò che mi ha salvato la vita, e l’assistenza ai malati».

A tu per tu con la malattia

La malattia si è affacciata nella sua vita nell’estate di sei anni fa: «Sono una che non va mai dal medico, che lavora anche con la febbre, ma non ho mai sgarrato sui controlli di prevenzione. Così all’ecografia del 2017 ho provato un brivido quando la dottoressa ha notato qualcosa che non andava e mi ha suggerito di approfondire. Non pensavo che potesse capitare a me, non c’erano altri casi nella mia famiglia. Sono andata allo Ieo (Istituto europeo di oncologia) per tutti gli approfondimenti necessari, e alla fine è arrivata la diagnosi: c’erano due noduli sospetti e, dopo l’ago aspirato, mi hanno confermato la diagnosi di carcinoma».

Poi i medici le hanno presentato il percorso di cura: «I noduli si trovavano in due quadranti diversi della mammella, perciò era necessario un intervento di mastectomia. Accettare quell’idea è stato difficile, perché non ero preparata e all’inizio avevo molta paura».

Luisa doveva iniziare un lavoro nuovo e importante di lì a pochi mesi, suo figlio Fiorenzo aveva solo sette anni. Si è sentita crollare il mondo addosso, ma non si è persa d’animo: «All’inizio, fino all’intervento, ho affrontato la situazione in modo molto aggressivo. Volevo rinchiudere l’esperienza del cancro dentro quei mesi d’estate, e poi lasciarmela subito alle spalle. Col tempo mi sono resa conto che non era possibile. Non ne parlavo con nessuno, perché non volevo che i miei rapporti sociali fossero condizionati da questo. Mi sono confidata solo con mio marito e ho cercato di gestire tutto in casa con la maggiore serenità possibile. Volevo pensare solo a sradicare il male, e mi servivano tutte le mie energie. Volevo vincere io e fregare questo signor carcinoma». Accanto alla lista dei desideri ha scritto anche una commovente lettera al figlio Fiorenzo con i «Consigli di tua madre per quando ti sentirai solo, tradito, umiliato, abbandonato», ha radunato i suoi ricordi più cari e ha pensato ai modi più affettuosi e divertenti per fargli sentire la sua vicinanza anche nel caso in cui la malattia avesse avuto la meglio. In quel periodo era difficile scacciare l’oscurità, anche se Luisa non le ha mai permesso di prendere il sopravvento.

Poi è arrivato il momento dell’operazione: «Era il 14 agosto. Inizialmente i medici volevano rimandare a settembre, lasciandomi trascorrere l’estate tranquilla, ma io ho preferito togliermi il pensiero subito, perché non vedevo l’ora di riprendere la mia vita di sempre». Prima non ha mai pianto, è sempre riuscita a mantenere integro il suo desiderio di rivalsa: «Poi però sono tornata a casa, dopo quattro giorni di ricovero, ancora dolorante, e mi sono ritrovata sul divano, con i tubi dei drenaggi attaccati, imbottita di Tachipirina. Allora sono crollata e mi sono sfogata, ho lasciato scorrere tutte le mie lacrime, come se mi fossi resa conto solo in quel momento di cosa fosse successo».

La situazione è migliorata quando Luisa ha saputo che l’esito dell’esame istologico era confortante: «La dottoressa Elisa Vicini, che mi ha operata, mi ha chiamato personalmente per dirmi che il tumore non era aggressivo e quindi non avrei dovuto sottopormi alla chemioterapia, ma solo a una terapia ormonale. A quel punto ho stappato una bottiglia per un brindisi, perché mi sono sentita molto fortunata: il cancro è stato individuato a uno stadio molto precoce, la prevenzione mi ha davvero salvato la vita».

Lilt Milano: un segno

Un anno dopo le hanno proposto di lavorare per Lilt Milano: «Mi è sembrato un segno del destino, perché avevo la possibilità di mettere le mie competenze professionali a servizio di una causa che avevo sperimentato sulla mia pelle. Lilt infatti si occupa di prevenzione oncologica e di assistenza ai malati, ma la campagna di sensibilizzazione legata al “nastro rosa” simbolo della lotta contro il cancro è sicuramente una delle sue attività più importanti e più popolari». Alla prima riunione, nel 2019, Luisa è arrivata subito dopo aver subito l’intervento di ricostruzione del seno: «Avevo ancora i drenaggi nella borsetta, quindi mi sentivo pienamente nei panni di una paziente oncologica. Del resto ho terminato la terapia ormonale solo pochi mesi fa, ma nel frattempo fortunatamente sono sempre stata bene e mi sono sentita fiera di poter contribuire con il mio lavoro a sostenere una causa così rilevante. Ogni anno in Italia sono oltre 56mila le donne che si ammalano di tumore al seno, una su otto. È il “big killer”, il tumore più diffuso. Alla Lilt all’inizio mi sono occupata di raccolta fondi e poi da settembre dell’anno scorso sono diventata direttrice generale».

Questa organizzazione ha una storia ricca: «A Milano può contare su 100 dipendenti, oltre 600 volontari e sulla collaborazione di 130 medici. Il suo grande bagaglio di conoscenze sulla prevenzione ora si traduce in tanti servizi alla persona. L’azione più importante è sicuramente quella degli esami e delle visite di diagnosi precoce. Negli otto ambulatori milanesi, di cui uno mobile, passano ogni anno oltre 70mila persone per sottoporsi a esami e circa il 75% sono donne. Ora la sfida del mese di novembre diventa quella del “nastro blu”, quindi della prevenzione al maschile. Il cancro purtroppo è un problema che tocca moltissime famiglie ma, grazie alla ricerca, alla prevenzione e alla diagnosi precoce, è una malattia sempre più curabile. La sopravvivenza negli ultimi dieci anni è aumentata, nel caso del tumore al seno sfiora quasi il 90%».

Anche per questo Lilt Milano ha pensato in modo mirato ai «cancer survivors», che in Italia sono quasi quattro milioni: «A febbraio abbiamo aperto lo “Spazio Parentesi”, una specie di accademia del benessere che aiuta le persone che hanno affrontato un tumore a ricominciare a vivere, avere fiducia nella vita, ritrovare gioia, con percorsi di riabilitazione e prevenzione mirata».

Una marcia in più

Aver affrontato la stessa esperienza oggi dà a Luisa una marcia in più: «So cosa succede, come ci si sente. All’inizio ho avuto paura di morire, non sapevo nulla di percentuali di sopravvivenza, esami e terapie, ho capito poi che l’ignoranza alimenta la paura. Ho scritto la mia lista di desideri e mi ha aiutato molto. Desiderio significa “senza stelle”. Quando sei nel buio devi alzare lo sguardo e guardare le stelle per vedere un po’ di luce, ritrovare momenti di splendore che aiutino ad andare avanti».

All’inizio Luisa pensava di affrontare questo periodo di fragilità e inquietudine da sola, lungo il percorso, però, ha cambiato idea: «Dopo l’intervento ho intuito che la condivisione mi avrebbe aiutato a superare la malattia. Così ho iniziato a parlarne con tranquillità con amici e parenti. Oggi condivido la mia testimonianza con tutti, perché le persone sappiano che il tumore si può sconfiggere e che la prima arma per farlo è la prevenzione». Il suo racconto è stato inserito anche nella serie podcast in 12i puntate «Tre desideri», un progetto di Lilt Milano Monza Brianza e «Chora Media» per raccontare desideri, paure e cambiamenti di chi ha affrontato un tumore. A narrare le storie è la giornalista Daniela Ducoli, che ha vissuto la stessa esperienza. Protagonista della prima puntata è Mara Maionchi, che ha partecipato come testimonial alla campagna della Lilt con la figlia Camilla.

Quando pensa alle difficoltà che ha affrontato, Luisa riconosce: «Mi ha aiutato avere il privilegio di essere in prima linea, di dirigere un’organizzazione che si impegna ogni giorno nella lotta al tumore». Fra gli strumenti più preziosi indica anche il supporto psicologico, che ormai è parte integrante delle «Breast unit» degli ospedali: «Anch’io ho fatto qualche colloquio con uno psico-oncologo e mi è stato molto utile, ho capito che bisogna curare le ferite del corpo ma anche quelle della mente, ed è molto importante avere un approccio positivo». La lezione più importante, per lei, una donna «sempre di corsa», è stata quella di dare più valore al tempo: «Quello che abbiamo a disposizione è limitato, perciò non bisogna sprecarlo. Alla fine ci sono tante cose di cui potremmo fare a meno, meglio riservare le energie a ciò che per noi ha più valore. Dentro il tempo per me la cosa più importante sono le relazioni, quelle vere e profonde che danno senso alla vita».

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