«L’aiuto offerto agli altri aiuta noi stessi». Adriano e Daniela, oltre la malattia

Abs. Adriano Rota è vicepresidente dell’Associazione stomizzati di Bergamo. «Farne parte mi ha cambiato».

«Amore - scrive Antoine de Saint Exupéry - non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione». È questa la forza di Adriano Rota, 38 anni, di Treviolo e di sua moglie Daniela: per loro è il segreto di una vita piena, ciò che gli occorre per conquistare ogni giorno serenità ed equilibrio «nonostante tutto». La direzione è la speranza, la parola vietata «arrendersi». Adriano ha una malattia infiammatoria cronica dell’intestino e nel 2017 ha subito un intervento di stomia definitiva: «Per me - racconta - è stata una rinascita». Dall’anno scorso è vicepresidente dell’Associazione stomizzati di Bergamo (Abs) e Daniela lo affianca nelle attività di volontariato. Sono giovani e ne hanno già passate tante, restando sempre insieme, e conservando, scherza Adriano, «un pizzico di leggerezza e di incoscienza, forse dovute all’età».

I primi sintomi della patologia di Adriano si sono manifestati quando aveva solo 14 anni: «Ho affrontato una serie di visite ed esami - racconta - e i medici hanno scoperto una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, che prendeva le forme del morbo di Crohn e della rettocolite. Sono stato ricoverato in ospedale diverse volte e per un certo periodo gli specialisti mi hanno curato con medicinali diversi, dal cortisone alle infusioni di farmaci biologici, finché a 18 anni, purtroppo c’è stato un improvviso peggioramento con una perforazione dell’intestino. Mi hanno portato all’ospedale d’urgenza e dopo l’operazione ho mantenuto per un anno una stomia provvisoria. Ho vissuto quel periodo con un atteggiamento positivo e inconsapevole, senza rendermi precisamente conto di che cosa mi stesse succedendo. Allora lavoravo come elettricista in un cantiere e anche dopo l’operazione ho continuato a svolgere le stesse mansioni come se niente fosse. Mi avevano già consigliato di cambiare lavoro, perché stare in cantiere comportava un grande impegno fisico, era tutto un alzarsi, piegarsi, sollevare pesi. Ma ero molto giovane e orgoglioso, volevo far vedere a tutti che ce la facevo comunque».

Poi la stomia è stata tolta con un successivo intervento: «La situazione è tornata alla normalità - continua Adriano - ma sono ricominciati anche i problemi, il dolore, i ricoveri. Ho sviluppato una serie di infezioni che hanno complicato il mio percorso». È comunque riuscito a non farsi condizionare troppo dalla malattia: «Ho affrontato i momenti difficili quando si presentavano, ma per il resto, quando potevo, cercavo di vivere con spensieratezza. Anche in famiglia non ne abbiamo mai parlato molto. Sono fatto così, per carattere tendo a tenere per me i miei problemi. Sapevo comunque di poter contare sempre sul sostegno dei miei genitori, che mi stavano vicino ma senza essere invadenti».

Nel 2009 suo padre è morto d’infarto, una notte, nel sonno: «È stata una perdita improvvisa e molto dolorosa. La sera prima ci siamo salutati come sempre e al mattino non c’era più. Non riuscivo a capacitarmene, e ho trascorso un periodo molto difficile». La sofferenza lo ha segnato profondamente anche dal punto di vista fisico: «Pochi mesi dopo, la malattia si è riacutizzata». È stato sempre in quell’anno, però, che ha incontrato Daniela. Lei aveva 18 anni, lui 24: «L’ho interpretato come un segno del destino, come se me l’avesse mandata mio padre - sorride Adriano - perché mi ha illuminato la vita».

Quando riordinano gli anni e i giorni per ricostruire la loro storia Daniela e Adriano la chiamano «la nostra favola»: ci sono la quotidianità dei gesti, gli ostacoli da superare, le preoccupazioni concrete, ma loro riescono a far affiorare anche la scintilla che hanno nel cuore, quello splendore che in modo tutt’altro che banale lascia sullo sfondo tutto il resto. «Non le ho raccontato subito della mia condizione - ricorda Adriano - non sapevo bene come affrontare l’argomento».

Ci ha pensato Daniela, con naturalezza, a spazzare via l’imbarazzo: «D’estate, sulla spiaggia, mi è capitato di vedere le cicatrici sull’addome e i segni sulle braccia, lasciati da interventi chirurgici e terapie. Gli ho chiesto cosa gli fosse successo e così lui me l’ha raccontato. Non mi sono sentita a disagio, l’ho ascoltato, mi è dispiaciuto per lui. Non sono scappata allora e non ne ho mai sentito l’impulso nemmeno in seguito. Da quel momento l’ho accompagnato in tutte le visite e nei ricoveri in ospedale. Ne ho saltato soltanto uno, durante la pandemia, perché l’ingresso ai parenti era vietato».

Lo ha subito ammirato per la sua tenacia: «Adriano non si lamentava mai, non è una persona che si piange addosso. I suoi amici erano al corrente dei suoi problemi di salute, ma lo ammiravano per la sua reazione positiva». Nel 2012 Daniela e Adriano si sono sposati: «Sembra ieri - commenta Daniela - ma abbiamo appena festeggiato il decimo anniversario». Adriano ha attinto forza da se stesso e da questo legame: «Ho imparato cosa vuol dire avere a che fare con il dolore, ho incrementato la capacità di sopportarlo, al punto che quando non ci riuscivo più e decidevo di rivolgermi al Pronto Soccorso spesso mi ritrovavo in situazioni di grave urgenza».

Anche in virtù di questa capacità di resistenza Adriano ha continuato ancora per diversi anni a lavorare in un’impresa edile: «Nel 2015, però, ho avuto dei gravi problemi alla schiena che mi hanno costretto a fermarmi». Era solo l’inizio di un periodo molto complicato in cui Adriano e Daniela hanno speso fatica e lacrime per tenere dritta la barra del timone: «Adriano ha perso il lavoro, e le sue condizioni di salute continuavano a peggiorare. Siamo arrivati a un punto in cui ogni tre o quattro giorni eravamo costretti a correre al pronto soccorso. A volte mi chiedo come abbiamo fatto a superare quei momenti».

Così quando nel 2016 i medici gli hanno annunciato che avrebbero dovuto ripetere la stomia, Adriano ha accolto la notizia con sollievo: «Il medico era molto dispiaciuto nel darmi la notizia, ed è rimasto stupito dalla serenità con la quale l’abbiamo accolta. All’inizio è stata una stomia provvisoria, dopo un anno e un nuovo intervento è diventata definitiva. Immaginavo che prima o poi sarebbe accaduto, e alla fine nonostante tutti i timori questo si è rivelato per noi un nuovo punto di partenza». Proprio alla vigilia dell’intervento per la stomia definitiva Daniela e Adriano hanno adottato Mia, una cagnolina meticcia di pochi mesi proveniente dal canile: «Si è affezionata subito ad Adriano - racconta Daniela -, è diventata la sua ombra, gli è stata sempre vicino nel periodo della riabilitazione. Passeggiare al parco con lei è diventata un’occasione per distrarsi e incontrare altre persone».

Da lì in poi la strada è tornata in discesa: «Ho trovato un nuovo lavoro in un grande emporio di utensili, ferramenta e arredamento - spiega Adriano -. Mi trovo molto bene, mi piace. Non è lontano da casa, così posso anche tornare nella pausa pranzo». Dopo l’intervento si è rivolto alla stomaterapista Viviana Melis, che aveva già conosciuto all’ospedale di Bergamo in occasione della prima stomia: «Si ricordava ancora di me, conosce tutti i pazienti per nome. Ci ha offerto un sostegno prezioso per aiutarci a familiarizzare con la nuova condizione, con le procedure, i presidi e ausili necessari a uno stomizzato».

Viviana ha avuto un ruolo importantissimo anche dal punto di vista umano nella vita di Adriano e Daniela: «È una persona esplosiva, un concentrato di energia e vitalità - osserva Daniela -, si prende cura di noi, ci aiuta a risollevarci nelle giornate “no”. È stata lei a indirizzarci all’associazione Abs, aprendoci un nuovo orizzonte». Nell’associazione hanno incontrato persone con cui confrontarsi e condividere esperienze: «Da quando ne faccio parte - ammette Adriano - sono cambiato profondamente, mi ha aiutato ad aprirmi e a esprimere meglio me stesso».

Anche Daniela si è accorta di questa trasformazione: «Ne sono stata molto felice. Penso che nonostante la sfortuna e la sofferenza questa malattia sia stata anche l’occasione per metterci a contatto con un mondo bello, vivace. Ci ha stimolato a entrare attivamente in una comunità di persone accomunate dalla stomia, impegnandoci in prima persona per dare una mano agli altri. Ci ha quindi sollecitato in qualche modo a esprimerci in modo pieno, trovando qualcosa di importante e significativo da fare al di là del lavoro e delle terapie. Dopo la stomia abbiamo ricominciato a uscire, abbiamo vissuto molte esperienze che prima ci eravamo persi, comprese le feste con gli amici e i viaggi. Spero così di poter confortare chi si dispera all’idea di trovarsi questa situazione. La nostra esperienza dimostra in fondo che si può affrontare senza troppe ansie o problemi. Per noi ha rappresentato davvero una nuova possibilità».

Adriano si sente pieno di energie: «Se prima dovevo preoccuparmi dei continui malesseri adesso posso programmare incontri e iniziative, mi sento un vulcano di idee. Ho voglia di cimentarmi in attività sempre diverse. So che la malattia purtroppo non se n’è andata, non guarisce mai del tutto e prima o poi tornerà a ripresentarsi. Quando accadrà ci penseremo, sappiamo di aver allenato i muscoli della resistenza in questi anni. Nel frattempo cerchiamo di vivere il presente nel modo migliore possibile, senza pensare troppo al futuro».

Daniela e Adriano hanno imparato dalle loro ferite quanto sia importante prendersi cura l’uno dell’altro, e che questo può diventare anche un dono per gli altri. Fra i progetti dell’associazione Abs c’è anche quello di formare volontari che possano aiutare i pazienti stomizzati e i care giver: «All’inizio mi sentivo smarrita - conclude Daniela -, avevo tanti dubbi e avrei apprezzato molto poter parlare con qualcuno che mi offrisse rassicurazione e consigli. Ora mi piacerebbe mettermi a servizio di altri».

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