Lo sport è una sfida continua a migliorarsi e a superare i limiti, anche della disabilità

LA STORIA. Franco Dolci, dal nuoto allo sci, dalla scherma al tennis tavolo: passioni coltivate fino al livello agonistico.

Lo sport è disciplina, rispetto, «una continua sfida a migliorarsi - spiega Franco Dolci, 55 anni, di Bergamo - a superare i propri limiti». Questo vale ancor di più per chi, come lui, convive dalla nascita con una disabilità motoria. Gara dopo gara l’atleta paralimpico di nuoto, scherma, sci e tennis-tavolo, ha dimostrato in molti modi l’attitudine a non arrendersi mai: «Lo sport - come dice Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici moderni - va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla». Ci ha pensato la vita a mettergli davanti mille ostacoli, ma lui li ha sempre affrontati a viso aperto, con un’ammirevole tenacia: «Poco dopo la nascita - racconta - ho subito un intervento e in seguito un’infezione che ha intaccato le anche e il ginocchio destro».

Così il suo assetto fisico non è mai stato stabile, creandogli una significativa difficoltà di movimento, che lo accompagna da tutta la vita. Franco però ha sempre affrontato questa situazione con grande grinta e naturalezza, dando al suo passo ondeggiante i contorni di una caratteristica più che di una disabilità: «Non ho mai avuto bisogno di ausili per camminare - chiarisce -, me la sono sempre cavata da solo. Ho cercato di non farmi condizionare dai miei problemi fisici, di non pormi confini. Ho preso la patente a 18 anni per essere autonomo negli spostamenti».

Nonostante i continui controlli medici, nel periodo dell’infanzia e della prima giovinezza non sono state individuate terapie efficaci per lui: «Mi hanno fatto infiltrazioni nelle ossa come aiuto per farle crescere un po’ di più e migliorare l’assetto del bacino dato che ho una gamba più corta dell’altra, ma niente di più. Mi hanno suggerito di aspettare e vedere, perché con la crescita la situazione poteva evolversi in modi diversi».

Tenacia e coraggio

Questa partenza in salita, tuttavia, non ha mai spento la determinazione di Franco, che grazie al suo carattere allegro è stato bene accolto dai compagni: «Oggi si sente molto parlare di bullismo - osserva - ma a me non è capitato. Forse quando ero bambino si verificavano meno episodi di questo tipo, oppure sono stato fortunato. Non mi hanno mai fatto sentire emarginato».

La sua tenacia e il suo coraggio l’hanno messo al riparo dalle discriminazioni, che talvolta possono colpire chi è per qualche motivo «diverso»: «Ho sempre cercato - chiarisce Franco - di fare le stesse cose degli altri bambini, anche nelle ore di educazione fisica. Correvo, anche se a modo mio, secondo i miei limiti fisici. Non ho mai usato la carrozzina, lo faccio ora per tirare di scherma. Quando ero più giovane riuscivo a percorrere tragitti più lunghi, oggi purtroppo non ce la farei più, perché con l’età la mia capacità motoria si è ridotta. Quando ero ragazzino giocavo perfino a calcio».

E ricorda un aneddoto che lo rende ancora oggi molto felice e orgoglioso: «Il trofeo più bello che ho vinto è arrivato proprio alla fine delle scuole medie. Nell’arco degli anni di scuola, con la squadra dei compagni di classe, sono riuscito a partecipare a diverse partite e perfino a fare un goal, e per questo hanno deciso di premiarmi. È stata una grandissima soddisfazione, un momento che non ho più dimenticato».

Sport e lavoro

Franco ha sempre coltivato la passione per lo sport, ma ha iniziato a praticarlo a livello agonistico quando aveva quasi vent’anni, nel 1989. «Mia zia mi ha presentato i miei primi allenatori di nuoto e sono entrato in quella che allora si chiamava Phb, Polisportiva Handicap Bergamasca, nata per promuovere, sviluppare e incentivare la pratica sportiva delle persone disabili, in seguito diventata Polisportiva bergamasca» (per informazioni si può consultare il sito www.Phb.it).

In piscina si è trovato nel suo elemento: «Nell’acqua l’assenza di gravità permette di muoversi con disinvoltura dimenticando le difficoltà motorie, una sensazione molto piacevole. Mi sono appassionato allo stile libero, attirato dalla velocità che riuscivo a raggiungere, ma ho poi sperimentato tutti gli stili. Nell’attività agonistica mi sono cimentato anche in gare di stili misti, lunghe distanze come i 1.500 metri stile libero, e molte altre ancora. L’ambiente è sempre stato molto stimolante: c’erano gli allenatori normodotati, gli atleti con difficoltà motoria come me, un’atmosfera vivace e accogliente».

Il suo curriculum è di tutto rispetto: fra il 1989 e il 2012 ha ottenuto un’ampia collezione di medaglie nello stile libero, dorso, stili misti e nella staffetta. Ha stabilito anche alcuni record italiani. «Nel 2012 ho smesso - sorride - perché non me la sentivo più, bisogna fare i conti con le proprie energie».

Si è innamorato dello sci di fondo: «La montagna è spesso preclusa a persone con disabilità motorie, perché ci si va per camminare. Ma è anche un ambiente pieno di fascino, molto rilassante, con paesaggi meravigliosi. L’ho scoperto grazie allo sci di fondo con la Phb, un’attività che ho proseguito per sei o sette anni circa. Abbiamo anche partecipato ai campionati italiani con la nostra squadra. Si fa da seduti, usando per spostarsi soltanto le braccia. Una bella fatica, ma anche occasione unica per ammirare la natura, i boschi e per godersi la neve. Abbiamo frequentato le più belle piste del Nord Italia, per me è stato come essere immerso in un sogno».

Franco, curioso per natura, non ha mai perso l’occasione di sperimentare qualcosa di nuovo: «Quando mi hanno detto che avrebbero avviato una squadra di scherma, una dozzina d’anni fa, ho subito deciso di provare e non me ne sono pentito. È uno sport bellissimo in cui si realizza davvero l’inclusione. Capita infatti anche di tirare con i normodotati che partecipano ad allenamenti e gare, sedendosi per gareggiare “alla pari”. Confrontarsi con gli altri atleti è sicuramente entusiasmante, e sul tappeto si “sente” l’avversario molto di più che in piscina o sugli sci».

Fra le caratteristiche più attraenti delle gare di scherma per Franco c’è una forte attenzione al «fair play»: «Anche la ritualità degli incontri mette in evidenza la correttezza e il rispetto reciproco tra gli atleti in gara, anche solo nei saluti e nelle strette di mano. Il confronto non è fatto per “annullare” l’altro, ma è in fondo un modo per mettere alla prova le proprie capacità e limiti. Sono importanti l’attenzione, la velocità, i riflessi, saper osservare l’avversario per comprendere quali sono i colpi giusti per sconfiggerlo».

Fra le sue grandi passioni c’è anche quella per il tennis-tavolo: «Sempre all’interno della Phb avevamo formato una squadra all’inizio, che poi però si è chiusa per mancanza di partecipanti. Dopo la pandemia però abbiamo ripreso, e quest’anno parteciperemo ai campionati italiani. Anche questa disciplina mi piace, perché è divertente, offre la possibilità di un confronto diretto, richiede velocità e strategia, colpo d’occhio, si rivela quindi molto stimolante».

Nello stesso periodo in cui ha iniziato a dedicarsi allo sport a livello agonistico, Franco ha anche trovato lavoro: «Nel ’90 sono stato assunto come impiegato all’Università di Bergamo, dove mi trovo molto bene. Non mi sono mai sposato e non ho figli, ma grazie a tutte le mie attività non soffro la solitudine. Mi piace il mio lavoro e quando esco dall’ufficio mi ritrovo circondato da giovani, che trasmettono energia ed entusiasmo contagiosi, anche se allo stesso tempo mi danno la misura del tempo che passa, con un pizzico di malinconia».

Ogni tanto deve sottoporsi a terapie per qualche problema fisico, dovuto anche all’intenso impegno sportivo: «Purtroppo capita che si infiammino i tendini delle spalle, proprio perché vengono messi a dura prova». Se è costretto a qualche pausa obbligata, poi però riprende con slancio: «Nella scherma ero abituato a tirare con la destra, ma dopo questi malanni ho imparato a farlo anche con il braccio sinistro, e ce la faccio comunque. Ci alleniamo due volte alla settimana il lunedì e il giovedì la sera dopo il lavoro. Siamo in pochi ma siamo entusiasti e appassionati».

L’incontro con grandi campioni

Lo sport può diventare anche scuola di vita: «Di sicuro - sorride Franco - lo sport mi ha spinto a uscire di casa, forse di mia spontanea volontà, senza orari e appuntamenti fissi, non l’avrei fatto. Ho stretto tante nuove amicizie, mi sono trovato in ambienti diversi, ho viaggiato, ho conosciuto grandi campioni».

E ne ricorda qualcuno, come Pier Luigi Pizzaballa, ex portiere dell’Atalanta, Giorgio Lamberti, ex nuotatore, primo italiano a vincere una medaglia d’oro nello stile libero in un campionato mondiale, Valentina Vezzali, grande protagonista del fioretto internazionale: «Incontrarli - ricorda Franco - è stato molto emozionante».

Continua a cimentarsi in diverse discipline, chiarisce Franco, «perché questo mantiene viva la mia curiosità, il mio desiderio di sperimentare e di superare i miei limiti. Ci sono stati anni in cui ero impegnato ogni giorno con gli allenamenti, poi mi sono un po’ ridimensionato per adattare gli impegni alle forze disponibili».

I vantaggi di una vita così attiva, sempre in movimento, sono stati molti: «Lo sport mi ha dato un supplemento di tranquillità e pazienza, oltre alla capacità di aspettare i tempi giusti. Come in un incontro è importante osservare e studiare una strategia, così accade anche nella vita, e l’esperienza sportiva cambia lo sguardo sulla realtà. Non sono molti i giovani che incominciano, ed è un peccato. Di sicuro lo sport, soprattutto a livello agonistico, richiede impegno e costanza, rispetto delle regole, quindi non è per tutti. Bisogna considerare però quante belle possibilità può offrire, perché rappresenta un grande valore aggiunto per la vita di una persona. A livello personale mi ha mostrato fra l’altro che un atteggiamento positivo permette di vivere con pienezza e di affrontare qualunque ostacolo mantenendo la serenità».

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