Caffè Alzheimer, un aiuto ai malati e ai loro familiari

NEUROLOGIA. Giovedì verrà celebrata la Giornata mondiale di quella che oggi è la forma più comune di demenza senile. Il 23 e il 24 iniziative anche a Cologno.

Vietato arrendersi. Perché va pur detto che il pericolo è lì dietro l’angolo se si parla di Alzheimer. Rischiano di paralizzare i numeri, che l’andamento demografico ed epidemiologico portano con sé: 55 milioni sono - secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - le persone che nel mondo convivono con questa malattia, che rappresenta oltre la metà di tutte le demenze. Di queste, un milione vive in Italia. E all’orizzonte dati in aumento, trend in crescita, visto il progressivo invecchiamento della popolazione. Numeri che - ahimè - potrebbero spingere «ad alzare le mani», provocando crisi di rigetto, senso di inutilità, di paura profonda del futuro. La stessa che assale quando la malattia bussa alla porta della propria famiglia, con il suo pesante carico di timori sulla capacità di saper garantire un’assistenza adeguata al livello di sofferenza.

Ma aiutare chi soffre si deve e si può. Ce lo rammenta - se mai la società, oltre che i singoli, se lo dimenticasse - l’ormai vicino 21 settembre, Giornata Mondiale della malattia di Alzheimer, che ha spinto a programmare un calendario denso di appuntamenti. Un settembre che punta il faro su questa emergenza che è privata e collettiva allo stesso tempo, e impone una ripianificazione del welfare, degli investimenti e della rete, come si dice il gergo pensando a quella strategia d’azione che permette alle famiglie di uscire dalla giungla di problemi e soluzioni non ancora a portata di mano e troppo spesso ben nascoste.

Le iniziative

In calendario, a livello nazionale ma anche sul nostro territorio, eventi e manifestazioni di natura diversa, per addetti ai lavori e non. Perché servono risposte corali ad un bisogno collettivo in cui si muovono medici, amministratori, malati, familiari, volontari, politici, chi la leadership culturale ed economica la gestisce e chi vive la malattia sulla propria pelle.

E quale luogo privilegiato per parlare di questa malattia giovedì 21 settembre, senza né riserve né tabù, se non nei Caffè Alzheimer, una risposta sociale che viene dal basso, capace di offrire sostegno psicologico a malati e familiari, di rompere i muri dell’isolamento, di vincere la solitudine. Un servizio che prevede accesso gratuito, secondo un format - porta la firma del professor Marco Trabucchi, past president dell’Aip, Associazione Italiana di Psicogeriatria, la sua diffusione a livello nazionale - ormai sperimentato e che prevede un approccio multidisciplinare. Si fanno attività di riabilitazione cognitiva, si formano operatori e caregiver, ci si confronta nello spirito che solo le situazioni informali sanno dare; ed ancora, si impara a conoscere e convivere con la malattia.

Nel fine settimana poi, tappa bergamasca per l’Alzheimer Fest, una kermesse voluta proprio «per condividere storie e gridare un messaggio - gli organizzatori hanno scomodato niente meno che Ligabue nel loro motto d’azione - finchè fa male, finchè ce n’è”: se le demenze sono in ogni provincia d’Italia, allora le cure devono esserci tutte, dovunque, subito». Un mantra che sabato 23 e domenica 24 risuonerà a Cologno al Serio, una delle cinque tappe nazionali di questo festival itinerante per lo Stivale, che vuole unire Nord e Sud e punta alla creazione di una comunità consapevole, plurale, solidale, in relazione. Promuovere un diverso approccio culturale insomma, un altro modo di pensare la cura e chissà, forse anche la malattia, che l’Alzheimer Fest porta in piazza, superando paure e stereotipi.

«Sotto il tappeto tanta polvere», per mutuare un’espressione di Manuela Berardinelli, presidente di Alzheimer Uniti Italia, riferendosi appunto ai buchi neri che nel nostro Paese si accompagnano alla diagnosi di demenza. Che significa liste di attesa ancora troppo lunghe nei Cdcd (Centri per disturbi cognitivi e demenze), diagnosi tardive, scarsa presenza di Unità di Valutazione Alzheimer (Uva) e di strutture per l’erogazione dei farmaci per il trattamento sintomatico; ed ancora, inadeguata regia per integrare servizi domiciliare e diurni.

«La nostra - spiega il geriatra bergamasco Stefano Boffelli, referente nazionale Caffè Alzheimer per Associazione Italiana di Psicogeriatria - è per fortuna una realtà privilegiata. Una ventina i Cdcd distribuiti fra le province di Bergamo e Brescia. Una quarantina i Caffè Alzheimer, a cui a metà novembre si aggiungerà anche la nuova presenza di Ponteranica. Perché da noi la rete è ormai una realtà: servizi e specialisti sanno dialogare fra loro». E lo dimostra il fatto che i rappresentanti dei Caffè Alzheimer sono chiamati a sedere al Tavolo delle Demenze sia da Ats Bergamo che da Ats Brescia, capaci dunque di coinvolgere il Terzo Settore nella propria pianificazione.

Ciò che si attende ora è un censimento reale della malattia sul territorio. Pre-pandemia il dato era di circa 8 mila persone: numeri evidentemente sottostimati, raccolti fra le strutture che fanno riferimento ai servizi territoriali e residenziali. E che escludono, per intenderci, tutto il «sommerso», ciò che rimane purtroppo ancora nell’ombra, nella solitudine, al di fuori dei servizi.

L’Alzheimer Fest, con lo spirito corale fortemente voluto dal suo ideatore - il giornalista Michele Farina, penna del Corriere della Sera, il cui cammino di vita familiare ha incontrato l’Alzheimer - ci ricorda che la via da percorrere parte da un nuovo approccio culturale, da una necessaria consapevolezza nei confronti di tutte le forme di demenza. Perché c’è bisogno di una società inclusiva in cui tutti siano accolti, senza mendicare cura e attenzione. Ci aveva invitato a farlo il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002, nella sua lunga malattia, per svegliare la coscienza civile e ricordare a chi riveste ruoli di potere che si può e si deve ripensare la pietas in termini nuovi o rinnovati che siano. Fatti di amorevole scambio, di ascolto e dignità, anche quando l’autosufficienza viene meno, quando sbiadiscono i ricordi e se ne va la memoria, vissuta troppo spesso come valore assoluto dalla nostra società. Ogni malato di Alzheimer chiede a ciascuno di noi non di aiutarlo a capire, non di aiutarlo a ricordare. Ma semplicemente di non essere lasciato solo.

L’Alzheimer impone nuovi linguaggi, nuove strategie. E pure nuovi fondi. Nella speranza che quelli destinati alle demenze dal Pnrr sappiano porre attenzione non solo alla quantità di denaro e alla velocità di spesa, ma pure alla qualità del loro impiego.

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