Lo scompenso cardiaco non è più inarrestabile

Cardiologia. Le «glifozine» si confermano farmaci rivoluzionari in grado di ridurre mortalità e ricoveri in tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità.

Lo scompenso cardiaco non è più inarrestabile. Definite dalle linee guida internazionali «capaci di cambiare la storia naturale della malattia», le glifozine (o SGLT-2), nate come antidiabetici, si confermano farmaci rivoluzionari e rappresentano la più recente innovazione terapeutica per lo scompenso cardiaco, in grado di ridurre mortalità e ricoveri in tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità della malattia.

Lo rivelano i risultati dell’ampio studio «Delver», appena presentati a Barcellona nel corso del congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) e pubblicati in contemporanea sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine. «I risultati - commenta Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di Cardiologia (Sic) - sono stati ottenuti anche in pazienti per i quali a oggi non esistono opzioni terapeutiche per scongiurare l’evoluzione della malattia: considerati insieme ai dati già emersi in precedenti studi sui pazienti con una funzionalità cardiaca molto compromessa, le evidenze indicano che dapaglifozin è efficace e può diventare un pilastro fondamentale per la terapia in tutti i pazienti con scompenso cardiaco».

Lo studio «Deliver», il più ampio rispetto alle precedenti ricerche, ha coinvolto 353 centri di 20 Paesi su oltre 6000 pazienti, con età media di 72 anni, allo scopo di capire l’efficacia di dapaglifozin in pazienti con scompenso cardiaco di minor gravità.

«I risultati - dice Indolfi - mostrano che questo inibitore SGLT2 è una svolta nella cura di tutti i pazienti, impedendo la progressione dello scompenso con una riduzione degli eventi avversi del 21%, mentre la probabilità di morte è diminuita del 12%. Il beneficio è dipeso principalmente da una riduzione dei ricoveri e delle visite urgenti ed è emerso in maniera netta e indipendente dalla gravità della riduzione della funzionalità cardiaca, con un’ottima tollerabilità. Ora - precisa Indolfi - siamo in attesa che le linee guida, già aggiornate lo scorso anno per l’insufficienza cardiaca, siano ulteriormente modificate per includere l’utilizzo esteso del farmaco dapaglifozin».

Lo scompenso cardiaco

Lo scompenso cardiaco (o insufficienza cardiaca) è l’esito finale di tutte le cardiopatie e si verifica quando il cuore non riesce più a pompare sangue a sufficienza: causa, perciò, un peggioramento della qualità di vita e della capacità di affrontare le attività quotidiane, oltre a frequenti ricoveri per mancanza di respiro o accumulo di liquidi nell’organismo, fino a una maggiore mortalità. Più di 64 milioni di persone ne soffrono nel mondo. In Italia l’insufficienza cardiaca colpisce circa il 2% della popolazione generale ed è in aumento soprattutto negli over 65, con una mortalità del 20% nelle sue forme più gravi. Assorbe il 2% della spesa sanitaria nazionale ma si tratta di costi per il 60% dedicati ai ricoveri e solo per il 10% alla spesa per i farmaci. A inizio anno l’Italia ha recepito la nuova indicazione terapeutica, già approvata da Ema nel 2021: così oggi dapaglifozin è rimborsabile per la cura dello scompenso in pazienti con e senza diabete di tipo 2, ma finora solo per i pazienti che presentavano una riduzione della contrattilità cardiaca.

«È un’ottima notizia»

«I nuovi dati ne allargano l’indicazione, suggerendo che dapaglifozin possa essere prescritto indipendentemente dalla funzione cardiaca - afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia -. Si tratta perciò di un’ottima notizia per gli oltre un milione di italiani che soffrono di questa grave patologia: per chi ha una funzionalità cardiaca conservata o poco ridotta, ovvero circa il 40% del totale, finora non c’erano molte opzioni terapeutiche ma queste nuove evidenze mostrano che dapaglifozin è efficace indipendentemente dalla funzione cardiaca e supportano l’uso degli inibitori SGLT2 come terapia fondamentale in tutti i pazienti con scompenso cardiaco.

Questa nuova classe di farmaci agisce con un meccanismo metabolico del tutto nuovo e consentirà di evitare molti ricoveri e decessi. A questo si associa un’ottima tollerabilità e la possibilità di una singola dose al giorno, con scarsi effetti sulla pressione arteriosa e miglioramento della funzione renale».

Ridotti i rischi

I risultati dello studio di Fase III «Deliver» hanno mostrato come dapagliflozin abbia ridotto significativamente il composito di morte cardiovascolare (CV) o peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione (EF) lievemente ridotta o preservata, rispetto a placebo. I risultati sono stati presentati al Congresso 2022 della European Society of Cardiology (ESC) a Barcellona, e pubblicati contestualmente sul The New England Journal of Medicine. Dapagliflozin ha ridotto l’outcome composito di morte cardiovascolare o peggioramento dell’insufficienza cardiaca del 18%. Tutte le singole componenti hanno contribuito alla superiorità dell’endpoint primario. I risultati sono stati coerenti nei principali sottogruppi esaminati ed estendono i benefici di dapagliflozin all’intero spettro di pazienti con insufficienza cardiaca indipendentemente dal valore della frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF). I risultati dello studio hanno inoltre mostrato un beneficio sui sintomi riportati dai pazienti, misurati attraverso il punteggio della sintomatologia del Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire (KCCQ). Inoltre è stata confermata la sicurezza dell’utilizzo di dapagliflozin anche in questa popolazione di pazienti non essendoci state differenze tra dapagliflozin e placebo per quanto riguarda gli eventi avversi.

Il commento del «Papa Giovanni»

«I risultati dello studio “Deliver” - ha commentato Michele Senni, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo - rappresentano un importante passo avanti nel trattamento dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca a frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata. Tali condizioni, presenti in oltre la metà dei pazienti con insufficienza cardiaca, sono attualmente caratterizzate da un importante bisogno clinico insoddisfatto, principalmente legato alla scarsità di trattamenti farmacologici ad oggi disponibili. In tale ottica, i risultati così consistenti dello studio “Deliver” sono importanti sia perché dimostrano con chiarezza l’efficacia di dapagliflozin, sia perché rafforzano le più recenti linee guida internazionali, che supportano un più ampio utilizzo degli inibitori di SGLT2 nella pratica clinica».

Molteplici benefici «Non bisogna infatti dimenticare - continua Senni - che, oltre ai benefici per il trattamento dell’insufficienza cardiaca, la classe degli inibitori di SGLT2 ha già mostrato evidenti effetti protettivi per ciò che concerne due patologie croniche spesso ad essa correlate, quali la malattia renale e il diabete mellito di tipo 2. Tali multipli benefici, alla luce della visione omnicomprensiva e olistica fortemente auspicata dalla Comunità Scientifica, ne raccomandano sicuramente l’impiego in un’ampia fascia dei nostri pazienti». Le più recenti linee guida sull’insufficienza cardiaca raccomandano attualmente gli inibitori del co-trasportatore di sodio-glucosio tipo 2 (SGLT2) come dapagliflozin per il trattamento dell’insufficienza cardiaca con frazione di eiezione lievemente ridotta (HFmrEF) e con frazione di eiezione preservata (HFpEF). (Italpress).

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