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Martedì 02 Settembre 2025
Scompenso cardiaco, la ricerca del Papa Giovanni finisce sulla rivista «The Lancet»
LA RIVISTA DI MEDICINA. Meno meno ricoveri e decessi: al Congresso Esc 2025 e su «The Lancet» i dati di oltre 11.000 pazienti mostrano una riduzione di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazioni lungo l’intero decorso clinico con il farmaco vericiguat.
Durante il Congresso della European society of cardiology (Esc) 2025 sono stati presentati i risultati di un nuovo studio di fase III sul farmaco vericiguat, pubblicato sulla prestigiosa rivista «The Lancet». Questi dati – tratti dal trial internazionale Victor e dalla sua analisi con il precedente studio pilota Victoria – offrono
nuove prospettive per migliorare la gestione dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta (in inglese Heart failure with reduced ejection fraction, HFrEF), cioè la forma in cui la capacità di contrazione del cuore è compromessa.
Lo studio Victor ha valutato vericiguat in pazienti ambulatoriali con scompenso cardiaco stabile e già in terapia con i farmaci più efficaci esistenti (Arni, antialdosteronici, betabloccanti e glifozine). L’obiettivo principale – ridurre il rischio combinato di morte cardiovascolare o primo ricovero per scompenso – non è stato raggiunto. Tuttavia, i risultati hanno mostrato meno decessi per cause cardiovascolari e minore mortalità complessiva nei pazienti trattati con vericiguat rispetto a placebo.
La ricerca
Per avere un quadro più chiaro di come questo farmaco possa agire nei differenti livelli di severità, i ricercatori hanno anche eseguito una analisi congiunta (detta pooled analysis), cioè l’analisi combinata dei dati del Victor e del precedente studio pilota Victoria (quest’ultimo su pazienti con recente peggioramento clinico). Insieme, i due studi hanno incluso oltre 11mila persone e hanno dimostrato che vericiguat può ridurre eventi gravi come ospedalizzazioni e decessi cardiovascolari lungo tutto lo spettro di gravità della malattia. Vericiguat agisce stimolando un enzima chiamato soluble guanylate cyclase (sGC), che nel cuore malato funziona poco a causa di un deficit della via dell’ossido nitrico. Ripristinando questo meccanismo, il farmaco migliora la funzionalità dei vasi sanguigni e aiuta il cuore a lavorare meglio. Questo approccio apre la possibilità di una terapia che non agisca solo in una fase della malattia, ma lungo l’intero percorso clinico del paziente, riducendo il rischio di nuovi ricoveri e di morte.
Michele Senni, direttore del Dipartimento Cardiovascolare dell’Asst Papa Giovanni XXIII e professore dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, è stato membro dello steering committee internazionale che ha disegnato e guidato i trial. «Se rappresentassimo in un film l’evoluzione progressiva della malattia in un paziente affetto da scompenso cardiaco – spiega Senni – potremmo identificare momenti diversi, come le fasi di ricovero, un ritorno a casa e poi un nuovo ricovero. È un circolo vizioso che nel giro di poco tempo, in genere pochi anni, consuma cuore e malato. Finora avevamo farmaci che funzionavano in alcuni momenti, cioè in un singolo fotogramma di questo film: o nella fase stabile e cronica oppure durante le crisi acute. I dati di Victor e Victoria insieme mostrano invece che vericiguat può agire lungo tutta la “trama del film”, proteggendo i pazienti in più fasi e riducendo il rischio di peggioramento, ricoveri e decessi».
I dati
In Italia lo scompenso cardiaco riguarda oltre un milione di persone, con circa 90.000 nuovi casi l’anno. È la prima causa di ricovero dopo i 65 anni e ha una mortalità molto elevata: più di un paziente su due muore entro cinque anni dalla diagnosi. Se confermati e tradotti nelle linee guida, i risultati di questi studi potrebbero portare a una nuova opzione terapeutica, con un impatto rilevante sia sulla qualità di vita sia sulla sopravvivenza.
«Lo scompenso cardiaco è una condizione con un forte impatto economico e sociale – ha commentato il Direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, Francesco Locati -. Solo un impegno in termini di ricerca può permettere di trasferire in tempo reale al letto del paziente approcci, terapie, procedure e dispositivi sempre più aggiornati e sempre più efficaci. La partecipazione attiva della nostra Cardiologia, attraverso il direttore Michele Senni, a studi internazionali di questa rilevanza - peraltro con un ruolo di primo piano e di coordinamento - è un segnale del livello di qualità della ricerca della nostra realtà pubblica. Voglio infine ricordare che sul versante della prevenzione del rischio cardiovascolare questa Asst è fortemente impegnata come testimonia il progetto Brimberg, sostenuto dalla Fondazione Anthem».
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