Morì a causa di un ossicino ingoiato: al capolinea la causa

CALCIO. I familiari della 64enne, deceduta nel 2015, citarono in giudizio l’Asst di Franciacorta. Assolti i medici, ora l’accordo sul risarcimento.

Era morta nel 2015, cinque mesi dopo aver ingoiato un ossicino che le aveva perforato prima l’esofago e poi l’arteria aorta, causandole un’emorragia. I famigliari di Rosa Pesenti, la donna di 64 di Calcio vittima di questa tragedia, hanno sempre avuto una certezza: il suo decesso si sarebbe potuto evitare se fosse stata subito sottoposta ad esami più approfonditi come una gastroscopia. Ora l’Asst di Franciacorta, a seguito di una accordo transattivo raggiunto fra le parti, risarcirà la famiglia della sessantaquattrenne con 400mila euro. Era il 19 ottobre 2014 quando Rosa Pesenti era intenta a pranzare nella sua abitazione di Calcio consumando «polenta e osèi».

A un certo momento aveva inavvertitamente ingoiato un piccolo ossicino. Alla sera la donna aveva iniziato a lamentare dolori all’addome e, da quel momento, era iniziato il suo calvario. Quello stesso giorno era stata portata al Pronto soccorso dell’ospedale di Chiari (Brescia), dove era stata visitata da una dottoressa e sottoposta a normali esami per poi essere dimessa con una diagnosi di gastrite. La situazione non era però poi migliorata. Dopo circa dieci giorni era così tornata al Pronto soccorso, da dove era stata nuovamente dimessa sempre con la stessa diagnosi. Soltanto un successivo ricovero all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo aveva fatto emergere la tragica realtà: la presenza dell’ossicino che le aveva lacerato esofago e aorta.

Un iniziale intervento sembrava aver risolto la situazione e la sessantaquattrenne era stata dimessa. Il successivo Primo gennaio 2015, però, aveva accusato un’emorragia. Era seguito un ulteriore ricovero e intervento, ma a marzo la donna era morta senza più lasciare l’ospedale. «Quando eravamo al pronto soccorso – aveva raccontato subito dopo la tragedia la figlia - ho chiesto se potevano fare a mia madre una gastroscopia. Mi sono sentita chiedere: “Su che base signora?”. “Sulla base che cinque giorni fa ha ingoiato un ossicino” ho risposto io. La dottoressa ha replicato che “quell’osso chissà dove è già andato” e che probabilmente “si trattava di una gastrite”».

Dopo la morte della donna i famigliari aveva dato il via a una causa giudiziaria sia a livello penale sia civile. Quella penale si era chiusa due anni con l’assoluzione delle due dottoresse che avevano visitato la sessantaquattrenne. La Procura di Brescia aveva chiesto per entrambe un anno di reclusione per omicidio colposo. Il giudice, però le aveva assolte nel caso di una dottoressa perché «il fatto non costituisce reato», nel caso dell’altra perché «il fatto non sussiste». La causa civile nei confronti dell’Asst di Franciacorta è invece andata avanti fino appunto alla sua recente chiusura con l’accordo transattivo che chiude (almeno dal punto giudiziario) una tragica vicenda. Contattati sabato 29 aprile per un commento né i famigliari di Rosa Pesenti né l’avvocato Maddalena Frassi che li rappresenta, hanno voluto rilasciare un commento.

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