Grumello, gli amici dell’imprenditore morto in casa: «Non è venuto per la partita: aperta la porta, era a terra»

I testimoni Il silenzio ha insospettito gli amici che non sentivano Anselmo Campa: lo hanno trovato senza vita. «Non rispondeva al telefono, così abbiamo deciso di andare a vedere».

A ricostruire gli ultimi giorni di Anselmo Campa, il 56enne originario di Castelli Calepio, frazione di Cividino dove ancora abitano la sorella con la sua famiglia e la madre, sono gli amici di Grumello con cui l’imprenditore condivideva il tempo libero. E ne aveva parecchio, ormai da mesi, perché aveva deciso di lasciare la società di famiglia. Così, trascorreva una vita tranquilla, un po’ in casa, qualche pranzo con gli amici e il bar, il «Circulì», dove giocava a carte in compagnia. Quattro di loro l’altra sera hanno deciso di andare a vedere cosa gli fosse successo, perché era strano non vederlo al bar. E, soprattutto, che nemmeno rispondesse al telefono.

La Domenica di Pasqua, l’imprenditore era andato al ristorante con un amico di Grumello, lo stesso con cui il giorno dopo - Pasquetta - era andato a vedere la partita di calcio, in campo c’era una partita di serie C e lui, da giovane, aveva giocato nella prima squadra del Palazzolo, proprio in serie C. La sera, di nuovo al «Circulì». Martedì, di nuovo al bar, è l’ultimo giorno che gli amici lo vedono. «Abbiamo iniziato a insospettirci l’altro ieri pomeriggio (mercoledì 20 aprile, ndr), quando siamo tornati qui al Circolino e la barista ci ha detto che Anselmo non si era visto per tutto il giorno. Siamo andati da lui e lo abbiamo trovato a terra, in una pozza di sangue. Una scena che ricorderò per sempre». Alessandro Maffi è uno dei quattro amici che alle 21 di mercoledì hanno trovato Campa morto ammazzato nella sua casa di Grumello. Lo avevano visto poco più di 24 ore prima, proprio al bar.

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L’ultimo saluto all’amico al «Circulì»

«Alle 17,30 di martedì ha varcato il cancello per tornare a casa – ricorda Maffi – e ci ha detto “Dite a Giusi che la birra gliela pago domani. Ci vediamo stasera alla partita, mi raccomando, vi aspetto tutti qui”. Si è incamminato e non l’abbiamo più visto né sentito: alla sera l’abbiamo chiamato varie volte al cellulare, che suonava libero. Al momento non ci siamo preoccupati. Il giorno dopo, invece, sì. Lo abbiamo richiamato e non rispondeva, siamo andati a citofonare fuori casa e non rispondeva benché la sua auto fosse lì. Abbiamo suonato quattro, cinque volte. Ma niente. Allora ci siamo fatti dare una copia delle chiavi dalla moglie di uno di noi che faceva le pulizie da lui, ma non sono servite: la porta era chiusa, ma non a chiave. Anselmo era lì». Ieri al bar i volti del «solito giro» erano attoniti e increduli. E nessuno degli amici sa spiegarsi chi abbia potuto assassinare quell’uomo mite e tranquillo. Negli ultimi anni aveva avuto, come purtroppo capita a tanti, soltanto qualche screzio dopo la separazione e alcuni problemi in azienda, che è comunque solida e senza problemi legati ai carichi di lavoro.

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