Ferdy: «Torniamo in Alpe per dare un futuro ai nostri figli»

ORNICA . Un docufilm racconta la vita di Ferdy in alta quota: «Abbiamo rovinato ciò che ci avevano lasciato i vecchi. Una cultura da recuperare per fare il bene del Pianeta».

«Quello che a me dà fastidio è che abbiamo distrutto tutto. Abbiamo perso tutto. Vado al cimitero, vedo le foto dei nostri vecchi che hanno faticato, lavorato per un territorio. Noi in 40 anni abbiamo perso una cultura». Ferdy Quarteroni racconta. Racconta una cultura, un modo di vivere e curare la montagna che si è perso e che sta cercando di far rivivere. Parla di un mondo inquinato, di clima che cambia e delle sue conseguenze. Anche, nel nostro piccolo, colpa nostra. Perché l’alpeggio, una volta, era cura del territorio, del bosco, dei pascoli.

Una cultura persa in soli 40 anni

«In pianura i liquami degli allevamenti intensivi - dice - vanno smaltiti, inquinano. In montagna erano fertilizzante importante». Ma gli alpeggi non sono più quelli di 50 anni fa. Ferdy, che a Lenna ha fatto nascere un ecosistema tra azienda agricola e agrituristica che dal 1989 porta

avanti tradizioni del territorio, parla nel docufilm girato nel 2022 e voluto dal figlio Nicolò. La «prima» è stata in Sala Piatti, in Città Alta a Bergamo, nell’ambito della rassegna Forme, sui formaggi patrimonio dell’Unesco. Il documentario, per ora, sta cercando dei luoghi adatti per essere divulgato. «I Guardiani delle Cheese Valleys» resterà una testimonianza postuma di un mondo che sembra lontanissimo.

«Sulle Orobie - è l’incipit del film - gli alpeggiatori custodiscono un patrimonio unico al mondo: un’arte casearia che racconta di tradizioni centenarie e saperi antichi. Saperi che rischiamo di dimenticare. Qui nascono i grandi formaggi delle Cheese Valleys». Prodotto da Ferdy Wild e girato dalla «No Elevator Studio» di Bergamo, racconta in un’ora la vita nell’Alpe della Val d’Inferno, sopra Ornica, dai mille ai 2.000 metri di quota, una valle impervia, di grandi pendenze, ricca di acque e buone erbe.

L’abbandono dell’Alpe

«C’era una società con 150 vacche - racconta Ferdy - e poi 5 o 6 persone, dal capomandria al casaro che in estate, salivano in Alpe. A loro venivano affidati gli animali, in cambio si avevano i formaggi. Così funzionava». E così fino a 40-50 anni fa. Poi l’abbandono dell’Alpe. Gli allevamenti che si spostano in pianura. Le famiglie lasciano il paese, lo spopolamento. «I prati sono ormai rovinati - continua - qua una volta era tutto pascolo: c’erano cento paghe, ora una ventina. Ogni paga era una vacca. Adesso l’erba è scivolosa, se porti delle vacche non adatte le metti a rischio. Il territorio non è più curato e se non lo curi la foresta si prende il suo spazio».

La trama del docufilm

Il film parte dalla baita più a valle, per raccontare la salita con i cavalli carichi di legna e attrezzature per il casaro, fino al Predù, a 1.850 metri, una baita ricavata sotto un enorme macigno. Qui si portano le vacche, qui si dormirà, si mungerà alle 5 di mattina in un terreno sempre più impervio. Ferdy mostra il «frigorifero» a 2.000 metri: un gruppo di sassi coperti da una lamiera. È l’anno della grande siccità. «Il clima sta cambiando - racconta Ferdy -. Qui, nella storia dell’Alpe probabilmente non si è mai vista una siccità del genere. Oggi abbiamo le canne per portare acqua ma una volta non c’erano. Si deviava l’acqua per portarla con canaletti ai pozzi. Se non c’era acqua si doveva scaricare l’Alpe, ma non ho mai saputo che sia successo. Una siccità così non si è mai vista».

Si munge la mattina, alle 5 e poi dopo 12 ore, nel pomeriggio. «Perché mungo ancora a mano? - dice Ferdy scherzando -. Perché non so usare la mungitrice e poi mi faccio gli avambracci. Cammino in salita e mungo, questa è la mia palestra che mi tiene in forma». «Mungere a mano è la nostra cultura - continua - è vivere un territorio. Permette alle vacche di raggiungere e mangiare erbe che con la mungitrice meccanica non riusciresti. E il nostro prodotto è un prodotto vero, come una volta».

La Bruna Alpina Originale

In Val d’Inferno solo vacche di razza Bruna Alpina Originale, un’altra delle «battaglie» di Ferdy. «La nostra cultura è quella della Bruna Alpina Originale, capace di salire in certi alpeggi, capace di arrivare a certe erbe - dice -. Ha dato cibo e cresciuto una popolazione, ci ha dato i formaggi più importanti al mondo. Questa è la nostra razza, vogliamo mandarla in estinzione? Abbiamo la forza straordinaria di questa vacca e a me tutto questo affascina, io porto avanti questa identità, che è la nostra e dei nostri antenati. Sarà da pazzi?». Dopo la mungitura la caseificazione. In Alpe, con Ferdy, ci sono Giuseppe Giovannoni, casaro valtellinese e poi quelli che per il capo mandria Ferdy sono il futuro, i giovanissimi Nicolas Campagnolo e Matilde Mariani. Stanno imparando.

I formaggi della tradizione orobica

«Ogni pezzo di terreno ha erbe diverse - continua Ferdy - e quindi anche il formaggio. I nostri vecchi lo sapevano, non scopriamo nulla di nuovo. Tutti dicevano: “Öl formai de là l’è piö bu. Öle chel...”. Adesso nessuno sa più che formaggio è... si è persa la cultura». Ferdy va al cuore del suo lavoro: «Questa Alpe ha sempre dato un grande formaggio, per l’erba, l’esposizione al sole, l’acqua. E questo nel formaggio c’è tutto. Se un contadino deve venire qui e fare una vita quassù per la natura, perché crede nella biodiversità, in certi valori, poi, però, non ha un riscontro economico e sociale, non lo fa. Ed è per questo che tutti stanno mollando. Ecco perché questi formaggi della tradizione orobica non possono essere svenduti. Non solo per il formaggio in sé ma per mantenere una cultura, una qualità, infine un territorio. Questo ritorno può essere un’opportunità per redistribuire la gente che può continuare a vivere in montagna, e gli animali. Che alla fine serve a noi, ma anche al Pianeta. Perché questo è un mondo che sta andando nella direzione sbagliata».

La conclusione affidata alla storia, a quello statuto firmato nel 1907 a Bergamo per la Società della Valle Inferno. Ferdy la legge con davanti a sé la vallata, una storia secolare fatta di sacrifici, di identità, di valori.

«Osserva i doveri dell’Alpe - legge Ferdy - e la Società potrà avere prospera vita. Rispetta e ubbidisci la rappresentanza dell’Alpe, la bella Alpe, ricca di buone erbe, di acque, di boschi. Amala, coopera al suo miglioramento, ricordati che molti Comuni seguono con interesse l’esperimento tentato in Ornica. Procura che la tua società prosperando sempre più sia esempio e sprone al sorgere di altre nei paesi vicini. Bergamo 9 aprile 1907». «Noi, a Ornica, eravamo la prima Società di questo tipo. Dovevamo essere l’esempio. Come siamo ora».

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