Processo Bara, la parola ai tre imputati. Il 58enne: «Lo rincorrevo ma era troppo lontano. Non l’ho visto saltare»

Hanno deposto i tre imputati mercoledì mattina 22 dicembre al processo per la morte di Mamadou Lamine Thiam, detto Bara, studente ventenne di Almé, precipitato in un dirupo accanto alla strada che da Ubiale Clanezzo porta ai Ponti di Sedrina la notte fra il 22 e il 23 luglio, mentre fuggiva dopo una lite alla festa del paese.

I tre imputati devono rispondere di omissione di soccorso, perché il corpo del ragazzo fu trovato solo il giorno successivo; due di loro sono accusati anche di omicidio preterintenzionale perché è dal loro inseguimento che il ventenne cercava scampo.

C. B., 58 anni, carpentiere in pensione di Ubiale, ha spiegato di averlo inseguito, ma solo fino a 100 metri dal punto della provinciale da cui Bara si sarebbe poi lanciato nel bosco sottostante. «Non ce la facevo più e lui era troppo avanti. Non l’ho visto lanciarsi, perché c’era una curva di mezzo, non potevo sapere da dove si era gettato - ha specificato –. Lo inseguivo non per picchiarlo, ma per consegnarlo ai buttafuori perché aveva dato una testata a un ragazzo».

R. M., 29 anni, carpentiere di Sorisole, accusato di aver incalzato Bara di corsa, ha negato le contestazioni. «Avevo litigato con la mia fidanzata alla festa e me ne stavo andando da solo verso l’auto che avevo parcheggiato ai Ponti di Sedrina», ha dichiarato. La fidanzata I. B., 29 anni, di Sedrina: «Sì, è vero, correvo in quella direzione, ma per raggiungere il mio ragazzo e convincerlo a tornare a casa con me». Prossima udienza il 21 gennaio con i testimoni delle difese

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