San Simone, degrado alla stazione chiusa ma c’è chi investe. «Le potenzialità ci sono»

VAL BREMBANA. Panorami mozzafiato, ma l’abbandono della stazione sciistica chiusa dal 2017 rischia di prendere il sopravvento. C’è però chi continua a investire nella località: i due ristori ora rinnovati e sempre aperti. «La situazione è ingarbugliata, ma le potenzialità per tornare come una volta ci sono». Leggi il reportage di due pagine su L’Eco di Bergamo di domenica 25 giugno.

«Benvenuti a San Simone»: la scritta ti accoglie alla fine della strada che sale da Cambrembo (malmessa, ma si sta asfaltando). Sta sotto un tetto che crolla. Erano gli edifici che ospitavano magazzini e alloggi degli operai. Il biglietto da visita della storica (ex) stazione sciistica di Valleve, in alta Valle Brembana - nata nel 1972 e chiusa dal 2017 - è paradossale quanto simbolico dello stato di fatto.

I panorami naturali sono mozzafiato, l’anfiteatro che si apre è uno dei più belli delle Orobie: sullo sfondo le vette del Pegherolo e del Cavallo. Qui, in inverno e in estate, nonostante tutto, arrivano centinaia di famiglie, escursionisti, scialpinisti, ciaspolatori. Ma l’abbandono della stazione rischia di prendere il sopravvento. Comune di Valleve e la società proprietaria di impianti di risalita, albergo e terreni («San Simone Evolution»), non riescono a trovare un accordo. Così tutto resta fermo.

Ma c’è chi investe

Ma c’è chi a San Simone continua a investire, come Davide Midali e il suo ristoro «Lo Scoiattolo», che nel 2018, con il suo igloo village fece il giro del mondo. Ora si è ampliato: con circa 250 posti a sedere ed entro fine anno anche cinque camere per gli ospiti. Venti minuti a piedi più su si trova la «Baita del Camoscio» (quella nata dopo il rogo del vecchio rifugio Camoscio), di proprietà della famiglia Berera di Foppolo e da pochi mesi gestita dalla famiglia di Delia Midali. Struttura completamente rinnovata negli interni che sarà aperta anch’essa tutti i giorni e alcune sere (in particolare nei weekend). A parte il noleggio in centro a San Simone sono le due uniche attività rimaste aperte nell’ex stazione da sci che dimostra però di avere ancora tutte le carte in regola per attirare clienti.

«San Simone può tornare come una volta»

La famiglia Berera, a San Simone, ha circa il 50% dei terreni, oltre alla baita-ristoro Camoscio. Fulvio Berera, titolare del ristorante K2 di Foppolo, guarda a San Simone ancora con ottimismo. «Abbiamo visto questo inverno – dice –. Nonostante le poche nevicate, a San Simone la neve è rimasta a lungo. Ha tutto quello che deve avere una stazione. Se Comune di Valleve e “San Simone Evolution” arrivano a un accordo, la stazione può ripartire tutta per intero: l’Arale, ma anche le altre seggiovie, Colla, Camoscio e Sessi. La situazione è ingarbugliata ma le potenzialità la stazione le avrebbe per tornare come una volta».

Terreni frazionati

Da altri proprietari, invece, l’auspicio è di una ripartenza magari a tappe: prima un tappeto o uno skilift all’Arale, poi magari il Colla. Il Comune di Valleve, nei progetti di rilancio ha finora ipotizzato un rilancio in grande stile, con la ripartenza degli impianti e un potenziamento anche di tutti i servizi annessi, parcheggi compresi. I terreni di San Simone sono frazionati su tante proprietà.

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