L’«angelo» dei malati di coronavirus
Val Cavallina, il grazie al dottor Longaretti

Nel mezzo della più grande catastrofe dal dopoguerra a oggi, i cittadini vedevano la valigetta del medico condotto e, all’inizio, quando le protezioni mancavano, pure la maschera da verniciatore che aveva recuperato, percorrere senza fine le strade dei paesi.

Nella media Val Cavallina, tra i comuni di Vigano, Borgo di Terzo, Luzzana, Berzo San Fermo e Grone, la riconoscenza nei confronti del dottor Roberto Longaretti è un elemento comune. Nel mezzo della più grande catastrofe dal dopoguerra a oggi, i cittadini vedevano la valigetta del medico condotto e, all’inizio, quando le protezioni mancavano, pure la maschera da verniciatore che aveva recuperato, percorrere senza fine le strade dei paesi.

«Credo che la migliore definizione per il 2020 sia quella di “anno zero” - spiega il dottore, 40 anni il prossimo 10 febbraio –. È tutto cambiato: modo di lavorare, lo stile di vita, le nostre relazioni. Nel primo periodo pandemico, uscivo la mattina alle 7 e tornavo la sera alle 22, e poi dovevo occuparmi fino a tarda notte di rispondere alle telefonate e ai messaggi dei miei pazienti». In media, le visite a domicilio, effettuate dal medico di famiglia su persone in condizioni di assoluta necessità, con sintomi tali da far pensare senza molti dubbi alle temute polmoniti bilaterali, si aggiravano sulle 25-30 al giorno nel momento di massima pressione dell’infezione. Le richieste di aiuto e informazioni, da parte loro, arrivavano fino a 150».

«In coscienza devo dire che non me la sentivo di rifiutare – racconta Longaretti, arrivato a operare sul territorio nel 2016 –, non potevo fare altrimenti. Se un malato mi chiama devo andare da lui. In tutto questo le comunità e le amministrazioni hanno dato a noi medici un forte supporto. Si è riscoperta la solidarietà: c’era chi si occupava di portare cibo agli anziani, chi dava una mano per riempire le bombole d’ossigeno, che per vario tempo non erano a disposizione di tutti».

Nonostante la mole di contatti, il Covid-19 non l’ha mai raggiunto. «Credo di essere stato fortunato, e forse bravo – commenta –. Ma la paura di contagiarmi e di contagiare soprattutto i miei tre figli e mia moglie era costante. Ho vissuto in casa, a Zandobbio, separato da loro, usando la lavanderia come camera di decontaminazione. Mi spruzzavo di alcol da capo a piedi, dopodiché mettevo a lavare i vestiti con il disinfettante. Anche adesso che la situazione è sotto controllo la paura c’è, è il fattore che ci mantiene vigili».

Oggi, nei comuni in cui opera, i pazienti con il Covid-19 sono pochi, per lo più asintomatici o paucisintomatici. «La situazione ora è sotto controllo – sottolinea Longaretti –. A volte emergenze così drammatiche fanno fiorire cose buone e utili: c’è molto più dialogo tra colleghi e l’introduzione della figura del coordinatore dei medici del territorio permette di restituire bene alle istituzioni e ad Ats le necessità della popolazione. Quando è arrivata l’epidemia mancava una rete organizzata e una comunicazione efficiente». Per aver lavorato senza sosta in condizioni di rischio altissimo il dottor Longaretti ha ricevuto dai comuni di Borgo di Terzo e di Grone una targa incisa e una pergamena, un segno di riconoscenza: «Gli attestati da Borgo di Terzo e Grone sono stati una manifestazione di affetto e riconoscenza che mi ha commosso. Ne sono molto grato».

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