Artem, Ivanna, Sofia dall’Ucraina. Nuova vita insieme per assaporare la pace

Gazzaniga Nella casa dei Bonomi accolte due mamme coi loro figli e una nonna: «Grazie, vogliamo ricambiare». È uno di progetti del Coordinamento Cittadini accoglienti.

Sorride, Cristina. Eppure non è così. «Questa è un’espressione nervosa. Il sorriso arriverà quando mio marito sarà in salvo. Quando il nostro popolo sarà salvo». Lei è un turbine di emozioni. Parla, parla non si ferma e in ucraino misto a un perfetto italiano imparato durante i dieci anni di soggiorni in Italia, quando da piccola veniva ospitata con i «bambini di Chernobyl» da una famiglia del Torinese, racconta il suo lunghissimo viaggio fino a Gazzaniga.

La storia di Cristina

Qui, in una casa piena di verde e di sole – ma anche di generoso amore –, Cristina dall’8 marzo condivide le sue giornate con una nonna, altre due mamme e i loro bambini, Nove persone in tutto, tre famiglie. Non si conoscevano, prima di approdare a casa Bonomi. Ma ora che Artem e David tirano calci al campo dell’oratorio con la maglia della Virtus Gazzaniga, ora che Julia la grande può ascoltare la sua musica preferita su un letto comodo e al sicuro, ora anche un tè allo zenzero preso tutte insieme ha il sapore della pace. Un «sentirsi in pace» che però pare ancora un’illusione, coi mariti rimasti in Ucraina, fratelli e genitori in chissà quale bunker «e noi siamo qui. Grazie, grazie, non sappiamo come ringraziarvi» ripetono.

L’inno ucraino cantato dal gruppo ospitato a Gazzaniga

«L’abbraccio accogliente della Val Seriana»

Ciò che Franco e Piera Bonomi fanno, spalancando le porte della loro casa, è segno di un’accoglienza che coinvolge, in Valle Seriana e non solo, una trentina almeno di persone del «Coordinamento Cittadini accoglienti» che riunisce le associazioni «Insieme per mano», «Alzano Viva» e Cooperativa San Martino. «Attualmente il Coordinamento ospita 17 persone di cui nove minori dai 2 ai 17 anni» spiega Stefania Bonomi, presidente di «Insieme per mano», psicoterapeuta con alle spalle esperienze anche in territori di guerra, come i campi profughi al confine con la Siria, un background prezioso anche per alleviare le ferite dell’anima di queste donne come quelle di tante persone segnate dalla perdita dei propri cari a causa del Covid, sostenute gratuitamente a Nembro.

In valle arrivano «persone inviate da Caritas e dalla Protezione civile di Milano, ospitate in otto unità abitative tra Gazzaniga, Alzano, Rovetta e Redona a Bergamo». Uno di questi alloggi è il grande appartamento sotto quello dei suoi genitori. Siamo a Gazzaniga, sotto il cimitero. Qui in questi strani pomeriggio di sole caldo, i bambini della tribù giocano sull’altalena e con il cane di casa. Artem ha 8 anni, è il figlio di Cristina che ne ha 26. Arrivano da Zhytomyr, a ovest di Kyev dove è rimasto papà Vitalij. Partiti il 28 febbraio, sono approdati in Valle Seriana soltanto l’8 marzo. «Dopo una notte sotto i bombardamenti al confine con la Polonia – racconta Cristina – abbiamo attraversato il confine, ma poi ho aiutato le altre persone che hanno viaggiato con noi in auto a trovare un passaggio chi per l’Italia, che per la Germania» aggiunge mentre l’interprete Tatyana traduce. E ora che Artem va a scuola in seconda elementare e gioca a calcio all’oratorio, vede il suo sorriso e anche lei ruba un po’ di serenità.

In valle arrivano «persone inviate da Caritas e dalla Protezione civile di Milano, ospitate in otto unità abitative tra Gazzaniga, Alzano, Rovetta e Redona a Bergamo»

I rintocchi della campana

Anche Maria parla bene l’italiano: ha fatto la badante nel Milanese e quando è scoppiata la guerra ha convinto la figlia Elena di 28 anni a raggiungerla con i nipoti David e Sofia, di 7 e 2 anni. La loro città è Ivano Frankivsk, quella dell’aeroporto distrutto dalle bombe. «Elena non voleva lasciare il marito Ruslan – racconta la madre –, ma la campana della nostra chiesa continuava a suonare per il pericolo di bombardamenti, lei è stata due notti sotto terra e poi, molto stressata per questa situazione, ha scelto di fuggire». Ruslan e gli altri uomini della famiglia, il marito e il figlio di Maria che si chiamano entrambi Sergio, li sentono ogni giorno. E ogni giorno sono lacrime, pensieri pesanti.

«Elena non voleva lasciare il marito Ruslan – racconta la madre –, ma la campana della nostra chiesa continuava a suonare per il pericolo di bombardamenti, lei è stata due notti sotto terra e poi, molto stressata per questa situazione, ha scelto di fuggire»

La storia di Ivanna

Kolomyia, nel Sud Ovest dell’Ucraina, è la città di Ivanna, parrucchiera di 37 anni che proprio mercoleì 30 marzo sarà alla casa di riposo San Giuseppe a tagliare i capelli ai nonni. «È felice di fare qualcosa per il paese che la ospita – dice Bonomi –, come tutte le altre donne, che saranno presto in oratorio per pulire i locali: vogliono ringraziare con il loro lavoro volontario per l’accoglienza e chissà, poi anche trovare un’occupazione». Con Ivanna c’è la figlia Julia, la taciturna del gruppo, con i suoi 16 anni di emozioni e pensieri. Ha dovuto interrompere la scuola per parrucchiera, ma Albino non è lontana, c’è un nuovo corso che l’aspetta. A occuparsi dell’inserimento scolastico «e a pagare anche le spese della mensa è la San Vincenzo di Gazzaniga – aggiunge Stefania Bonomi –. Nel Coordinamento c’è chi raccoglie gli alimenti da vari negozi che ce li donano, chi si occupa della burocrazia, che dei trasporti: ognuno fa la sua parte, è una forma di cittadinanza attiva, promuoviamo pace».

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