Frana di Ardesio, dopo un anno due famiglie ancora fuori casa. Scontro sui risarcimenti - Foto e video

REPORTAGE. Il 5 aprile 2023 lo squarcio nel canale, acqua e detriti sul paese: furono evacuate 71 persone. Una donna: «Coi figli sul tettuccio dell’auto nel box per scampare al fango. Pensavo: moriremo come topi». Il sindaco: retromarcia di Enel. La società: se ci sono colpe lo dirà l’indagine.

Un anno dopo, lo squarcio è ancora lì. Una trincea di sacchetti di sabbia, pali d’acciaio a puntellare l’argine crollato, le reti rosse dei cantieri per impedire l’accesso, i new jersey di cemento a protezione della stradina che sale dalla provinciale e un enorme telo verde che fa tanto sala operatoria sono le tracce delle operazioni di messa in sicurezza. C’è silenzio. Cade pioggia autunnale sul bosco. L’acqua era fuoriuscita alle 6,50 del 5 aprile 2023 dall’improvvisa lacerazione di questo canale di adduzione lungo 4 km e diretto alla centrale di Ludrigno: 15mila metri cubi di potenza, annunciati da un vento sinistro, che avevano trascinato a valle pietre, terra e alberi, riversandosi sulle abitazioni di via Alpini, via Monte Secco, via Piemonte, via Carpignolo, sul versante della montagna che guarda in faccia il centro abitato di Ardesio. «Le piante cadevano come stuzzicadenti», ricorda qualche abitante. Niente vittime né feriti, ma furono evacuate 71 persone, molte delle quali rientrate dopo qualche ora armate di ramazza.

Due famiglie restano sfollate

Si incontrano poche anime vive in questo mercoledì uggioso, ma dev’essere che gran parte delle abitazioni appartiene a villeggianti. Due famiglie restano sfollate: sono andate ad abitare, loro malgrado, in paese. «Pago il mutuo della casa distrutta e l’affitto di quella dove abito ora», fa notare Miriam Filisetti. La sua è una delle abitazioni che ancora adesso raccontano la devastazione di quei giorni: porte e finestre sfondate, divani letto spezzati, schizzi di fango sui soffitti e un ammasso di masserizie, bottiglie di plastica, sacchetti, coperte, lattine, calcinacci, stendibiancheria contorti.

«Sarebbe bello che, dopo un anno, qualcuno si svegliasse perché queste due famiglie possano tornare», s’accalora il parroco, don Antonio Locatelli. Perché, osserva, «l’acqua s’è rubata parte della casa, ricordi, oggetti dall’alto valore affettivo, ma pare aver portato via pure speranze e tranquillità». «Ho preso i miei bimbi (Michele di 3 anni e Nicola di 6, ndr) e siamo scappati in pigiama in garage – ricorda Miriam –, perché credevo che la casa sarebbe stata abbattuta da quella furia. Il fango saliva. Per 45 minuti siamo rimasti sui tettucci delle auto. “Faremo la fine dei topi”, pensavo. Ma cercavo di dare coraggio ai miei figli. “Cantiamo qualcosa”, ho proposto. “Ti pare il momento, mamma?”, mi hanno risposto. Allora abbiamo pregato. Sono stati momenti infiniti».

«Pensavo di tornare a casa nostra entro un anno, invece niente. Non siamo sicuri di quanto ci rimborseranno»

Le due auto di famiglia che avevano offerto riparo sono state distrutte dal fango. «Enel ci ha messo a disposizione due vetture: ci rinnova il noleggio di mese in mese», spiega Miriam. Che si dice frustrata dal nuovo mondo provvisorio. «Pensavo di tornare a casa nostra entro un anno, invece niente. Non siamo sicuri di quanto ci rimborseranno, così stiamo attenti anche a comprare una sedia. Sistemare la casa costa 200mila euro e noi non li abbiamo. Sono molto arrabbiata, in primis con Enel che ha causato il danno, poi col Comune: cosa aspetta a fare causa e a darci una mano? Continuiamo a pagare Imu e Tari pure per la casa che non possiamo abitare».

«Abbiamo evitato di far pagare tutto ciò che era possibile – replica il sindaco Yvan Caccia –. E ci siamo mossi con Enel per far sospendere il pagamento delle utenze». Dopo il fermento dei soccorsi e la solidarietà alimentata dall’afflato emotivo, l’attenzione e gli impulsi sono andati attenuandosi, un po’ perché è la curva fisiologica di queste situazioni, un po’ per questioni giudiziarie che rendono ogni passo di piombo. Il pm Letizia Ruggeri, dopo aver aperto un’inchiesta contro ignoti per frana, ha chiesto l’archiviazione. Cui s’è opposta una decina di danneggiati, rappresentati dall’avvocato Jessica Vitari, che invoca una consulenza tecnica. Il gip Stefano Storto si è riservato la decisione. E poi c’è la causa civile, dove sono in ballo i risarcimenti, chiesti principalmente a Enel Green Power, gestore del canale di adduzione. Qualcuno ha però citato in causa anche il Comune. Il giudice, in questo caso, ha nominato un Ctu per un accertamento tecnico preventivo.

«Sono amareggiato – confida il sindaco – per il comportamento che l’Enel ha ultimamente adottato. All’inizio pareva dovessero sistemare tutto loro, ora invece sostengono che i danni li ha causati l’acqua e che, dunque, il Comune doveva affidare approfondimenti a un geologo. Da una società a partecipazione pubblica è vergognoso». Per l’accertamento delle responsabilità Enel Green Power rimanda agli esiti delle indagini e sottolinea che, «senza riconoscere alcuna responsabilità riguardo all’evento e in attesa della conclusione degli accertamenti», «l’azienda s’è resa disponibile sin dal principio a supportare la comunità locale per far fronte alle necessità primarie e istanze manifestate dai cittadini in un continuo dialogo con le istituzioni locali».

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