«Una notte a più di 2.000 metri in un igloo sul Pizzo di Petto»

LA STORIA. Lorenzo Filisetti, trentenne di Clusone, la montagna nel cuore. «È stato il primo rifugio che ho costruito, l’altro sul Pizzo Tre Confini».

Il nome del Pizzo di Petto ha riempito in questi ultimi giorni le cronache nell’ambito della notizia del futuro collegamento – l’ipotesi è quella di un tunnel – tra Colere e Lizzola. Ed è proprio in questa zona che Lorenzo Filisetti – trentenne originario di Clusone ma che per impegni scolastici ha trascorso molti anni tra Edolo, Innsbruck, Bolzano e le località svizzere dell’Oberland Bernese – ha costruito il suo primo igloo, mentre il secondo è stato realizzato ai 2.824 metri del Pizzo Tre Confini.

In Tirolo Lorenzo ha avuto modo di effettuare molte uscite con gli sci d’alpinismo ma delle nostre montagne apprezza da sempre l’aspetto selvaggio che caratterizza i luoghi lontani dai classici itinerari. «Questo, assieme alla sensazione di benessere che lascia in me, mi ha spinto a pianificare l’uscita prima delle recenti e copiose nevicate. Sono partito il martedì mattina dal Passo della Presolana con il proposito di passare alcuni giorni in quota tornando a Valbondione solo nel tardo pomeriggio di venerdì, dopo aver percorso circa ottanta chilometri e 7.850 metri di dislivello. Avevo uno zaino di 15 chilogrammi contenente vestiario di ricambio, badile, picozza, sonda da valanga e fornelletto con bombola. Il primo giorno ho raggiunto la vetta della Presolana del Prato, quindi la Valzurio e il Pizzo di Petto (2.270 metri), dove ho costruito il primo igloo per trascorrervi la notte. Il giorno dopo mi sono spostato a quote più elevate passando prima dal rifugio “Mirtillo”, il Monte Sasna risalendo poi in direzione del Pizzo Tre Confini. Anche qui ho costruito un igloo, non senza difficoltà vista la scarsa coesione della neve». Avendo deciso di passarvi due notti Lorenzo ha quindi pianificato altre uscite tra il ghiacciaio del Gleno, il rifugio «Barbellino» e il Pizzo del Diavolo prima di tornare ai Tre Confini. «Le seconda notte – dice ancora – ho abbandonato l’igloo optando per l’escavazione di una truna sul pendio sopra il laghetto, perché mi sono reso conto che avrei sentito meno il vento».

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