Con «Dall’io al noi» va in scena il mondo forte di chi fa del bene

Lo spettacolo. L’attrice di teatro civile Tiziana Di Masi domani a Loreto per Bergamo capitale italiana del volontariato 2022. Le storie del territorio.

Attrice di teatro civile e interprete di spessore di un autentico impegno sociale sul panorama artistico nazionale, Tiziana Di Masi venerdì sera (18 novembre) sarà a Bergamo in occasione di Bergamo capitale italiana del volontariato 2022 per portare in scena all’Auditorium di Loreto il suo ultimo spettacolo «#IoSiamo - Dall’io al noi». In questa intervista ci racconta come è nato lo spettacolo e cosa racconta.

Come nasce questo spettacolo? Perché la scelta di parlare di volontariato?

«Dal 2010 con i miei spettacoli parlo di temi sociali e faccio emergere tematiche scomode: gli spettacoli precedenti, che parlavano di mafia e contraffazione, raccontavano tutto quello che in Italia non va bene. “#IoSiamo” è una risposta a tutto questo: con l’autore Andrea Buolo abbiamo voluto raccontare quello che in Italia va bene, pur consapevoli che il bene non fa storia. Nasce quindi come una grande sfida narrativa, umana e sociale: quella di mettere in luce il mondo di chi fa del bene, di chi ha fatto il passaggio dall’io al noi. Abbiamo così iniziato a girare l’Italia in un lungo lavoro di raccolta di storie, che ci sono state raccontate e che ora cerchiamo umilmente di restituire al pubblico».

Cosa è emerso?

«Tutto quello che sembrava piccolo e relegato al buonismo è risultato essere un mondo affascinante, forte, animato da persone che con piccole azioni quotidiane migliorano le comunità in cui viviamo. Sono centinaia di storie diverse l’una dall’altra, legate da un filo comune. Nello spettacolo abbiamo selezionato otto storie più una storia a kilometro zero che racconta ciò che accade nel territorio in cui siamo in quel momento. Questo permette di capire che c’è un benefico contagio del bene: il bene accade e le storie non sono solo quelle confluite nello spettacolo ma anche quelle che accadono ogni giorno nei territori. Emerge anche la complessità della bellezza di questa azione volontaria, con cui il volontario cambia la sua vita e quella di chi riceve il suo dono. E dentro ad ogni storia c’è il riflesso della vita di ciascun volontario, delle sue attitudini e del suo modo di vedere il mondo. Una diversità che però trova una direzione comune: occuparsi della polis. Il filo che lega tutto è l’amore, per questo il claim che accompagna lo spettacolo è “L’amore non è mai inutile”».

C’è una storia che l’ha sorpresa particolarmente?

«Ce ne sono tante, ma una inevitabilmente mi accompagna. È la storia di Mario, ex autista delle corriere della provincia di Bologna, che nella sua semplicità è emblematica: Mario conduceva una vita semplice, e quando andò in pensione sprofondò nella depressione; per lui la vita non aveva più senso. Poi gli venne data la possibilità di fare il volontario con una persona con gravissima disabilità, una persona eccezionale che non parla e non cammina, comunica attraverso un macchinario ma ha uno straordinario talento. La vita di Mario cambia totalmente: è il miglior insegnamento alla felicità della vita. Mario dice che aveva paura di vivere ma conoscendo Claudio, che gli ha dato tutto quello che gli mancava, ha dimostrato che nella vita si può fare tutto. È una storia che dura anni e in questi anni di volontariato, di relazione profonda, c’è un cambiamento totale. È la trasformazione dall’interno di una vita che si apre a infinite possibilità. Da questa apertura si genera la bellezza».

Lo spettacolo è nato prima del Covid. nel frattempo il volontariato ha subito colpi e trasformazioni: anche lo spettacolo si è evoluto?

«Nel momento in cui è arrivata la pandemia lo spettacolo si è fermato, sono stati mesi difficili e anche post pandemia c’è stata una grande stagione di incertezza. Quindi abbiamo pensato a forme diverse per continuare a farlo vivere: tutto in Italia si era fermato, tranne i volontari. Così abbiamo creato il Tg del volontariato: ogni giorno intervistavamo un volontario al telefono per dare il messaggio che nonostante tutto c’era qualcuno che continuava a impegnarsi e a dare una mano a chi aveva bisogno. Lì dove non si poteva andare i volontari andavano. Abbiamo continuato a tenere viva questa grande fiamma del bene. Nell’incertezza c’era una certezza: c’era qualcuno che continuava a impegnarsi per gli altri».

Quale è il messaggio che “Io siamo” vuole lanciare al pubblico?

«”La virtù è più contagiosa del vizio, purché sia raccontata”: questa frase di Platone spiega bene che se il bene si fa ma non lo si racconta è come se non lo si facesse. Il volontariato deve arrivare al cuore delle persone perché possano essere ispirate dal bene. Bisogna avere il coraggio e la forza di farlo emergere».

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