Purificare l’acqua con le tecnologie per salvare la vita

PROGETTO RE.TE. I volontari del «Gruppo Sermig» di Bergamo realizzano cloratori per «risanificare» grandi quantità di liquido, destinati al Burkina Faso.

Re.Te-Restituzione Tecnologica: è questo il nome del nuovo progetto messo in pista dal Gruppo Sermig di Bergamo. L’obiettivo è quello di restituire le competenze tecnologiche e scientifiche che abbiamo sviluppato nei Paesi occidentali per ideare progetti di sostegno ai contesti più fragili del nostro pianeta, dove le competenze tecniche e scientifiche sono minori. Competenze che vengono restituite dagli stessi volontari del gruppo: giovani e adulti, esperti o studenti.

«Il progetto Re.Te ha una storia solida alle spalle e si inserisce nel percorso più ampio dell’Arsenale della Pace di Torino fin dalla seconda metà degli anni ’80 - racconta Luca Minerva, referente del progetto Re.Te -. Il concetto di restituzione è molto caro al Sermig perché parte dal presupposto che noi siamo nati in un contesto molto ricco, non solo economicamente ma anche in termini di conoscenze e relazioni, che spesso diamo per scontato ma che è stato costruito nel tempo con sacrifico e anche soverchiando le risorse di altri popoli. Ora dobbiamo darci da fare perché i tanti doni che abbiamo possano essere restituiti anche a chi ha meno possibilità delle nostre».

Da meno di un anno questo progetto è sbarcato anche a Bergamo, dove i 20 giovani volontari del Sermig (tra i 16 e i 35 anni) hanno scelto di ampliare le proprie attività e di coinvolgere anche alcuni adulti. «Le richieste che arrivano a Re.Te sono tante, così dall’Arsenale ci hanno proposto di iniziare a prenderne in carico qualcuna anche noi - racconta Francesca Ricchi, una dei giovani volontari del gruppo -. L’incarico che ci è stato affidato è quello di realizzare dei cloratori per purificare grandi quantità di acqua, apportando migliorie e sviluppandone una nuova versione». Il gruppo si trova tutte le settimane per assemblare questi dispositivi, strumenti che dal punto di vista chimico ed elettronico sono molto semplici e utilizzano elementi «poveri» ma che consentono di salvare la vita a tante persone: nelle zone in cui viene utilizzato questo strumento la mortalità è calata drasticamente.

Problemi di potabilità

«L’obiettivo è quello di non individuare soluzioni costose, ma abbastanza economiche da poter essere facilmente manutenute anche dall’altra parte del mondo», prosegue Ricchi. «Viene utilizzato in luoghi dove ci sono problemi di potabilità dell’acqua, come il Brasile, ma anche nei campi profughi quando scoppiano le epidemie». Il cloratore utilizza un processo di idrolisi con un’apposita soluzione per trasformare l’acqua inutilizzabile e contaminata in acqua “sicura”. A partire da acqua, sale ed energia elettrica genera ipoclorito di sodio che è un potente disinfettante: un litro della soluzione prodotta permette di sanificare da batteri e virus fino a 1.500 litri di acqua. «A Bergamo, oltre che produrre i cloratori, stiamo anche cercando di migliorarne l’aspetto dal punto di vista logistico. E lo stiamo facendo anche grazie ad un proficuo scambio generazionale: il gruppetto che si dedica a questo progetto è, infatti, composto da 4 giovani e 6 adulti. Gli adulti sono professionisti che stanno mettendo a disposizione le loro competenze e ci permettono di imparare cose nuove come la saldatura o l’osservazione dei componenti meccanici. Elementi che poi potremo noi stessi insegnare ad altri giovani», sottolinea Ricchi. I cloratori che vengono costruiti nella nostra provincia sono destinati al Burkina Faso.

Un lavoro continuo

«È un lavoro continuo e dovremo produrne di nuovi perché ci sono richieste che arrivano da tutto il mondo, in particolare dalla zona dell’Africa», aggiunge Minerva. Questo è solo il primo progetto che Sermig Bergamo realizza per Re.Te, e c’è già l’idea di dedicarsi anche allo sviluppo di altri prodotti: «Il secondo aspetto a cui dedicarsi potrebbe essere qullo della telemedicina oppure la realizzazione di frigoriferi fotovoltaici con 48 ore di autonomia in caso di mancanza di luce che si stanno già sviluppando a Torino».

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