Processo «Bara», la difesa dei tre imputati chiede l’assoluzione

Ubbiale Clanezzo Nel processo per la morte di Mamadou Lamine Thiam, detto Bara, ventenne di origini senegalesi che abitava ad Almè, la difesa ha chiesto l’assoluzione per i tre imputati.

«Il mio assistito s’è sentito in dovere di non voltare la testa dall’altra parte, come capita spesso a tutti noi. Voleva bloccare il ragazzo che aveva dato la testata a un altro giovane e, per senso di giustizia, consegnarlo al servizio d’ordine della festa. Non ci sono gli elementi per sostenere che volesse picchiarlo».

L’avvocato Beniamino Aliberti ha chiesto l‘assoluzione per C. B., 59 anni, carpentiere di Ubiale Clanezzo alla sbarra per omicidio preterintenzionale, omissione di soccorso e interruzione di pubblico servizio (il presunto sviamento delle indagini). Per lui il pm Chiara Monzio Compagnoni aveva chiesto 11 anni. La vicenda è quella accaduta a Ubiale Clanezzo la notte fra il 22 e il 23 luglio 2017, quando Mamadou Lamine Thiam, detto Bara, 20 anni, studente di origini senegalesi che abitava a Villa d’Almè, si lanciò in un precipizio per sfuggire – è l’accusa – agli inseguitori dopo una lite scoppiata a una festa-concerto al campo sportivo. Con il carpentiere a processo c‘è una coppia di ex fidanzati, che l’accusa colloca tra gli inseguitori: R. M., 29 anni, di Sorisole accusato di omicidio preterintenzionale e omissione di soccorso (10 anni la richiesta di condanna), e I. B., coetanea di Sedrina che deve rispondere di omissione di soccorso (2 mesi con la condizionale).

L’avvocato Aliberti ha sostenuto che C. B. aveva accennato a inseguire, ma s’era fermato dopo pochi metri perché Bara correva più veloce e che sul punto della provinciale 23 (che porta ai Ponti di Sedrina) da cui s’è gettato il ragazzo il carpentiere non c’è mai arrivato (dunque non poteva rendersi conto della tragedia, né tacere l’informazione ai carabinieri). Per questo motivo ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

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Stessa richiesta è arrivata dagli avvocati Stefano Sesti e Serena Maria Rozzoni, difensori di R. M. Secondo i legali il 29enne è stato incastrato da una serie di coincidenze avverse: fu superato da Bara che fuggiva e lui stesso affrettò il passo perché, avendo sentito dell’arrivo dei carabinieri, voleva sbarazzarsi dell’hashish che aveva in tasca.

Anche Cristina Maccari, difensore di I. B. ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste, spiegando che, non essendo del paese, la giovane non poteva sapere che sotto il guardrail da cui si lanciò Bara, c’è un precipizio profondo 18 metri. Del resto, nessuno, nemmeno i tre ragazzi che si fermarono a vedere, quella sera pensò di chiamare i soccorsi.

La sentenza il 12 maggio.

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