Badar, il primo carabiniere musulmano
«Nell’Arma per combattere il terrorismo»

Sabato il giuramento: «Affascinato dai militari fin da bambino, quando vivevo in una zona problematica». La gioia dei familiari: «Conoscere l’arabo è un vantaggio operativo. Il mio prossimo sogno? Diventare maresciallo».

Italiano, musulmano praticante e ora anche carabiniere. Anzi, il primo appartenente all’Arma di fede musulmana. Un primato che Badar Eddine Mennani, 23 anni, di Chiuduno, famiglia di origine marocchina, non ostenta ma che giustamente rimarca quando evidenzia la conoscenza dell’arabo: «Questo aspetto mi aiuterà molto nel mio lavoro a difesa dei cittadini, in particolare nel settore della lotta al terrorismo. Credo che la mia conoscenza dell’arabo sia un valore aggiunto».

Ieri Badar ha giurato fedeltà alla Repubblica italiana insieme ad altri 396 carabinieri: lo ha fatto a Torino, nella caserma Cernaia, dove dallo scorso 13 dicembre ha seguito il corso per diventare militare dell’Arma. Per il ventitreenne è stata la realizzazione di un sogno: «Da bambino ho vissuto a Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano, in un quartiere piuttosto difficile e dove c’erano diverse problematiche: in quel contesto vedevo i carabinieri come quelli che aiutavano la popolazione onesta e corretta. E il mio rapporto con i colori dell’Arma è stato per questo fin da sempre quotidiano. Ancora oggi ho a casa, in camera, i modellini delle auto e dei veicoli dei carabineri, che ora finalmente potrò guidare», racconta entusiasta il giovane militare.

Che ieri è stato raggiunto a Torino da tutta la famiglia, partita di buon’ora da Chiuduno: mamma Khadija e papà Salah, che lavora da cinque anni al corriere espresso «Gls», la sorella Mariam che, con indosso lo hijab come la loro mamma, gli ha amorevolmente sistemato gli alamari della divisa. E poi i fratelli Manal e Amin. «Non è stato un percorso facile – ammette il neocarabiniere – ma non per l’origine della mia famiglia, quanto perché la partecipazione ai concorsi per entrare nell’Arma prevedevano un certo periodo perlomeno all’interno dell’esercito».

Badar non si è dato per vinto e nel 2016 si è arruolato nell’esercito: in forza prima a Verona e poi a Treviso, ha partecipato attivamente all’operazione «Strade sicure» a Roma. Ed è stato proprio nella capitale, nel 2017, che si è accorto di quanto fosse importante la sua conoscenza della lingua araba: «Eravamo in servizio di controllo alla stazione di Trastevere e a un certo punto è spuntato un tale che ha gridato “Allah Akbar”, generando il panico più totale. Comprendendo l’arabo, ci ho parlato e siamo così riusciti a ridimensionare la situazione e a risolvere il caso». Un episodio che ha poi portato all’assegnazione di un encomio a Badar da parte dei vertici dell’esercito.

L’anno scorso l’agognata vittoria del concorso indetto dall’Arma e l’accesso al corso per diventare carabiniere: «Già quando ero in Campania seguivo regolarmente le attività delle associazioni d’Arma – ricorda –. Il mio sogno è sempre stato quello di poter dare una mano ai cittadini. Quando avevo 18 anni ci siamo trasferiti a Chiuduno, dove già abitavano i miei zii, perché mio papà potesse andare a lavorare alla Gls. Dove tra l’altro ho lavorato per un breve periodo anche io, prima di entrare nell’esercito».

Il fatto di essere «musulmano praticante», come tiene a evidenziare, non è mai stato un problema, nemmeno durante il Ramadan: «Durante il corso mi hanno concesso senza problemi i vari permessi perché potessi seguire al meglio il Ramadan». Tra qualche giorno Badar partirà per il primo tirocinio nell’Arma territoriale, anche se non conosce ancora la destinazione: «Per il futuro – spiega – mi piacerebbe lavorare in primis nel contrasto al terrorismo, mentre il prossimo sogno è quello di diventare maresciallo. Chissà se riuscirò a realizzare anche quello?».

E i genitori? «Al giuramento erano molto emozionati, forse quanto me – ammette – perché si sono resi conto che si stava concretizzando un mio sogno che avevo fin da bambino». E a Chiuduno Badar si sente a casa: «Conosco bene l’arabo, ma ormai anche il bergamasco – scherza – perché mi sento a tutti gli effetti oramai un bergamasco. Anche se l’accento ho avuto poco modo di sentirlo durante il corso a Torino, perché molti dei miei colleghi erano di origine meridionale. Come me, del resto».

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