«Io, il bosco, Akela e i tartufi»
La natura dà lavoro - la storia

Matteo Armenali, 29 anni, con la sua cagnolina, scova nei boschi i tartufi per mercatini e ristoranti. Col ricavato vive e finanzia il suo marchio discografico.

Ha sempre amato stare a contatto con la natura, vivere i boschi e la montagna, fare l’orto e provare ad auto sostenersi con i frutti della terra. Una scelta di vita quella di Matteo Armenali che a 29 anni ha scoperto di riuscire a realizzare il suo obiettivo, una sfida per molti, un sogno per lui che a Foresto Sparso sta ristrutturando con le sue mani una casa datagli in comodato d’uso da amici di amici.

Vicino ha organizzato l’orto e dal suo appezzamento di terra parte per i boschi bergamaschi in compagnia della fedele Akela, amica a quattro zampe, una bastardina che è diventata una partner lavorativa, abilissima nello scovare tartufi, attività diventata redditizia per Matteo.

«La mia e quella della mia compagna è una vita semplice, senza fronzoli e pretese. Coltiviamo la terra e mangiamo ciò che produciamo. Il resto lo acquistiamo e lo barattiamo, cercando di vivere con poco ma godendo anche molto della natura che ci circonda», spiega il giovane bergamasco che, originario di San Paolo d’Argon, ha imparato il lavoro dell’agricoltore a Chiuduno per poi trasferirsi a Foresto. «Sono sereno perché ho sempre desiderato vivere questa vita» ammette, soprattutto ora che con Akela ha intrapreso un’attività che gli permette di utilizzare «in maniera sostenibile i frutti della terra, scoprendo nuove possibilità di crescita».

La storia ha dell’incredibile se si pensa che Akela è una bastardina di 4 anni, diventata un’ottima cercatrice di tartufi: «È nata a Chiuduno, figlia della cagnolina del vicino di casa e fin da subito siamo diventati inseparabili, una fedele e volenterosa compagna di escursioni nei boschi». A tre mesi di vita il primo tartufo nero: «Tutto grazie a Luigi, 78 anni, contadino e grande conoscitore del territorio e dei boschi: è lui che mi ha consigliato di provare ad addestrarla, io di tartufi e di tecniche di ricerca non sapevo proprio nulla e ho iniziato a farle sentire l’odore – racconta –. Ho organizzato delle vere e proprie attività per darle l’imprinting».

Niente lezioni da addestratori o manuali su cui studiare: «Nascondevo i tartufi dapprima in casa e nel bosco, creavo delle sequenze organizzate, dei percorsi che terminavano con molte coccole e premi se Akela trovava il bottino». E aggiunge: «A tre mesi il primo tartufo nero lo ha trovato nella zona della Val Cavallina – racconta –. È così che abbiamo avviato la ricerca che si estende anche in Val Seriana, Brembana e Camonica, andando anche nel Piacentino, qualche volta a “caccia” fino nelle Marche, in Toscana Abruzzo e Piemonte».

Per regolarizzare la sua posizione Matteo ha preso da subito il patentino: «La Lombardia non è esattamente il posto più fortunato per trovare tartufi. Questo però ha un vantaggio: li cercano in pochi e la licenza costa pochissimo».

Con attenzione a come Akela recupera i tartufi: «Se la lascio scavare le radici si distruggono: le ho insegnato ad avvisarmi al fine di recuperare io stesso il tartufo per permettere alle radici di restare intatte. In questo modo le spore si diffondono e in una decina di giorni il fungo ricresce – spiega il 29enne –. Quando Akela avverte un tartufo me lo segnala con movimenti o posture che io ho imparato a capire. Quando lo trova, fosse per lei scaverebbe e me lo porterebbe in mano, ma basta una parola per fermarla e così recupero io il fungo facendo attenzione alle radici».

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