Dolore e speranza, la Valle Seriana racconta in un libro il tempo del Covid-19

«Vorrei ricordare per sempre» volume del Sistema bibliotecario 65 storie raccolte da biografi volontari. Sabato la presentazione al Modernissimo di Nembro.

Storie di dolore, smarrimento, perdite avvenute nella solitudine, storie anche di un tempo riscoperto insieme alla propria famiglia. Racconti di sé, nel tempo che nessuno avrebbe mai voluto vivere: la terribile primavera del 2020 che, soprattutto nella bassa Valle Seriana, ha portato un vento violento di morte e sgomento. Nasce dalla volontà di custodire la memoria di un territorio così profondamente colpito dalla pandemia di Covid-19 il libro «Vorrei ricordare per sempre – Fare memoria in Valle Seriana: raccontare il tempo del Covid-19», frutto del progetto «Fare memoria in Valle Seriana – racconta i tuoi giorni al tempo del Coronavirus» promosso e sostenuto dal Sistema bibliotecario della Valle Seriana.

Il libro sarà presentato sabato 4 dicembre alle 20,45 al teatro Modernissimo di Nembro (ingresso gratuito con Green pass): l’idea nasce «nell’aprile 2020, in piena pandemia – spiega Alessandra Mastrangelo, coordinatrice del Sistema bibliotecario Valle Seriana – a Ranica per poi diventare un progetto di tutte le biblioteche della valle». Tante le domande da cui prende le mosse l’intento di costruire una raccolta di testimonianze individuali per trasformare le esperienze anche tragiche in una memoria collettiva: «Come hanno vissuto questi giorni i bambini, gli adolescenti, i giovani, gli adulti, gli anziani? Come è stato fare lezione dalla propria cucina o lavorare da casa con i bambini piccoli?» si chiede in quelle settimane di inizio 2020 Cristina Paruta, bibliotecaria a Ranica ed esperta di metodologie biografiche e autobiografiche, ideatrice del progetto.

La consapevolezza della fragilità

E ancora: «Come mi ha cambiato il fatto di non poter uscire? Come hanno fatto gli amministratori a gestire questa emergenza? Quali riflessioni hanno suscitato la consapevolezza della fragilità e l’aver vissuto la malattia e la morte? Quale mondo ci immaginiamo dopo?». Oltre gli interrogativi, il metodo. In un anno e mezzo si sono susseguite una fase formativa condotta da Matilde Cesaro, docente della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo), oltre alla stessa Paruta, che ha permesso a 40 partecipanti di diventare «raccoglitori di storie»; una fase attuativa che ha consentito di costruire una raccolta di 50 storie personali e di 15 testi spontanei; e infine quella di revisione che ha permesso la pubblicazione del libro.

Alla fine di tutto questo «c’è stato un “finalmente”: le persone che si sono aperte a noi – spiega Paruta – ci hanno fatto capire che si è trattato di un percorso doloroso, quello di raccontarsi, ma necessario». Come per chi il Covid l’ha vissuto sulla sua pelle, in terapia intensiva, «malati che raccontano una grande paura e angoscia, ma anche il fatto di aver ritrovato il senso della vita quando si sono resi conto di essere sopravvissuti. Ci sono un paio di narratori malati – aggiunge – che raccontano di aver sognato di essere trasportati. Uno addirittura ha detto di essersi sognato più volte il proprio funerale, da passante». Nel libro, corposissimo (sono 570 pagine), anche il racconto di due bambini e di un paio di ragazzi che un anno e mezzo fa avevano appena iniziato l’università, «uno addirittura in Giappone e l’altro che non aveva mai incontrato i suoi compagni di corso» aggiunge Paruta.

Le storie raccolte dai biografi volontari «rispecchiano fedelmente il lessico degli intervistati – spiega Alessandra Mastrangelo –. Nel libro ci sono anche alcune fotografie: una persona ha lasciato la sua testimonianza esclusivamente attraverso i suoi scatti». Il volume sarà disponibile nelle biblioteche, ma anche in vendita nelle librerie della valle e nei canali di distribuzione dell’editrice Lubrina-Bramani.

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