Accusati di 7 colpi in banca
Condannati tre rapinatori

Erano accusati di sette colpi in banca, di cui uno solo tentato, in meno di sei mesi. Giuseppe Bonomi, 59 anni, nativo di Casazza e residente a Brusaporto; Giovanni Federici, 53 anni di Salò (Brescia), assistito dall'avvocato Marco Agosti del foro di Brescia e Davide Ginevra, 34 anni, originario di Caltanissetta e domiciliato a Sommacampagna (Verona) sono comparsi martedì 12 gennaio davanti al gup Bianca Maria Bianchi per il giudizio con rito abbreviato.

Le condanne sono state emesse nel pomeriggio: 5 anni a Bonomi, 5 a Federici, 4 anni e 8 mesi a Ginevra. Luigi Mazzocchi, 40 anni di Scanzorosciate, ha scelto invece il rito ordinario e sarà a processo mercoledì 13 gennaio.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i quattro operavano con ruoli diversi: Bonomi svolgeva il ruolo di organizzatore, faceva i sopralluoghi e fungeva da «palo» all'esterno degli istituti, Mazzocchi si sarebbe occupato della logistica, con il compito di recuperare i mezzi di fuga (in genere scooter rubati) e quanto poteva essere necessario. Gli altri due, Ginevra e Federici, invece, sarebbero stati il braccio operativo.

La tecnica era sempre più o meno la stessa: all'interno degli istituti di credito entravano in due, armati di taglierino o pistola (in genere giocattolo), con il viso coperto, minacciavano i cassieri facendosi consegnare i soldi e si dileguavano. Il primo colpo messo a segno risale al 30 giugno 2008, ai danni della filiale di Pedrengo del Credito Bergamasco: lì erano entrati con taglierino e pistola, ed erano fuggiti con circa 4.600 euro. Già da questo colpo però gli la squadra mobile della questura di Bergamo, agli ordini del dirigente Gianpaolo Bonafini, ha imboccato la pista giusta: facendo analizzare i fotogrammi delle riprese effettuate dalle telecamere a circuito chiuso della banca, gli investigatori hanno infatti riconosciuto uno dei banditi come Davide Ginevra, già noto alle forze dell'ordine.

Sospetti resi ancor più forti da un esame antropometrico comparativo tra quei fotogrammi e le foto dell'uomo (che era già schedato). Nel frattempo le rapine sono proseguite: il 18 luglio ad Albano Sant'Alessandro, al Credito di Brescia. In quell'occasione l'arma scelta era stata il taglierino. Era quindi seguito uno stop delle attività, fino al tentativo di rapina ai danni della Bipop Carire di via Borgo Palazzo in città, il 26 settembre. Tre giorni dopo invece il colpo ai danni della Banca Popolare di Cremona di Seriate era riuscito, con un bottino di circa 6.000 euro. Il 21 ottobre era toccato alla Cariparma di Pietra Ligure, in Liguria: solo 50 euro il bottino. Il gruppo si era rifatto vivo tre giorni dopo, il 24, ai danni della Monte dei Paschi di via Borgo Palazzo: 19 mila euro.

Infine l'ultimo colpo è stato quello alla Unicredit di via Verdi: erano entrati in due il 4 dicembre, armati di pistola, ed erano fuggiti con 8.400 euro. In questo caso però gli uomini della Scientifica della questura hanno trovato un altro indizio importante: l'impronta di un palmo della mano di uno dei rapinatori, lasciata sul bancone. Le analisi hanno detto che quell'impronta era di Davide Ginevra. Uno degli impiegati di una delle banche rapinate, inoltre, avrebbe riconosciuto lo stesso Ginevra come uno dei banditi. A febbraio, perciò, il trentaquattrenne è stato arrestato a Sommacampagna (si trova tuttora in cella).

Analizzando i tabulati del suo telefono, gli investigatori della squadra mobile avrebbero trovato frequenti contatti con utenze telefoniche poi ricondotte a Federici, di Salò, e Bonomi, di Brusaporto. Ma soprattutto, i telefonini dei tre (Bonomi, Federici e Ginevra) risultavano essere nella stessa area geografica nelle date e negli orari in cui si erano verificate le rapine. Il 27 luglio 2009, dunque, anche loro sono stati arrestati in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare: Federici è stato preso nell'ospedale in cui lavora (per conto di una cooperativa) come addetto alle pulizie, in provincia di Brescia. Bonomi è stato invece raggiunto a casa sua a Brusaporto.

Infine, gli investigatori sono risaliti anche a Mazzocchi: lo hanno arrestato al parco Marenzi, in via Frizzoni, dove lavora come custode. Non avrebbe partecipato alle rapina, ma - secondo le accuse - avrebbe fornito gli scooter ai presunti banditi, per la fuga.

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